I Commercialisti eleggono il loro nuovo presidente. Questo il programma del candidato Vito Misino

(di Giulio Bendfeldt) Siamo al conto alla rovescia per la elezione dei vertici dell’Ordine veronese dei dottori commercialisti. Una professione divenuta strategica nel tempo, a partire dagli Anni Settanta, oggi a maggior ragione  con l’economia in piena crisi e con un Governo che elabora interventi, norme, provvedimenti sempre più complessi con una velocità impressionante. Un momento, insomma, dove il consulente è sempre più strategico per un’impresa. Oggi conosciamo il programma di uno dei due candidati alla presidenza scaligera, Vito Misino (nella foto).

Perché ha deciso di candidarsi presidente dell’ordine scaligero?

«Anzi tutto ritengo che l’essere presidente di un Ordine Professionale sia una delle “stazioni” delle vita dove il treno del destino si può fermare. E’ quindi una opportunità quella di scendere dal treno a fare una “visita”  se mi permette la metafora. In secondo luogo – e senza pericolo di smentita – sono sempre intervenuto a sostegno dei colleghi o per loro ragioni e vicende personali, oppure perché un qualche loro cliente si trovava in difficoltà. Svolgere un compito di conforto e di sostegno in una veste istituzionale credo possa essere il completamento di una vita professionale coerente alla mia storia».

Quali sono le preoccupazioni maggiori dei commercialisti in questa fase economica? e come vedete la situazione economica di Verona?

«Le preoccupazioni sono dirette e indirette. Dirette perché l’attività professionale – confrontandosi pur sempre con il “mercato” – non può certo restare indifferente alla caduta del PIL di oggi e al fatto che l’Italia non abbia nemmeno recuperato i livelli di ricchezza anteriore al 2008. Le preoccupazioni sono anche indirette in quanto fare impresa in Italia non è agevole, i giovani intraprendenti, che pure desidererebbero confrontarsi nel libero mercato, sono vittime della zombificazione dell’economia sulle cui ragioni il discorso sarebbe più ampio e così viene anche a mancare in molte aziende il cosiddetto passaggio generazionale. Facciamo questa considerazione: calcoli l’età media dei 10 uomini più ricchi dell’Italia e dei 10 uomini più ricchi degli Stati Uniti. Ci dice qualcosa questo confronto? Quanto alla seconda parte della Sua domanda l’economia veronese soffre molto al centro, meno in periferia. Il “centro” in quanto incubatore di eventi e attrazione turistica. La periferia presenta un tessuto manifatturiero anche legato all’esportazione».

Il contribuente italiano resta uno dei più vessati in Europa con centinaia di adempimenti cui rispondere, a volte inutili o contraddittori: la vostra ricetta per agevolare davvero il contribuente?

«Al di là della pressione tributaria, ovvero dell’incidenza della contribuzione generale sul PIL cui Lei si riferisce, pochissimo possiamo fare a livello provinciale. Quanto alla burocrazia questa è alimentata da due combustibili: il primo è rappresentato dal “debito dello Stato” e Le faccio notare che mi rifiuto di chiamarlo “debito pubblico“. La continua ricerca di gettito anche negli anfratti più remoti della sfera giuridica dei privati alimenta l’impianto regolatorio. La forma mentis che ne è seguita è quella per cui si ha la radicata tendenza a pensare che sia lecito solo ciò che sia espressamente permesso e vietato tutto il resto. Il secondo combustibile che saccheggia il tempo di tutti, ovvero la burocrazia, è frutto dell’idea di poter creare uno Stato etico e – pertanto – il desiderio dell’Autorità in senso lato di prevenire gli illeciti con un carico regolatorio opprimente anziché svolgere il proprio ruolo di perseguire gli illeciti. Ma tutto ciò impone anche una seconda considerazione non meno rilevante per la vita di tutti: l’onere burocratico sugli organismi che producono beni e servizi è diventato sempre più gravoso e ciò è evidente a tutti. Essendo costretti a soddisfare le autorità di regolamentazione anziché i clienti, la burocrazia e le procedure seguite per soddisfare le autorità regolatorie sostituiscono completamente il fruitore del servizio nella scala d’importanza. Tutti patiscono gli effetti della burocrazia, anche chi non compila scartoffie».

Digitalizzazione: in aggiunta alle vecchie scartoffie oggi anche Spid, APP per ottenere servizi, identità digitali…non sembra che si vada verso una riduzione della complessità, anzi…

«Tutti strumenti che sono stati spacciati per farci risparmiare tempo, ma il nostro tempo dove è finito?»

Nuovi obblighi (anche per i commercialisti) per la legge fallimentare: come si può evitare che alla fine del 2020 vi sia una strage di imprese con migliaia di PMI che chiuderanno i battenti? avete suggerimenti – per il governo, per gli imprenditori – su come aiutare contabilmente le imprese a reggere al crollo di quest’anno?

«Un’impresa non si regge “contabilmente” ma con una politica che ponga al centro del proprio intervento la tutela della libera iniziativa imprenditoriale e professionale. La migliore forma di welfare che sia mai esistita è il lavoro e chi offre un lavoro produttivo rispondente ai canoni di utilità, efficienza e corretto impiego delle risorse sono le imprese private. In questo contesto – ovvero quello delle imprese e della libera iniziativa economica che si confronta con il mercato – esistono parametri certi per misurare efficienza e produttività. Nell’ambito della Pubblica Amministrazione questa misurazione è molto più complessa da determinarsi. Per quanto possa occorrere sono personalmente vicino al neo presidente di Confindustria Carlo Bonomi che dovrebbe anche essere un punto di riferimento naturale per la nostra categoria professionale».

Attività  ai vostri associati: cosa vi proponete di fare?

«Abbiamo fiducia di poter sfruttare utilmente i social creando una piattaforma dedicata agli iscritti tramite la quale ci possa essere un continuo flusso di segnalazioni tra i colleghi su ciò che è professionalmente rilevante anche con riguardo alle prassi e alle consuetudini adottate a livello provinciale dalle pubbliche amministrazioni. Ridurre il contributo annuo di iscrizione, fare la nostra parte per contrastare la crisi da vocazione stabilendo rapporti continuativi con l’Università e – di concerto con questa – promuovere e finanziare borse di studio per i giovani che frequentino gli studi professionali dei commercialisti. Non trascuriamo anche la nostra volontà di diffondere la cultura finanziaria e quella societaria nei licei».

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