Il vento è cambiato, dopo lo stop ad A2A bisogna tagliare le ali alla Save (ai suoi sodali veronesi)

(di Gianni De Paoli) Le dimissioni di Finocchiaro da presidente dell’Agsm mettono la parola fine all’operazione A2A. Un’operazione molto pericolosa perché, se gli fosse andata dritta, avrebbe espropriato Verona di un asset economico fondamentale. La giustificavano con la necessità di affrontare le sfide del mercato attraverso l’aggregazione della multiutility con un gruppo forte come il colosso milanese e la vendevano come una “fusione”, che però in breve si sarebbe risolta col più grande che si mangia il più piccolo. L’operazione era stata fortemente voluta dal sindaco e da ambienti confindustriali della città. Ed era stata proprio questa, dopo la defenestrazione di Croce, la ragione per la quale era stato nominato presidente dell’Agsm il manager ex Glaxo Daniele Finocchiaro che, preso atto dell’impossibilità di portare avanti il progetto, ha mollato l’osso. 

L’operazione era sbagliata nel merito e nel metodo. Nel merito, perché non aveva senso consegnare l’Agsm nelle mani dell’A2A, dato che è un’azienda in piena salute con potenzialità di crescita del doppio e anche del triplo. Non è la Cattolica di Bedoni né la Banca Popolare di Fratta Pasini. Nel metodo, perché non è pensabile che il destino della più grande azienda pubblica della città venga trattato come se si trattasse di una qualsiasi impresa privata, senza il coinvolgimento delle forze politiche. Puoi tenere riservate le trattative finché vuoi, numerare i documenti, parlare sottovoce, ma prima o poi sono i rappresentanti dei cittadini che devono decidere. Cioè la politica. 

Ora, come in tutte le battaglie, ci sono i vinti e i vincitori. Perde il sindaco, perde Battiti, vincono Lega, Fratelli d’Italia e Verona Domani. Perde quel gruppetto d’imprenditori che detta ormai da troppo tempo l’agenda politica a chi se la fa dettare. Vince la politica, quella vera, quella che nasce da e per la gente. Speriamo che la lezione sia servita. L’Agsm adesso può riprendere il suo cammino dopo essere stata tenuta in stand-by.  Adesso tocca all’Aeroporto (nella foto Enrico Marchi, azionista di riferimento del Catullo), vittima delle stesse logiche e degli stessi personaggi.

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