Bozza, due milioni per aiutare i gestori degli impianti sportivi coi canoni di concessione

Alberto Bozza è il primo firmatario di una proposta di legge d’iniziativa regionale volta a risolvere le difficoltà dei gestori degli impianti sportivi comunali in concessione a titolo oneroso. Questa categoria dal febbraio del 2020, quando sono stati chiusi a causa della pandemia, fino a qualche settimana fa, quando è stata concessa la riapertura degli impianti, ha subito gravi perdite per i mancati incassi e non ha avuto la possibilità di adempiere agli obblighi contrattuali. «S’è venuto così a creare uno squilibrio fra ciò che chiedono le proprietà – ha spiegato Bozza- e i concessionari che non riescono a pagare». La proposta di Bozza introduce la possibilità per i Comuni proprietari degli impianti sportivi, quali ad esempio le piscine ma non solo, di rinegoziare a favore dei gestori durata e canoni della concessione onerosa, chiedendo al Parlamento l’implementazione di base di 2 milioni di euro del fondo nazionale per le funzioni fondamentali del Comuni.

Offriamo – ha detto Bozza – uno strumento legislativo per aiutare associazioni e società sportive a recuperare o ammortizzare gli effetti negativi della pandemia, che ha interrotto forzatamente per oltre un anno e mezzo le loro attività con danni economici incalcolabili. Attraverso la rinegoziazione delle concessioni vogliamo dare loro una tangibile possibilità di ristoro. D’altro canto con questa proposta tuteliamo giuridicamente anche le Amministrazioni comunali, affinché non si trovino nel disagio di giustificare alla Corte dei Conti il parziale mancato introito conseguente alla rinegoziazione di condizioni contrattuali, e quindi economiche, tra le parti. Questa paura le ha condizionate e disincentivate a farlo, così si è creato uno squilibrio di prestazioni e controprestazioni contrattuali tra Comuni e gestori degli impianti sportivi: da un lato i Comuni che hanno comunque potuto chiedere la riscossione dei canoni, dall’altra i gestori privati che si sono trovati in difficoltà a corrispondere il pattuito con lo stop alle loro attività e le mancate entrate”.

Non dimentichiamo – ha concluso Bozza – che favorire migliori condizioni di concessione alle associazioni sportive significa anche garantire il funzionamento degli stessi impianti sportivi che altrimenti rischierebbero di diventare tante cattedrali nel deserto abbandonate. In quelli impianti sportivi bambini, ragazzi e adulti fanno sport, con risvolti psico-fisici e sociali fondamentali”.

Alcuni Comuni hanno avuto la sensibilità di concedere delle dilazioni, ma il progetto di legge ha come obiettivo quello di risolvere la situazione a livello nazionale attraverso uno strumento di rinegoziazione delle clausole previste dalle concessioni. «La proposta– ha concluso Bozza- è d’interesse pubblico perché tende ad evitare la chiusura degli impianti e garantire la funzione dello sport quale strumento di salute. Salute che è garantita dalla nostra Costituzione».

Sergio Tosi, Presidente SIGIS, (Sindacato Italiano Gestori Impianti Sportivi), ha detto: “La situazione è preoccupante, dobbiamo far capire a tutte le istituzioni che nei nostri impianti lo sport è fondamentale, ma non è l’unica cosa che viene fatta, pensiamo alle attività per i diversamente abili, o al recupero funzionale non specifico, cioè l’attività motoria di rieducazione post operatoria. Ricordo infine una ricerca che abbiamo fatto come sindacato: ogni euro investito nell’attività motoria ne fa risparmiare allo Stato sette a livello di assistenza sanitaria, il costo di un giorno di ospedale è pari a quello di un abbonamento a un centro sportivo con piscina, palestra e varie attività sportive. Le istituzioni, dallo Stato ai Comuni, tengano conto di tutto questo e facciano uno sforzo per aiutare chi promuove lo sport. Stiamo parlando di un settore, quello di chi gestisce impianti sportivi, che con l’indotto imprenditoriale che genera vale il 3,6% di Pil, cioè 50 miliardi. Ricordiamo infine che gli impianti pubblici che chiudono perché cessa la società sportiva che li gestiva, dopo due anni sono da buttare e sempre meno privati investono per riqualificarli“.

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail