La parola corrente non piace. E’ un tabù. Non vogliono neanche sentirla nominare. E’ così in tutti i partiti. Evoca la Prima Repubblica, ma era poi così male? Riporta ai partiti tradizionali: la Dc, il Pci, il Psi. Ma anche il Msi, dove pure c’erano le correnti. Eccome se c’erano! Il partito dei neo-fascisti era più democratico di quelli di adesso!
La parola corrente fa paura. Chiudete la porta! Paura di prendere il raffreddore? Macché, della democrazia.
Ma le correnti sono una cosa normale. Perfino quando si va al bar ci sono le correnti. Uno prende il caffè normale, uno lo vuole macchiato, l’altro ristretto, l’altro lungo, l’altro ancora corretto grappa. E perché in un partito non ci dovrebbero essere? E’ fisiologico che esistano. Soprattutto se il partito è grande. Più gente c’è, più teste ci sono, più è possibile che ci siano posizioni diverse, pur unite da un minimo comune denominatore. Poi il leader fa la sintesi.
Nelle correnti, come dice la parola, qualcosa corre. Corrono le idee. E con le idee il confronto, la partecipazione. Che sono il sale della politica. E dalla dialettica esce sempre qualcosa di buono e di nuovo. Dal silenzio non nasce niente. Meno ancora dall’assenso precostituito.
Certo per chi comanda senza correnti è più comodo. Tutti stanno zitti e a comando dicono sì. A qualunque cosa. Purché venga dall’alto.
E’ il sistema. Lo stesso con il quale vengono scelti i candidati alle varie elezioni. Tutto dall’alto. Senza disturbi. Senza spifferi.
Ma è un sistema che si allontana sempre di più dalla democrazia. E non si tratta solo della democrazia interna, ma della democrazia tout court. Perché se nella democrazia rappresentativa i partiti sono il mediatore necessario fra il popolo e le istituzioni, dal momento in cui al loro interno non sono più democratici, il meccanismo salta. E per quanto il sistema si definisca democratico, democratico non è più, perché in un passaggio essenziale nella scelta della rappresentanza popolare la democrazia è venuta meno. Se poi a questo s’aggiunge un sistema elettorale che addirittura priva gli elettori della possibilità di scegliere i propri rappresentanti non potendo esprimere le preferenze, non si può che concludere che in Italia la democrazia esiste solo come fatto formale. Ed è particolarmente strano e incongruente che le preferenze esistano in tutti i livelli elettorali, comunali, regionali ed europee, ma non nelle elezioni politiche.
Tutto questo è normale? Può durare? Far finta di niente, credere che tutto sia omogeneo e compatto può generare brutte sorprese.





11 Novembre 2022
Editoriali & commenti
Chiudete quella porta! Paura del raffreddore? No. I partiti hanno paura delle correnti.
La parola corrente non piace. E’ un tabù. Non vogliono neanche sentirla nominare. E’ così in tutti i partiti. Evoca la Prima Repubblica, ma era poi così male? Riporta ai partiti tradizionali: la Dc, il Pci, il Psi. Ma anche il Msi, dove pure c’erano le correnti. Eccome se c’erano! Il partito dei neo-fascisti era più democratico di quelli di adesso!
La parola corrente fa paura. Chiudete la porta! Paura di prendere il raffreddore? Macché, della democrazia.
Ma le correnti sono una cosa normale. Perfino quando si va al bar ci sono le correnti. Uno prende il caffè normale, uno lo vuole macchiato, l’altro ristretto, l’altro lungo, l’altro ancora corretto grappa. E perché in un partito non ci dovrebbero essere? E’ fisiologico che esistano. Soprattutto se il partito è grande. Più gente c’è, più teste ci sono, più è possibile che ci siano posizioni diverse, pur unite da un minimo comune denominatore. Poi il leader fa la sintesi.
Nelle correnti, come dice la parola, qualcosa corre. Corrono le idee. E con le idee il confronto, la partecipazione. Che sono il sale della politica. E dalla dialettica esce sempre qualcosa di buono e di nuovo. Dal silenzio non nasce niente. Meno ancora dall’assenso precostituito.
Certo per chi comanda senza correnti è più comodo. Tutti stanno zitti e a comando dicono sì. A qualunque cosa. Purché venga dall’alto.
E’ il sistema. Lo stesso con il quale vengono scelti i candidati alle varie elezioni. Tutto dall’alto. Senza disturbi. Senza spifferi.
Ma è un sistema che si allontana sempre di più dalla democrazia. E non si tratta solo della democrazia interna, ma della democrazia tout court. Perché se nella democrazia rappresentativa i partiti sono il mediatore necessario fra il popolo e le istituzioni, dal momento in cui al loro interno non sono più democratici, il meccanismo salta. E per quanto il sistema si definisca democratico, democratico non è più, perché in un passaggio essenziale nella scelta della rappresentanza popolare la democrazia è venuta meno. Se poi a questo s’aggiunge un sistema elettorale che addirittura priva gli elettori della possibilità di scegliere i propri rappresentanti non potendo esprimere le preferenze, non si può che concludere che in Italia la democrazia esiste solo come fatto formale. Ed è particolarmente strano e incongruente che le preferenze esistano in tutti i livelli elettorali, comunali, regionali ed europee, ma non nelle elezioni politiche.
Tutto questo è normale? Può durare? Far finta di niente, credere che tutto sia omogeneo e compatto può generare brutte sorprese.