Cosa insegnano il crollo di Pedro Sanchez e la vittoria di Isabel Dìaz Ayuso: così cambieranno la politica italiana

(di Bulldog) Insegna qualcosa il voto spagnolo di ieri che ha spazzato via il “sanchismo” dalla Spagna? Sì, nell’immediato e nel futuro prossimo della politica europea ed italiana. La vittoria elettorale del partito Popolare – con la leader della comunità di Madrid Isabel Díaz Ayuso proiettata alla Moncloa alla fine di luglio – ha evidenziato come le tanto sbandierate (in Italia) politiche di sinistra di Pedro Sanchez nascondevano, ben nascoste sotto la coltre ideologica dell’anti-franchismo, un sottogoverno che ha permesso ad ex terroristi di tornare alla vita pubblica; agli indipendentisti di avere mano libera nonostante il clima d’odio diffuso a piene mani; ai boiardi di regime di prendere il potere nel sistema dei media e nelle aziende pubbliche; agli oppositori della Monarchia di offendere impunemente l’istituzione e con essa il sentimento della maggioranza dei cittadini. Certo, le politiche per il lavoro hanno rimesso in moto la macchina dell’occupazione, ma gli Spagnoli hanno inteso chiaramente che ributtare nell’agone politico il fantasma del Caudillo (spostandolo dalla Valle de Los Caidos e con lui Josè Primo de Rivera, assassinato dai Repubblicani all’inizio della Guerra Civile) è servito soltanto come mossa per dividere un paese – che si era ritrovato unito nella democrazia – col solo scopo di costruire un blocco elettorale in grado di difendere quanto di peggio stava realizzando il sanchismo.

Per gli Spagnoli, non è togliendo “Avenida del Generalissimo” dai centri storici delle città spagnole; non è togliendo le targhe dedicate dalle municipalità alle vittime della Repubblica; non è rivoluzionando le alleanze in America Latina e nel Nord Africa, che la Spagna avrebbe acquisito autorevolezza in vista del semestre di guida iberica dell’Unione europea.

La fine del sanchismo significa che il prossimo parlamento europeo si reggerà sull’accordo Partito Popolare e Conservatori mandando in soffitta definitivamente l’asse coi socialisti che sinora ha retto Bruxelles; significa che il tema fascismo/antifascismo usato come clava a Madrid come Roma non funziona più, non è utile a costruire il consenso di una opinione pubblica moderata. Dice che le politiche di sinistra spinta non trovano appeal e che, di conseguenza, il nuovo corso del PD italiano si trova spiazzato ed isolato in Europa. Con chi potrà allearsi Elly Schlein?

La fine del sanchismo dice alla politica italiana che governare dividendo rigidamente “i propri” dagli “altri” alla fine ha un costo, legato alla malagestio che naturalmente si genera specie negli enti di Stato velocissimi ad attuare lo spoil system, ma molto più lenti ad ottenere risultati.

Infine, la fine del sanchismo dice a Giorgia Meloni che il Partito Popolare non è morto e che, come a Madrid e Bruxelles, anche a Roma potrà ritrovare linfa e voti come un fiume carsico. I popolari spagnoli ci hanno messo anni a ritornare, ma hanno visto passare sul fiume il cadavere di Ciudadanos e di tutti quelli che volevano banchettare sulle sue spoglie. E davanti alla capacità di resilienza dei Popolari, pure Vox diventa non così determinante.

Certo, Giorgia Meloni a fine luglio avrà un’alleata in più: un’altra donna conservatrice premier – alla guida dell’Europa per un intero semestre – in grado di sostenerla sui grandi temi dell’immigrazione e della nuova Europa confederata. E per la premier italiana questa è la migliore notizia che porta la fine del sanchismo.

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