Amazon in Italia: 7,6 miliardi di Pil tricolore realizzato in dieci anni con 14mila PMI partner. Così ora vuole nuovi imprenditori

(di Bulldog) Nei giorni scorsi, alla vigilia del black-friday, una campagna stampa piuttosto accesa aveva posto a confronto gli acquisti sulla piattaforma Amazon con quelli effettuati presso i negozi di prossimità: Amazon, questo il punto in estrema sintesi , è una multinazionale che non paga tasse in Italia, non reinveste, e di fatto sottrae lavoro al commercio locale. La polemica è stata l’occasione per il colosso statunitense per fare il punto delle proprie attività in Italia che, a Verona, significano un investimento appena completato di 10 milioni€ per un impianto logistico in Zai – con 180 posti di lavoro – e appena oltre il confine provinciale, a Castelgugliemo/San Bellino nel Rodigino, un impianto di distribuzione molto più grande per altri 900 posti di lavoro da qui al 2023.

Amazon è arrivata in Italia, dieci anni fa e complessivamente ha investito 5,8 miliardi nell’economia nazionale (1,8 soltanto nel 2019) ; i posti di lavoro diretti sono quasi 7.000 in oltre 25 sedi e la compagnia di Jezz Bezos conta di creare altri 1.600 posti di lavoro a tempo indeterminato entro i prossimi mesi. Nel 2019, Amazon ha pagato, in media, oltre 17 milioni di Euro al mese in retribuzioni ai suoi dipendenti in Italia.

Secondo Keystone, una società di consulenza e analisi economica, Amazon ha contribuito al prodotto interno lordo (PIL) in Italia per 7,6 miliardi di Euro tra il 2010 e il 2019. Questo valore è pari a circa 1,5 volte il PIL annuale della Valle d’Aosta. Sono 14mila piccole imprese italiane presenti sulla piattaforma: dal comparto alimentare alla produzione di libri da parte di autori indipendenti. A Verona un esempio è Nuvò Cosmetic di Luca Gussoni e Andrea Gaspari che realizzano prodotti di bellezza a base di bava di lumaca allevata sulle nostre colline. Queste 14mila PMI hanno scelto la piattaforma Amazon per sviluppare il proprio e-commerce sia in Italia che all’estero dove le vendite di queste realtà, spesso troppo piccole per affrontare da sole il mercato globale, hanno raggiunto i 500 milioni di dollari Usa. I posti di lavoro garantiti dall’export sono stati 25mila.

Nel periodo dal 1° giugno 2019 al 31 maggio 2020, i partner italiani di Amazon hanno venduto più di 60 milioni di prodotti rispetto ai 45 milioni venduti nello stesso periodo l’anno precedente, in media, più di 100 prodotti al minuto. La vendita media per partner è passata da 65 a 75mila € in un anno. Il Veneto è la quarta regione esportatrice su Amazon e la quinta per imprenditori digitali; ai primi due posti, alternativamente, Campania e Lombardia.

Nel 2019, i ricavi totali delle attività di Amazon in Italia sono stati di 4,5 miliardi €; 168 milioni € le spese in conto capitale (ovvero infrastrutture: Centri di Distribuzione, uffici e data center). Il contributo fiscale complessivo è stato di 234 milioni di Euro ottenuto da 84 milioni come imposte sostenute direttamente da Amazon e 150 milioni di imposte indirette.

La domanda, alla fine, resta una: Amazon, e i colossi come lui, faranno fuori i negozi di prossimità? Le teorie economiche sono diverse ma in tanti prevedono una sempre maggiore integrazione fra le due realtà: dai negozi click-and-brick (si prenota on line, si ritira fisicamente) all’allargamento dei mercati specie per chi ha il controllo della componente produttiva. La pandemia che ha amplificato i risultati di Amazon e del delivery ha anche fatto riscoprire i negozi di prossimità, vicini al proprio domicilio, con meno assembramento dei supermercati, tornati in grado di effettuare le consegne a domicilio come un tempo. La regola, probabilmente, sarà proprio l’assenza di una regola col consumatore che utilizzerà questo o quel mezzo a seconda delle necessità del momento. Quello che manca è alla fin fine un governo centrale che imponga ai grandi player di operare nel mercato nazionale a fronte di investimenti certi e di fair-play fiscale e contributivo: contratti in regola e tasse pagate. Perché – come la stessa Amazon ammette e sostiene – il mercato italiano è una miniera d’oro sia come compratori che, soprattutto, come venditori, ovvero realtà in grado di offrire al mondo il meglio del nostro savoir-faire. E’ il nostro valore aggiunto, ed ha un prezzo. Amazon lo paga, ora tocca gli altri big.

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