Di questo passo, anche San Daniele Comboni verrà definito “razzista”

Fausto Leali nel 1968 aveva riportato al successo “Angeli negri”. Era la cover di “Angelitos negros”, una canzone di un cubano, Pedro Infante, già interpretata da Antonio Machin e portata al successo in Italia nel 1959 da Don Marino Barreto Junior. Nella canzone, le cui parole sono di un poeta venezuelano, Fausto Leali, che per la voce era chiamato “il negro bianco”, chiedeva a un pittore che dipingeva delle Madonne di fare “accanto alle vergine bianca” anche un angioletto nero. “Io sono un povero negro – cantava Leali – ma nel Signore io credo”.  Nessuno allora s’era sognato di bollare la canzone come razzista. Sempre per restare in tema musicale, qualche anno prima Edoardo Vianello aveva portato al successo “I Watussi”, nella canzone definiti “gli altissimi negri”. Più di recente Renzo Arbore ha rispolverato un vecchio successo degli anni ’30 “Bongo Bongo Bongo” in cui  “il vecchio negro disse allor” che lui stava bene solo in Congo.

Nessuno s’è mai sognato di accusare Leali, Vianello o Arbore di essere dei pericolosi razzisti.

Sono solo tre esempi “leggeri” di quanto assurda sia la battaglia ingaggiata dal “politicamente corretto” contro la parola “negro”. Al punto che una giornalista dell’agenzia Reuter si è spinta a chiedere nientemeno che all’Enciclopedia Treccani di cancellare dal suo vocabolario la frase “lavorare come un negro” in quanto razzista. Ma ha trovato pane per i suoi denti. La Treccani le ha risposto per le rime documentando con citazioni di Dante, Petrarca, Ariosto e Leopardi l’uso corretto del temine “negro” e sottolineando che “non siamo in uno Stato Etico in cui una neolingua “ripulita” rispecchi il “dover essere” virtuoso di tutti i sudditi”. In sostanza non è la parola in sé razzista, ma l’uso che se ne fa, se uno intende dare ad essa un significato dispregiativo o no.

Molto più modestamente al posto di Dante e Petrarca abbiamo citato Leali, Vinello e Arbore, ma possiamo alzare anche noi il livello  citando un concittadino, San Daniele Comboni, fondatore dell’Istituto dei Missionari Comboniani e delle Pie Madri della Nigrizia che aveva come motto “O nigrizia o morte”. Anche lui razzista?

Facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail