Allevamenti suini: Lav denuncia atrocità

Quanti cittadini hanno consapevolezza delle mutilazioni e delle sofferenze inflitte ai maiali in tenerissima età? I maiali hanno meno di una settimana di vita quando vengono brutalmente strappati alle madri, mutilati senza anestesia, tra grida atroci di dolore e spavento. Inizia così la triste esistenza dei maiali, negli allevamenti italiani e in gran parte di quelli europei: lo rivela la nuova, scioccante, investigazione della LAV, presentata il 10 marzo presso il Parlamento Europeo di Strasburgo, dal vice presidente dell’associazione, Roberto Bennati, nel corso di un incontro dell’Intergruppo per il benessere e la protezione degli animali. “Le cruente “abitudini” negli allevamenti di maiali” è il titolo dell’inchiesta, condotta “sotto copertura”, tra giugno 2015 e gennaio 2016 in allevamenti [//]delle province di Brescia, Cremona, Lodi e Mantova, dove la squadra investigativa della LAV è riuscita a raccogliere testimonianze senza precedenti su una pratica cruenta, invasiva e generalizzata: la castrazione dei suinetti. Questa mutilazione, incredibilmente consentita dalla legge – così come il taglio della coda o la troncatura dei denti da latte – viene effettuata da semplici operatori dell’allevamento e non richiede il ricorso all’anestesia né la presenza di un medico veterinario, se operata entro il settimo giorno di vita dei cuccioli.
I VIDEO-CHOC Nei filmati esclusivi diffusi dalla LAV, le mani degli operai afferrano i suinetti, li maneggiano frettolosamente e con scarsa cura, tenendoli a testa in giù, sotto gli sguardi delle madri, che reagiscono in maniera ossessiva e disperata. Le operazioni possono consistere nella castrazione, nel taglio dei denti o della coda, in ripetute iniezioni di ferro. Il taglio dei testicoli viene effettuato senza anestesia, con l’aiuto di un unico bisturi per lo più non sterilizzato, che verrà usato per tutti gli animali. Al termine, i piccoli vengono letteralmente lanciati nei box, con il rischio di provocare loro ulteriori lesioni o traumi, in aggiunta allo stress e al dolore delle mutilazioni. In alcuni casi gli operatori gettano i testicoli o gli altri residui di tessuti mutilati negli stessi box dove sono presenti le scrofe e gli altri suinetti, che se ne nutriranno. La castrazione chirurgica viene praticata per prevenire lo sviluppo, nei suini maschi, di un ormone odoroso, comunemente chiamato “odore di verro”, che conferisce un sapore acre alle carni una volta cotte. Benché l’insorgenza di questo odore abbia una probabilità piuttosto bassa (3,31%), che potrebbe essere ulteriormente ridotta con migliori condizioni di allevamento e di alimentazione, la pratica della castrazione chirurgica è un fenomeno pervasivo e comunemente accettato in Europa. Non giustificabile in un’ottica costi-benefici, perché esistono alternative (maschi non castrati; vaccinazione contro l’odore di verro) valide ed efficaci anche dal punto di vista della produttività, dal punto di vista etico la castrazione rappresenta una ulteriore, inaccettabile, violenza che si aggiunge allo sfruttamento degli animali e alle loro terribili condizioni di detenzione negli allevamenti: una prassi antica e disumana che le lobby zootecniche e industriali continuano a difendere, oltre ogni evidenza e in contrasto con la mutata e accresciuta sensibilità dei consumatori.

GLI ALLEVAMENTI DI SUINI IN UE E IN ITALIA Dei quasi 250 milioni di maiali macellati ogni anno in Europa, la gran parte è allevata con pratiche intensive (il 77,9% proviene da allevamenti con più di 400 animali). Secondo il Censimento Agricoltura ISTAT, nel 2010 in Italia erano presenti più di 26.000 allevamenti di suini, con il 77% dei suini allevati in stabilimenti con più di 2000 animali, ovvero concentrati in appena il 4,5% degli allevamenti. Ne deriva che oltre 7 milioni di suini erano allevati in soli 1.187 stabilimenti. Più della metà di questi enormi allevamenti si trova in Lombardia, mentre oltre l’84% dell’intera popolazione suina si concentra in Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto. Sono numeri impressionanti, che colpiscono ancor di più se si pensa che la larga maggioranza di questi animali viene sottoposta a varie forme di mutilazione, tra cui la castrazione chirurgica. In Italia il 100% dei suini maschi viene castrato: è il prezzo da pagare per anacronistiche tradizioni, strenuamente protette dalle potenti lobby zootecniche. Per particolari produzioni “tipiche” come il Prosciutto di Parma, il San Daniele, o le produzioni del Consorzio Gran Suino Padano, infatti, la macellazione dei maiali avviene in età e peso più avanzati (9 mesi per 160 kg) rispetto alla media europea, una condizione correlata a una maggiore probabilità che nelle carni si sviluppi l’odore di verro.

“BOARS 2018”: VERSO L’ABBANDONO DELLA CASTRAZIONE Già dal 2009, la FVE, Federazione Europea dei Veterinari si è dichiarata ufficialmente contraria alla pratica della castrazione chirurgica dei suini e a favore dell’adozione dell’immunovaccino, presentando una richiesta ufficiale per fermare prima possibile questa pratica. Incredibilmente, la delegazione italiana dei Veterinari, si è astenuta dal votare questa mozione. Alla richiesta della FVE ha fatto seguito la Dichiarazione Europea “Boars2018”, promossa nel 2010 dalla Commissione Europea e sottoscritta da numerosi Stati Membri, tra cui l’Italia, con l’obiettivo di mettere fine alla castrazione chirurgica dei suini nel territorio dell’UE entro il 1 Gennaio 2018. Quattro anni dopo, nel 2014, un primo rapporto ha rilevato che, nonostante fosse già trascorsa la metà del tempo a disposizione, la castrazione chirurgica era ancora predominante. È stato calcolato che dei 250 milioni di suini allevati nel 2010 in UE, 125 milioni erano maschi, e il 79% (100 milioni) di questi sono stati castrati chirurgicamente. Nel 2012 questa percentuale è calata al 71% (91 milioni dei 128,3 milioni di suini allevati in UE). Per il 2014 il dato a disposizione indica che la percentuale dei suini castrati chirurgicamente è scesa al 67% (83 milioni dei 124 milioni di suini maschi allevati in UE). Al netto di alcuni esempi positivi – come Regno Unito e Irlanda, dove quasi il 100% dei suini maschi non è castrato, Spagna e Portogallo, in cui l’80% dei suinetti maschi viene allevato senza castrazione, e Paesi Bassi, dove la percentuale è del 65% – la castrazione chirurgica dei suini maschi continua a rappresentare la pratica più diffusa nell’Unione Europea: in oltre la metà degli Stati Membri inclusa l’Italia (AT, CZ, DE, DK, EE, EL, FI, FR, HU, IT, LT, LU, LV, PL, SE, SI, SK) tra il 90 e il 100% dei suinetti maschi viene ancora castrato chirurgicamente, per lo più in assenza di analgesici o di anestesia.

LAV: FERMIAMO L’ORRORE! CE LO CHIEDE L’EUROPA, CE LO CHIEDONO I CITTADINI “La castrazione chirurgica dei suinetti è una pratica antiquata, cruenta, non necessaria e in netto contrasto con i moderni valori europei – dichiara Roberto Bennati, Vice Presidente LAV – L’Attuazione della Dichiarazione di Bruxelles (“Boars 2018”) deve essere la priorità assoluta per i Governi, per le istituzioni nazionali ed europee e per tutte le parti interessate, nel rispetto dello status di esseri senzienti riconosciuto agli animali dal Trattato di Lisbona. Le immagini raccolte negli allevamenti, di queste mutilazioni e terribili condizioni di allevamento, gettano discredito su un sistema industriale zootecnico, inevitabilmente in crisi, perché basato sull’assunto di una crescita illimitata dei consumi di carne, senza alcuna considerazione per i gravissimi danni ambientali provocati da questi allevamenti, né per l’impatto sulla salute dei consumatori e per le implicazioni etiche”. “L’Europa dei cittadini sta cambiando e chiede alle Istituzioni nuove politiche di rispetto degli animali e dell’ambiente – continua Bennati – gli allevamenti intensivi sono sistemi industriali fortemente orientati alla produttività, dove agli animali viene riservato tanto rispetto… da mutilarli e macellarli! E’ ora di superare questi sistemi di sfruttamento di esseri viventi e di abolire per sempre prassi inaccettabili, come le mutilazioni: ce lo chiedono innanzitutto i cittadini-consumatori, sempre più consapevoli, che stanno gradualmente ma inesorabilmente determinando una ‘rivoluzione verde’ sostituendo le proteine animali con quelle vegetali, che non comportano sofferenza per i viventi, molto più rispettose della salute umana e sostenibili per l’ambiente: uno sviluppo sicuramente inarrestabile”. La LAV propone un modello alimentare vegetale come unica soluzione capace di cancellare le vergogne di questo sistema di sfruttamento di decine di milioni di essere viventi, nutrendo al tempo stesso il Pianeta. Spetta alla politica e alle Istituzioni capire in quale direzione guardare e indirizzare le proprie scelte per un futuro differente, per tutti.

Per approfondimenti: http://www.lav.it/cosa-facciamo/allevamenti-e-alimentazione/allevamenti-suini

Comunicato stampa a cura della LAV, Lega antivivisezione italiana Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail