Confindustria decide il futuro: suo e di Verona. E a Boscaini presidente chiede un masterplan per la ripresa e lo sviluppo

(di Stefano Tenedini) Dopo la pandemia Verona deve ritrovare la fiducia in se stessa, nelle proprie capacità, nella tenuta della società e del sistema economico. Ma le serve anche un obiettivo, o meglio: un sogno. Quello di tornare a contare, di ricominciare a essere quella cerniera tra Europa e Italia, tra Lombardia e Veneto che è stata per decenni la sua forza e la sua caratteristica. Deve ricominciare, se non subito a correre, almeno a camminare. E il primo passo può farlo – anzi, lo farà sicuramente – oggi, martedì 25 alle 18, quando il Consiglio Generale di Confindustria Verona sarà chiamato a esprimersi sulla squadra e sul programma del presidente designato Raffaele Boscaini. Per il “timbro” ufficiale bisognerà attendere a giugno, quando l’assemblea degli associati darà il via al suo quadriennio.

Questa sera e nei giorni successivi finirà l’attesa e si potrà iniziare a ragionare sui progetti e sulle priorità del nuovo presidente che guiderà Piazza Cittadella da qui al 2025, e anche sul team di vertice che lo affiancherà. Per sgombrare il campo dai dubbi, Raffaele Boscaini è, fra le molte scelte possibili, quella giusta per interpretare lo spirito dei tempi sia rispetto al mondo delle imprese che per il bisogno di rinnovare l’economia, le imprese e la società. Il suo curriculum e le sue abilità tecniche e imprenditoriali parlano per lui: il primo segnale positivo è che non è soltanto un uomo d’azienda a tutto tondo, ma è anche “cresciuto” in Confindustria, sa cosa può dare Piazza Cittadella e come prepararla a sfide che si fanno di anno in anno sempre più difficili. Piccolo ritratto, prima di guardare al futuro.

Uomo d’azienda, dunque, e di che azienda: direttore marketing e nel Cda di Masi Agricola, il brand di famiglia e simbolo dell’agroalimentare veronese di alta qualità, soprattutto nel settore vitivinicolo e nell’export, ma con competenze che vanno da ruoli amministrativi a tecnici di sempre maggiore responsabilità. Coordinatore del Gruppo tecnico Masi, è brand ambassador in Europa e per le Americhe, ed è in giuria dell’International Wine Challenge di Londra. Esperienze internazionali che gli sono state utili anche nei compiti associativi in Confindustria: vicepresidente per l’Internazionalizzazione con Michele Bauli, è entrato nel Gruppo Giovani nel 2007, poi è stato consigliere per l’area del lago e delle colline, e anche presidente del raggruppamento Agroalimentare del Veneto. Come si usa dire, conosce la macchina e la apprezza per “la forte coesione, il più importante asset per il mio mandato”. E non dimentica “la grande professionalità della struttura su cui potrò contare”. Le carte in regola ci sono tutte. Quale valore aggiunto porterà alle imprese e al territorio?

La sede di Confindustria Verona in piazza Citadella
Sandro e Raffaele Boscaini, ambassador di Masi Agricola

Il compito che l’economia (non solamente gli associati) e i veronesi affidano a Boscaini è in sintesi… progettare il futuro. Una cosina da nulla, eh? Ma ancor prima, capire davvero che cosa serve, cosa si vuole, come si può ottenerlo e come disegnare la road map. Un carico che farebbe scappare di corsa anche un re taumaturgo dai poteri sovrannaturali, sul tipo delle attese di cui l’Italia ha caricato Mario Draghi. Ma il nuovo presidente di Confindustria non soffre di ansie da prestazione. Sarà perché nonostante il valore imprenditoriale della sua famiglia – sei generazioni, la sua è la settima, hanno fatto dei vini Masi quello che sono oggi – non sentirà probabilmente la pressione che ha compresso alcuni suoi predecessori. E poi perché pur non tirandosi indietro dalla responsabilità del comando sa fare squadra e ascoltare i pareri, sa mediare e poi decidere. Una delle prime cose sarà farsi conoscere da chi ancora non lo sa valutare; ascoltare le mille richieste di chi lo tirerà per la giacca; e farsi un’idea del perché tutte le ricette miracolose che gli racconteranno non abbiano avuto un successo straordinario, e perché allora Verona si stia perdendo qualche pezzo importante

Senza percorrere la via crucis, basta qualche esempio per definire il perimetro del doloroso arretramento di Verona e della sua economia: Cattolica a Generali, un Banco Bpm rimasto sullo sfondo, la Fiera e il Catullo, il traforo, la tramvia, il polo finanziario, o una politica che gira su se stessa e non decide mai (quella locale non meno di quella nazionale), la difficoltà di comprendere le tendenze e prepararsi ad affrontarle… e magari ogni tanto anticiparle, per non arrivare quando i treni sono già passati. Il problema con Verona, come sempre, è che per crescere bisogna cambiare, ma non tutti sono disposti ad accettare le scomodità che il cambiamento richiede, seduti sul benessere e su un “come eravamo” che ha sempre più appeal del “come saremmo se”. Se Steve Jobs fosse stato veronese, viene da riflettere, nel celebre discorso di Stanford il suo invito non sarebbe stato “Stay hungry, stay foolish”, ma un triste “Stay quieti”. Quanti progetti muoiono in culla? Quante volte si ipotizzano dei think tank, tavoli e caminetti ma poi le idee non diventano reali? Ci piace Shakespeare, ma in “molto rumore per nulla”, non quello di “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”.

Ma torniamo a Boscaini e al ruolo di Confindustria per Verona. Perché gli stakeholder del cambiamento ci sono, ma non nella politica: sono le imprese che si fanno le domande sul futuro (se no chiudono), innovano, vanno nel mondo e lo conquistano, costruiscono tutti i giorni un pezzetto della Verona di domani. Dei poeti e dei santi, questi imprenditori? Ma va. Persone come noi, ma che non stanno ferme perché “nel posto fisso mi si addormentano i piedi”, con nove idee folli ma UNA che funziona. Confindustria, con tutti i difetti che sa di avere, è ancora un punto di riferimento. Non fa la supplente della politica come ha fatto la magistratura, ma sa ancora ispirare, raccogliere talenti e farli crescere. Servono persone che abbiano voglia di fare e si espongano. Ma se si fanno avanti, la Verona che si guarda l’ombelico non le valorizza o le ignora, quando non le combatte. Chiediamoci perché molti veronesi il successo lo trovano altrove. Servono visione, capacità di tessere e intelligenza relazionale, sguardo aperto al mondo: ricordiamoci da dove veniamo, ma muoviamoci, su.

Confindustria è l’ultimo dei Mohicani dei corpi sociali intermedi, una volta indispensabili al progresso, allo sviluppo, ma oggi assopiti. Potrebbe favorire la ricostruzione di un rapporto con la politica legato all’efficacia della classe dirigente, come chiediamo a Draghi? I tecnici da soli non bastano, ci vuole il risveglio di una città. A Verona gli imprenditori hanno fatto capire che il futuro è subito, oppure non arriverà. Michele Bauli ha lanciato molto più di un segnale: due mesi fa con la ricerca “Verona 2040”, ha lasciato come eredità scenari e idee per ripartire, su cui disegnare un PNRR per il territorio. La speranza è che Raffaele Boscaini riprenda questo tema e su questo masterplan strategico riesca a coinvolgere chi vuole e chi può. Per generazione e per formazione può farne un veicolo di sviluppo. Confindustria, che lo voglia o meno, fa da sempre politica. Il progetto per la Verona di domani dipenderà in buona parte da come le imprese giocheranno questa partita. Auguriamoci per vincerla.

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