Cosa c’è dietro la “guerra del lusso”

Giorgio Zanotto, parlando di banche a fine anni Ottanta, espresse in una massima un concetto base: «Quando un vetro è rotto, è rotto; non c’è più verso d’aggiustarlo». Zanotto senior, com’è noto, non s’occupava di specchi e finestre, ma di banche e si riferiva al pericolo di veder rotta “l’integrità” del sistema bancario veneto con l’ingresso di competitori lombardi che compravano le banche più piccole. [//]Com’è andata a finire è storia, e passati vent’anni rischia di rompersi definitivamente anche lo specchio del sistema fieristico veneto. E, anche in questo caso, nell’indifferenza della politica regionale che appare, oggi come allora, in ritardo rispetto alla mano – assai visibile – del mercato. Il nuovo vetro si chiama “polo del lusso”. Martedì scorso Giovanni Mantovani, d.g. di VeronaFiere, si è speso in maniera forte sulla possibilità di creare un polo regionale che comprenda tutte le carte presenti oggi sul tavolo dell’offerta fieristica: Vicenza Oro, Luxury & Yachts oggi controllata da VeronaFiere, aggiungendovi in prospettiva quanto di glamour produce il Veneto (dal tessile, all’occhialeria, al calzaturiero di altissimo pregio). Un polo che, ovviamente, dentro al Veneto ha poco da dire, ma che fuori dal Veneto può contare su un prestigio indiscutibile tanto che la rassegna veronese – che apre i battenti questo week end – è stata “richiesta” a Dubai, Shanghai (ovvero i nuovi due centri mondiali dei consumi a sette/otto stelle) e in Costa Smeralda dove, almeno in teoria, di lusso sono già abituati a vederne in giro abbastanza. VeronaFiere nell’autunno 2005 si è fatta avanti con Vicenza offrendo la possibilità di “condividere” questo polo, integrando quanto già c’è e studiando a come implementare il tutto. La risposta è arrivata giovedì, nascosta nelle ultime righe di una dichiarazione rilasciata ad un quotidiano regionale: Valentino Ziche, industriale, presidente di VicenzaFiere ha tracciato i confini di questa possibile alleanza: «Con Verona possiamo integrare il Vinitaly col Salone del Novello, facendo un’unica offerta ai produttori; per l’oro il riferimento è Milano che, con le settimane dell’alta moda, è il cuore del glamour tricolore».
Una mezza disponibilità, e pure quella apparente. Perché sarà a Milano (a Rho è già in calendario una rassegna assai similie, More) che andrà VicenzaOro e non viceversa; e sarà a Milano che Ziche tratterrà assai probabilmente il Salone del Novello. Milano ha una rassegna dedicata al vino biennale; ha padiglioni immensi che debbono essere ammortizzati ed ha ancora fieno in casina, denaro cash che può essere investito per rilevare brand fieristici o per rilevarne una parte.
Si torna quindi alla gara Milano-Verona che ha contrassegnato buona parte delle vicende bancarie di questi ultimi vent’anni. Una competizione che parte nell’agroalimentare per finire, non a caso, nel lusso, ovvero gli unici due settori trainanti del “made in Italy”, concetto che – anche qui non a caso – gli analisti oggi chiamano direttamente “best in Italy”. Ovvero il passaggio dalle produzioni a minor valore aggiunto dove siamo scavalcati da tutti, a quelle di ben più alto valore dove genio, gusto, abilità e territorio non possono che essere italiani. E per questo pagati molto.
Ovvio che, politicamente, la Fiera che conquisterà questi presidi diventerà la prima per “valore” se non per “quantità”. Potrà chiedere a Roma tutti i fondi di cui avrà bisogno nei prossimi anni, perché sarà su quella piazza che si deciderà una buona fetta del Pil nazionale. Già in questi ultimi due anni, vino e luxury hanno tenuto su la bilancia commerciale compensando le perdite degli altri settori. Ne consegue che la sfida fra Verona e Milano acquisisce un sapore speciale: chi perde viene relegato in secondo piano per i prossimi trent’anni.
Non a caso, il d.g. di MilanoFiere gira per il Veneto offrendo “collaborazione” e proponendo “reti di alleanze”.
Davanti alla baruffe venete, Milano appare un monolite che tutto può.
Resta da capire cosa farà allora Verona. A fine rassegna, potrà contare su dei dati – in termini di visitatori e di scambi conclusi – estremamente lusinghieri. Già gli espositori sono cresciuti del 20% mentre il pubblico che arriverà da aree “sensibili” al lusso italiano, quali la Russia, registrerà incrementi altrettanto importanti. Si punta a 60mila visitatori e nulla indica che questo target non sarà raggiunto.
Se va come nel passato, Luxury & Yachts finirà nei Tg di prima serata Rai e Mediaset. E questo vale una barcata di quattrini.
Ipotizziamo uno scenario: VeronaFiere non potrà che andare da sola, senza Vicenza, sbarcando anche nel settore della gioielleria e dell’oro. D’altronde Vicenza e Valenza Po (l’altra sede storica dei produttori di gioielleria) appaiono realtà marginali anche da un punto di vista logistico: un importatore di Tokyo deve sudare sette camice per arrivare dalla Malpensa agli stand.
Il “polo del lusso” dovrà poi obbligatoriamente andare là dove c’è voglia e possibilità di spendere e, guarda caso, sono piazze già “coperte” dalla struttura commerciale di VeronaFiere coi tour del Vinitaly: Miami, Shanghai, Mosca, India.
Probabilmente aggiungendo al pacchetto vino-food-lusso anche quella componente dell’industria del mobile che lavora sui pezzi unici ed esclusivi. Ce n’è anche a Verona e lavorano tutto l’anno senza conoscere crisi di sorta.
A quel punto, basta aggiungerci anche i calzaturieri del Brenta e i nuovi protagonisti del fashion destinato al target “giovane” (in larga parte veronese e veneta) e il gioco può chiudersi al meglio.
Vicenza non ci starà – scommettiamo? – e finirà fagocitata a Milano. Con buona pace di chi crede ad un progetto veneto.
In effetti, la politica rimane la grande assenza di questa sfida: ci vorrebbe una moral suasion veneziana per convogliare le fiere in un unico disegno che non può non essere capitanato da Verona; a Verona ci vorrebbe una scelta politica sui prossimi vertici della Fiera pragmatica e non condizionata dalle logiche dei partiti e dai calcoli per lo scenario 2007
Molto brutalmente, la squadra che porta a casa più quattrini (finanziamenti pubblici, espositori, visitatori, quotazione nei Palazzi romani) vince.

L’Adige, 25 Febbraio 2006, pagg. 1 e 5

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