(di Angelo Paratico) L’italiano Giovanni Francesco Gemelli Careri viene definito il primo giramondo della storia, per aver compiuto il giro del globo, per pura curiosità e turismo, negoziando di volta in volta un passaggio su di una nave o su di una carovana.
Nacque a Radicena – che dal 1928 si chiama Taurianova – a 40 chilometri da Reggio di Calabria, il 17 ottobre 1648. Studiò a Napoli, presso i gesuiti, conseguendo nel 1670 una laurea in utroque iure, ossia nell’uno e nell’altro diritto, come allora si indicavano il diritto civile e quello canonico. Trovò un impiego nell’amministrazione pubblica dello Stato partenopeo, dove rimase sino al 1685, anno nel quale rassegnò le dimissioni e per sei mesi visitò il resto dell’Italia, la Francia, l’Inghilterra, i Paesi Bassi e la Germania.
Di lui ci rimane un ritratto che ce lo mostra con la parrucca in voga in quegli anni, un uomo tutto nervi e con gli occhi acuti, che ci ricordano quelli di Niccolò Machiavelli.
Nel 1686 lo vediamo con le armi in pugno a combattere i Turchi in Ungheria, restando ferito nell’assedio di Buda. Dopo una breve convalescenza a Napoli riparte per non mancare la battaglia di Mohács, sempre in Ungheria, del 12 agosto 1687.
Pubblicò un libro nel 1689 su quelle campagne militari e un secondo nel 1693 dedicato ai suoi viaggi in Europa, ma entrambi non ebbero successo.
E allora decise di andarsene in Terrasanta e poi spingersi sino al grande Impero cinese.
Salutò amici e parenti e, il 13 giugno 1693, a 45 anni, partì. Dopo aver toccato Malta e Alessandria, giunse al Cairo, dove venne accolto dal console francese in Egitto. Quindi, visitò le piramidi e altri monumenti antichi, spingendosi sino a Gerusalemme. Rientrato ad Alessandria d’Egitto, si reimbarcò per Costantinopoli. Toccò Trebisonda, sul Mar Nero e dopo aver traversato l’Armenia e la Georgia, il 17 luglio 1694, arrivò a Isfahan, in Persia, dove poté assistere alla cerimonia di installazione del nuovo scià Hussain Ibn Sulaiman. Quindi, raggiunto il Golfo Persico, salpò alla volta dell’India, dove giunse il 10 gennaio 1695 e vi incontrò il Gran Mogol, che lo invitò a restare presso di lui. Da Goa, via mare, il 4 agosto 1695 raggiunse Macao (la colonia portoghese ritornata alla Cina nel 1999), dove alloggiò nel convento dei padri agostiniani.
Il 1° giramondo a viaggiare per diporto lo credevano una spia
Gemelli Careri viaggiava per puro diporto e teneva un diario con sé, sul quale diligentemente annotava le cose fatte e quelle viste. Quel suo viaggiar senza una mèta era un fatto mai visto prima e provocò grande incredulità e diffidenza in tutti coloro che incontrava: non era un mercante, non era un diplomatico o un religioso, ma chi diavolo era? Conclusero che doveva essere una spia.
In Cina, in quegli anni, i vari ordini cattolici erano dilaniati dalla disputa sulla Controversia sui Riti, ovvero se ci si poteva adattare agli usi locali oppure bisognava prendere una posizione rigida. I gesuiti erano i più duttili, mentre i domenicani e i francescani erano i più rigidi. Dunque, a Macao, i padri cattolici lo scambiarono per una spia papale, un inviato segreto in missione per indagare come effettivamente stessero le cose. Tale equivoco gli fu di grande vantaggio, perché lo agevolarono in tutti i modi. Raggiunse Canton, in Cina e i religiosi che vi risiedevano, incredibilmente, gli trovarono una guida per scortarlo sino a Pechino, dove giunse dopo 2 mesi e 11 giorni di viaggio, facendovi ingresso il 6 novembre 1695.
Il suo arrivo stupì tutti. Infatti, senza un lasciapassare imperiale non era possibile raggiungere la capitale, pena la decapitazione. Il superiore dei missionari portoghesi, Filippo Grimaldi, che era anche presidente del tribunale delle matematiche, si offrì, dopo animate discussioni con i suoi confratelli, che erano contrari, di portarlo a incontrare l’imperatore Kangxi dentro alla città proibita. L’imperatore, un grande monarca, conscio dei propri doveri, gli domandò delle guerre in Europa e poi volle sapere se fosse un esperto di medicina o di matematica. Per le due ultime domande Grimaldi aveva imbeccato Gemelli Careri: doveva rispondergli di no, altrimenti gli avrebbero proibito di ripartire.
Visitò per bene Pechino e la Grande Muraglia e da uomo d’armi qual era, rise dei cinesi che avevano sperato di fermare un nemico agguerrito con un semplice muro, la Grande Muraglia, che sorgeva fuori dalla capitale. Dopo sedici giorni di permanenza a Pechino, ripartì diretto a sud e il 24 gennaio 1696 rientrava a Canton e poi da Macao (Hong Kong, posta a tre ore di nave, non esisteva ancora, essendo stata fondata nel 1841). Lasciò la Cina per recarsi nelle Filippine, che visitò bene, esplorandone anche l’interno. Infine, imbarcatosi su un galeone spagnolo, seguendo quella che vien detta “la via dell’argento”, raggiunse il Messico e successivamente L’Avana, a Cuba, da dove ripartì per fare rientro in Europa. Il 9 giugno 1698 lo ritroviamo a Cadice, poi traversò la Francia e l’Italia, entrando a Napoli il 4 dicembre dello stesso anno.
La sua fu un’impresa straordinaria. Basti pensare che a quell’epoca i missionari mandati in Cina e nei Paesi vicini, di rado tornavano indietro. Ma la domanda che ci sorge è come avrà fatto a finanziare quel suo viaggio. Siamo certi che lo fece usando la sua grande eloquenza e la conoscenza dello scacchiere europeo, passando notizie fresche a tutti i potentati che incontrava, in cambio di ospitalità e di doni.
Sicuramente possedeva grandi capacità di raconteur, di narratore, una qualità che si riflette nelle sue pagine, scritte in un italiano moderno e scorrevole. Si dice che il miglior italiano lo parli un toscano trapiantato a Roma, ebbene, leggendo Gemelli Careri possiamo concludere che il miglior italiano lo scrive un napoletano che ha studiato gli autori toscani.
Avendo i suoi diari sottomano, già l’anno successivo al rientro riuscì a mandare in stampa il primo volume del suo Giro del Mondo contenente tre estesi capitoli e varie xilografie, presso Giuseppe Roselli, a Napoli. Fu un grande successo editoriale e gli altri 5 volumi seguirono nel 1700. Un proverbio arabo che egli pose all’inizio di tutti i suoi 6 volumi, recita: “Meglio visitare il mondo, piuttosto che possederlo”.
Seguirono varie ristampe e traduzioni, in francese, inglese, tedesco e russo. E allora, fu davvero il primo turista che girò il mondo? Pare riduttivo, forse Gemelli Careri dovremmo definirlo, più correttamente, il primo cronista e primo inviato speciale.
L’invidia e l’ignoranza gli causarono vari grattacapi, e come per Marco Polo, cominciano a raccontare che s’era inventato tutto. Accuse ridicole, poiché basta aprire una pagina nella quale descrive certe zone conosciute al lettore e, nel caso di chi scrive, la conoscenza della Cina e di Macao per rendersi conto che solo qualcuno che c’è stato può entrare in tanti minuti dettagli e centrarli tutti.
Francesco Gemelli Careri morì a Napoli il 25 luglio 1724. Aveva 76 xaanni e una familiarità con l’universo girato dall’Europa all’Africa e dall’Asia all’America, come nessun altro. Nonostante il grande successo del suo Giro del Mondo non ottenne mai una posizione adeguata al suo coraggio e alla sua intelligenza. Lo rimisero a lavorare come piccolo magistrato alla Vicaria di Napoli. E forse, dovendo indagare quotidianamente le liti e i crimini nel territorio, egli si pentì di non aver accettato di trattenersi presso il Gran Mogol, come suo consigliere, o d’aver detto all’imperatore cinese che non conosceva la matematica. Se l’avesse fatto, a Pechino, vestito di seta ricamata e con una scorta, si sarebbe mosso di palazzo in palazzo su d’una lettiga dorata.