Fragili psicologicamente ed in mano a reazionari della Sanità, così siamo di nuovo vittime del Covid

(di Giovanni Serpelloni) È un effetto già visto e precedentemente documentato nella prima ondata. Molti media trasmettono insistentemente da qualche giorno la buona notizia della lieve discesa della curva dei nuovi casi e dei ricoveri, cosa da tutti fortemente desiderata e attesa. Diminuzione dovuta all’applicazione delle mal sopportate misure  restrittive imposte circa un mese fa. Questa comunicazione, a livello individuale, sta producendo una diminuzione della percezione del rischio ed un contestuale calo dell’applicazione delle misure comportamentali preventive. Lo si vede ben documentato ovunque. Dopo queste notizie, la spinta a tornare ai precedenti modelli relazionali e di comportamento sociale ritorna immediatamente fuori, producendo assembramenti e riprendendo, anche se con un po’ più di prudenza, i vecchi rituali.  Reportage giornalistici lo documentano quotidianamente con foto e video molto eloquenti. Inoltre l’accoppiata comunicativa “diminuzione dei casi + feste natalizieprodurrà una ulteriore spinta alla ricerca di socialità e di svago con diminuzione della percezione del rischio e con allentamento dell’attenzione preventiva. Per molte persone le attività relazionali, così come l’attività fisica e lo shopping, sono fonte di gratificazione primaria e molto spesso necessarie per ridurre e gestire ansia, depressione e noia. Tutti elementi psicologici fortemente disagianti se non trovano risposte comportamentali quotidiane. 

A questo si aggiungono le discutibili scelte politiche/ideologiche del Governo come, per esempio, il voler riaprire le scuole senza aver prima risolto il problema dei trasporti.

L’insorgenza poi di un certo grado di fatalismo indotto nella popolazione dalla continua visione di notizie di decessi e ricoveri che determina una forma di desinsibilizzazione del dramma, fa il resto. Molte persone infatti attivano forti meccanismi di difesa psicologica per la riduzione dell’ansia e della depressione, guardando con distacco ciò che sta succedendo pensando che riguardi “altri” e che a loro, se stanno un po’ attenti, non possa succedere. 

Il miraggio poi del vaccino in arrivo e di terapie, in caso di malattia, sempre più efficaci, incentiverà ancora di più la riduzione delle misure preventive individuali. Sono reazioni psicologiche e sociali già osservate e studiate anche in precedenti epidemie a forte impatto sociale e mediatico (vedi infezione da HIV) e che hanno portato alla ripresa delle infezioni. Sono reazioni comportamentali che purtroppo faranno ripartire l’epidemia. La voglia di “normalità” e di riprendere eventi sociali da molte persone difficilmente rinunciabili (funerali, sposalizi, messe, partite di calcio, festeggiamenti di piazza, dimostrazioni e raduni politici,  saldi e shopping, vacanze rituali, ecc) farà il resto.  È un fenomeno complesso che si sta osservando in tutti i paesi occidentali e non solo in Italia.  Il tutto esacerbato dall’insopportabile e non ulteriormente sostenibile crisi economica che colpisce soprattutto le classi e le persone più vulnerabili e deboli oltre che il sistema produttivo di sopravvivenza. 

Teniamo infine conto dell’inadeguatezza dell’attuale sistema sanitario (sia del livello nazionale che di quelli regionali) per fronteggiare problemi epidemici come questi. La necessaria e irrinunciabile riorganizzazione generale verso modelli più territoriali e preventivi con forte gestione domiciliare e innovazione tecnologica (telemedicina), nell’attuale contesto politico e frammentazione regionale dopo la riforma del titolo V della costituzione, richiederebbe una tempestività  con tempi operativi ristretti, ridefinizioni organizzative profonde e ristrutturazione delle reti di potere e di comando. Tutte cose, nell’attuale contesto sociopolitico ed organizzativo, impossibili da realizzare in poche settimane come sarebbe necessario vista l’attuale emergenza sanitaria. Innegabili inoltre le resistenze al cambiamento organizzativo dimostrate da vari attori interessati che spesso si lamentano ma che di fatto pongono paletti, limiti e opposizioni varie ad una riorganizzazione che rimetterebbe in discussione “conquiste” passate come ruoli, privilegi, posizioni oltre che redditi personali. Ordini, sindacati, federazioni e varie altre organizzazioni di categoria, non hanno dato grandi e reali manifestazioni di interesse a questa radicale trasformazione che si sarebbe dovuta attuare fin da subito.  Trasformazione evocata da tutti ma in realtà temuta dai più e quindi, come al solito: grandi discussioni ma nessuna decisione ne azione concreta di cambiamento. 

C’è solo da sperare che le aspettative poste nel vaccino (forse prodotto e proposto con troppa fretta scientifica) vengano soddisfatte, senza troppi effetti collaterali di massa, e che qualche nuovo farmaco possa comparire presto per dare risposte più adeguate e sostenibili a questa malattia in fase acuta. Nel frattempo buonsenso e autodisciplina salveranno la vita a noi stessi e a chi ci sta vicino. 

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