Agroenergia da fonti rinnovabili. Nasce il progetto Biorivaluta

Presentato a Verona il Progetto BioRiValuta per la produzione di bioetanolo da scarti di origine agricola ed agroalimentare. Si ridurrebbero così anche i costi di smaltimento Sviluppare nuove tecnologie in grado di razionalizzare lo sviluppo di agroenergia da fonti rinnovabili. E’ questo l’obbiettivo al centro del progetto Biorivaluta, che punta a sviluppare una filiera energetica per la produzione di bioetanolo da scarti di origine agricola ed agroalimentare in un’area pilota ad elevata vocazione produttiva come quella veronese. I partners del progetto, finanziato dal PSR Regione Veneto misura 124 azione singola – DgrV 1604/2012, sono l’Università degli Studi di Padova – Dipartimento Dafnae, ENEA –Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, Collis Veneto Wine Group, Archeo Ed engineering, Verona Innovazione, Consorzio Cantine Sociali Verona, Conf Cooperative Verona, Conf Coop Servizi, Comune di Soave, Strade del Soave. Il progetto ha un carattere strategico perché porterà allo [//]sviluppo di nuove tecnologie in grado di ampliare e razionalizzare lo sviluppo di agroenergia da fonti rinnovabili. Le attività che saranno generate dal progetto saranno in grado di ridurre alcune vulnerabilità dei settori coinvolti, implementeranno i redditi delle imprese coinvolte ed apriranno nuove opportunità per i territori interessati dalle attività. Il bioetanolo è un biocarburante che può essere utilizzato nel settore dei trasporti, miscelato alla benzina in percentuali crescenti. Allo stato attuale il progetto sta portando avanti la campionatura in situ dei residui delle principali tipologie di biomassa residuali presenti nel settore agricolo ed agro-alimentare del territorio. Gli scarti campionati vengono saggiati per valutarne l’effettiva resa in alcool e per determinarne l’eventuale valorizzazione energetica mediante digestione anaerobica e/o combustione. In questo modo i residui agricoli e le eccedenze alimentari non commercializzabili possono trasformarsi in preziose risorse energetiche. Risulta quindi di notevole interesse studiare la possibilità di produrre etanolo dai residui agro-alimentari già disponibili e solitamente destinati a smaltimento. La produzione di alcool da biomasse residuali è un obiettivo strategico ed una prospettiva promettente ma non ancora una realtà industriale consolidata e la sua sostenibilità economica richiede ancora una definizione di strategie e di intese di filiera. L’IEA (International Energy Agency) ha definito il bioetanolo come strategia estremamente promettente, promuovendone la ricerca. Un ruolo chiave è rivestito dall’uso di lieviti altamente fermentanti capaci di garantire anche su scala industriale elevate rese in bioetanolo. I biocarburanti di prima generazione (ad es. etanolo da mais) evidenziano criticità di carattere etico ed economico che spingono verso lo sviluppo di combustibili di seconda generazione, che non derivino da colture agro-alimentari.
Uno dei fabbisogni nel territorio del Veronese è lo smaltimento degli scarti agricoli ed agrolimentari. Solo nel settore vitivinicolo, ad esempio, vengono prodotte annualmente circa 70.000 t di vinacce, 12.000 t di raspi e 20.000 t di fecce, senza peraltro considerare un consistente quantitativo di sarmenti di potatura. Potenzialmente da 100 t di materiale lignocellulosico si potrebbero ottenere circa 30 t di etanolo, riducendo fino all’80% il volume finale dei residui. La sperimentazione in corso rappresenta una grande e concreta opportunità di sviluppo economico e d’innovazione per il futuro.

I vantaggi diretti saranno:
1) riduzione dei costi di smaltimento dei residui;
2) incremento di redditività delle imprese con importanti ricadute economiche e di innovazione sul mondo agricolo e agroalimentare
3) incremento di occupazione locale;
4) produzione e utilizzo di energia rinnovabile da residui agricoli ed agroalimentari;
5) creazione di una nuova filiera energetica ad alta sostenibilità ambientale;
6) sviluppo di atteggiamenti cooperativi e sistemici per la gestione collettiva di beni e servizi.
7) innesco una nuova forma di economia, la bioeconomia, nel territorio Il progetto consentirà inoltre sinergie tra importanti realtà del settore produttivo, Università, Enti di ricerca nazionali e P.A. favorendo aggregazioni consortili e accordi di filiera per la successiva industrializzazione del processo.
Biorivaluta si sta infatti occupando anche di organizzare i presupposti per una filiera energetica mediante la definizione di una possibile struttura consortile con i produttori, dell’approvvigionamento dei residui agricoli, del loro conferimento in un sito di stoccaggio e conversione e dell’ulteriore valorizzazione degli eventuali residui. Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail