Il destino della Marangona

(di Giorgio Massignan) Sono quarant’anni che si discute sul futuro di un’area di circa 1 milione e mezzo di metri quadrati a sud est del Comune, tra la Milano-Venezia (A4), la ferrovia Bologna-Verona e quella Verona-Mantova, in gran parte di proprietà del Consorzio Zai. 

La zona, di forma triangolare, è stata suddivisa in cinque comparti. Il primo ad essere trasformato sarà la cosiddetta Corte Alberti, di 170.000 mq, di proprietà della VGP Italy, società europea di sviluppo di parchi industriali e logistici. Dovrebbero sorgere quattro corpi edilizi per una superficie coperta di 80 mila mq, per ospitare il centro per lo smistamento delle merci, l’e-commerce, le strutture per l’innovazione e la ricerca, le piattaforme logistiche, gli uffici e i locali accessori. Saranno realizzati i parcheggi e le strade interne. Le opere di urbanizzazione saranno a carico del privato

Secondo quanto affermano gli amministratori pubblici, dovrebbe trattarsi di un progetto per realizzare strutture destinate all’innovazione e alla sostenibilità ambientale, escludendo la costruzione di una distesa di capannoni. Nella realtà, verranno realizzati capannoni per magazzini e uffici, su una superficie coperta di 72.000 mq.  

Ma, se nel secondo dopoguerra il consorzio Zai ha favorito lo sviluppo economico della città, attualmente le necessità del nostro territorio sono cambiate e le destinazioni d’uso andrebbero decise valutando le opportunità che offrono le varie aree dismesse e la necessità di non consumare altro suolo agricolo. 

La Marangona è un antico centro di attività agricole, con corti rurali che ricordano la passata economia locale basata sul settore primario. 

Inoltre, la necessità di dotare l’area di una viabilità adatta ai nuovi bisogni, porterà l’intera zona e quelle con termini, ad essere attrezzate di nuove e impattanti infrastrutture viabilistiche.

Ma ci sono altri due fattori che invitano a ripensare al totale cambio d’uso di una così ampia e fertile zona agricola. Il primo riguarda il consumo di suolo che, dall’Europa sino alle Amministrazioni comunali, tutti dichiarano di voler bloccare. Nel 2020, la provincia di Verona è stata la seconda nel Veneto per consumo di superficie agricola, con 41.199 ettari; e il comune, con circa 5.642 ettari di suolo consumato, è risultato il secondo capoluogo veneto, dietro a Venezia e davanti a Padova. Da notare che il Veneto, con 217.744 ettari di suolo agricolo consumato, è risultato la seconda regione d’Italia, dopo la Lombardia. 

Il secondo fattore riguarda l’autosufficienza alimentare. L’Italia è autosufficiente per la carne di pollo,  per le uova, per la produzione di vino, dei formaggi e della pasta, però ottenuta soprattutto con grano d’importazione, per l’insufficienza della produzione nazionale. Ma importa grandi quantità di prodotti di prima necessità, quali carne, pesce, mais, frumento, latte, patate, orzo e zucchero. Se nel 2021 l’Italia ha raggiunto l’autosufficienza nella bilancia alimentare, grazie alle esportazioni di cibo e bevande, continua a mantenere un deficit produttivo del 64% per il frumento tenero, del 40% per il frumento duro e del 53% per il mais, mentre la produzione della soia copre circa un terzo del fabbisogno interno.  

A livello europeo e italiano, si sta procedendo all’adozione di misure che rafforzino la produzione agricola, soprattutto di quelle considerate strategiche.

Dal 1945 ad oggi è cambiato tutto e l’agricoltura, che era considerata un settore economico meno importante dell’industria, sta riconquistando le sue antiche posizioni.

Mi chiedo se, nella situazione attuale, sia giustificabile cementificare e impermeabilizzare circa 1,5 milioni di mq di terreno agricolo fertile e produttivo.

Se il Quadrante Europa ha necessità di nuove aree per la logistica, e l’economia veronese di strutture per l’innovazione e la ricerca, sarebbe opportuno trovarle in zone dismesse, senza consumare altro suolo e danneggiare la già precaria produzione agricola.

Se la posizione della Marangona, facilmente collegabile con l’autostrada, l’aeroporto e la ferrovia, risulta preziosa per la logistica e per lo smistamento delle merci, si intervenga in un solo comparto e si mantenga la destinazione agricola per tutto il resto.

Inoltre, costruire e/o intervenire sull’intera area, significherebbe perdere l’opportunità di realizzare un anello verde di collegamento con tutti i forti extra moenia, da quello del Chievo a quello del Pestrino; e da lì, fare partire i raggi verdi, percorsi pedonali e ciclabili che congiungerebbero la fascia verde con i vari parchi comunali, una volta realizzati.

La ricucitura e la riqualificazione della zona verde, corrispondente al secondo campo trincerato austriaco, rappresenterebbe il confine tra la città e la campagna, sull’esempio delle ‘Green belt’ inglesi. 

Per tutti questi motivi, ritengo che la Marangona non possa e non debba essere progettata solamente in relazione del Quadrante Europa e in funzione produttiva, ma inserita organicamente in un piano complessivo del territorio veronese.

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