Gianni Dal Moro chiude la sua stagione romana. Da lunedì farà il civil servant per Verona

La campagna elettorale è finita; domani si vota. Comunque la si guardi, queste elezioni segnano uno spartiacque. Una larga fetta della classe dirigente che ha guidato il Paese sino ad oggi da lunedì non ci sarà più. Farà altro. Il taglio dei parlamentari, le forche caudine delle segreterie dei partiti, hanno cambiato la “geografia” della politica. Se ne va un patrimonio di esperienza che sarebbe stata particolarmente utile nella gestione del prossimo “autunno caldo”, della crisi. A Roma come a Verona, dove i prossimi cinque anni vedranno l’amministrazione di Palazzo Barbieri ritrovarsi di colore opposto a quello del governo nazionale. Gianni Dal Moro fa parte di quel gruppo di politici d’esperienza che non siederà nel prossimo Parlamento. Diventato “osservatore politico” – anche se lo rivedremo, assai probabilmente, civil servant a disposizione della città – a lui chiediamo un giudizio finale su questa campagna contraddistinta da una sfida al calor bianco fra Enrico Letta e Giorgia Meloni, i due front-runner di centrosinistra e centrodestra. Magari la sua esperienza avrebbe fatto comodo ad un Pd a volte balbettante, che ne dice?

«Lasciamo stare la mia esperienza e il mio contributo che non verrà mai meno nell’elaborazione politica. Per quanto mi riguarda, se ci fossero state le condizioni per un’esperienza di governo probabilmente sarei rimasto, ma non c’erano e quindi meglio lasciare».

Quanto ha influito nella decisione il rapporto con Letta?

«Molto, a lui debbo la mia ascesa nazionale; sono stato il suo capo-segreteria per molti anni e con lui ho concordato nei giorni antecedenti la presentazione delle liste, la mia uscita».

Tutto sembra indicare una vittoria del centrodestra domenica: a questo punto, logico immaginare che faranno di tutto per riprendersi Verona…

«Ho sempre cercato di spiegare in questi anni, anche quando eravamo noi all’opposizione, che il sindaco eletto è il sindaco di tutti i veronesi. Damiano Tommasi si muove con questo spirito; per questo va sostenuto sul piano governativo perchè aiutare il sindaco vuol dire sostenere la nostra città».

Nel PD ci sono state polemiche per i “catapultati” nel Veneto…

«La presenza del nostro segretario nazionale Letta come candidato a Vicenza è un onore per tutta la comunità democratica veneta. Poi, francamente, penso che le molte candidature fuori regione, così come fatto anche da altri partiti, siano un errore che allontana sempre più i cittadini dalle istituzioni».

Lei ha fatto tre legislature, di fatto il parlamentare PD in carica di più lungo corso nel Veneto. Perchè mollare?

«Scendere da incarichi importanti e visibili non è mai facile, ma a 64 anni, dopo 15 anni da parlamentare, una vita trascorsa a Roma dall’età di 28 anni è giusto fermarsi, soprattutto se non ci sono all’orizzonte nuove esperienze. Ma sono sicuro che chi continuerà nel lavoro parlamentare saprà ben rappresentare Verona e il PD».

Della sua esperienza, con incarichi importanti, cosa ricorda con maggior passione?

«Ho avuto l’onore di fare per due volte il segretario organizzativo nazionale del PD, impegno gravoso ma ricco di politica, e poi sono stato il principale inquirente nella Commissione d’inchiesta sulle banche e, per finire, il relatore alla Camera del Piano di Ripresa e Resilienza: un provvedimento unico della storia della Repubblica particolarmente impegnativo».

Il provvedimento di cui è più orgoglioso?

«Nel 2021, la norma a mia firma che ha salvato centinaia di migliaia di imprese italiane dal fallimento dando la possibilità a quelle che avevano chiuso in rosso il bilancio 2020 di ripianare la perdita nei cinque anni successivi».

E per Verona?

«Onestamente, penso di aver fatto molto. Ma cito soltanto due interventi: il rilascio della concessione aeroportuale per Villafranca e Montichiari; la riapertura dei termini per la partecipazione ai finanziamenti per le Fondazioni lirico-sinfoniche che ha salvato la Fondazione Arena. Mi permetta, un terzo: il sostegno al finanziamento del sistema fieristico italiano che ha consentito alla Fiera di Verona di resistere in un momento di grande difficoltà».

Ora pensione oppure ancora servizio per Verona?

«Torno nella mia città con grande entusiasmo e disponibilità. Metto a disposizione le mie competenze e le mie relazioni maturate in tutta Itaia in tanti settori: dalla politica, all’economia, alla finanza. I prossimi cinque anni saranno fondamentali se vogliamo dare una prospettiva ancora piu internazionale alla nostra città».

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