Infrastrutture, nove anni per mettere in sicurezza Verona

(di Stefano Tenedini) Nel Libro bianco dei trasporti la UE ha individuato nove corridoi che ha definito core, fondamentali: quattro di essi sono in Italia e tre attraversano il Veneto, di cui due passano per Verona. Basterebbe questo a capire quanto siamo uno tra i principali nodi strategici del Paese e quanto del nostro futuro economico (ma non soltanto) dipenda dal rimanere competitivi in questo settore. Di qui passa la capacità di essere concorrenziali per far crescere la mobilità, rimuovere gli ostacoli allo sviluppo e alimentare l’occupazione e la crescita. La ricerca su cui il Cresme ha lavorato per Confindustria Verona e Ance mette anche al centro una minore dipendenza dall’import di petrolio e la lotta all’inquinamento. Un primo step è fissato nel 2030, operando su un sistema di corridoi multimodali, cioè su un insieme di infrastrutture (treno, strade, fiumi) collegate a città, aeroporti, interporti e porti. L’ossatura portante del disegno geopolitico di integrazione economica europea.

Un sogno – anzi, una visione – di grandissimo spessore ideale ma anche pratico, che visto dal Veneto appare più concreto che se osservato, per fare un esempio, da Roma o Vilnius. Occupiamo una innegabile posizione di cerniera tra l’area padana e i paesi dell’Europa centro-settentrionale, orientale e balcanica; siamo inseriti nel corridoio Mediterraneo che unisce il Nord Italia da Torino e Trieste passando per Verona, in quello Scandinavo-Mediterraneo che parte dal Brennero e oltre Verona arriva a tutta Italia. Senza contare quello Baltico-Adriatico che si dipana poi verso l’Austria e la Slovenia. Tutte rotte che consentono di pensare ai trasporti anche per sviluppo sostenibile e mitigazione degli effetti climatici. Più di recente il macro progetto è tornato di attualità grazie alla Cina e alla “Nuova via della seta”, da integrare con il Corridoio Mediterraneo facendo degli snodi di Novara, Milano, Verona e Padova la più grande area logistica del Sud Europa.

In uno scenario verso il quale confluiranno molti interessi e ingenti investimenti numerose azioni previste dal Piano Veneto dei Trasporti hanno impatto diretto o indiretto su Verona. Entro il 2023 dovremo compiere un rilevante salto di scala infrastrutturale per sostenere l’incremento della produttività grazie alla crescita delle connessioni dei trasporti, vitali per una regione a vocazione manifatturiera orientata all’export. Le priorità sono completare il quadro di collegamenti con le maggiori capitali europee e i loro mercati, ma anche favorire le relazioni con il resto d’Italia a iniziare dalle regioni vicine che già agiscono integrate per l’interscambio interno ed estero. In aggiunta non va dimenticato che le relazioni di Verona e del Veneto con il resto del mondo dovranno rispettare l’ambiente grazie al riequilibrio di gomma e ferrovia, consentendo una crescita senza criticità né strutturali né ambientali.

La lunga lista delle azioni necessarie e degli interventi previsti per la maglia infrastrutturale della provincia di Verona parte dalla rete ferroviaria: si apre con la necessità di completare la suddivisione del traffico ferroviario tra passeggeri e merci dirette al Quadrante Europa. I passaggi centrali sono il potenziamento delle linee del Brennero e della Milano-Venezia, il raddoppio della Verona-Bologna, il collegamento della città con l’aeroporto Catullo e per ultimo, ma non meno rilevante, il completamento del Quadrante Europa accentrando in un unico centro polifunzionale tutte le funzioni merci, col ridimensionamento dell’attuale scalo merci FS per liberare le aree (il “Central Park”) a ridosso del centro storico.

Per quanto riguarda la rete autostradale il primo passaggio dovrebbe essere rilocalizzare i caselli per migliorare gli accessi ai complessi insediativi-produttivi del territorio. Il secondo step è promuovere l’integrazione del sistema autostradale nord-sud con la direttrice della Tirreno-Brennero. A seguire convogliare il traffico merci su gomma di livello nazionale solo su arterie autostradali, con sbocchi il più prossimi possibile agli scali merci ferroviari – e in particolare al Quadrante Europa. È stato anche ritenuto necessario raccordare le politiche autostradali nazionali con le province circostanti e con le principali città del Veneto. Infine dovrebbe essere creata una maglia autostradale parallela a quella ferroviaria, in modo tale che siano favorita l’intermodalità e la localizzazione del traffico di merci e persone.

Ci sarà molto da lavorare anche sulla rete viaria principale, soprattutto per trasformare in un sistema efficiente la maglia viaria principale del Veronese così da rendere accessibili le strutture intermodali che accolgano e smistino il traffico merci su gomma. Altre esigenze: distinguere i flussi di traffico su gomma locali da quelli di dimensioni e di durata superiore e garantire l’accesso rapido alle aree urbane e a quelle di livello metropolitano. Evitare la formazione “casuale” di nuove arterie, che si genera con la formazione di circonvallazioni esterne ai centri abitati, ma evitare anche l’inurbamento delle strade principali che crea gli sgradevoli “nastri insediativi”. Nello specifico di Verona, definire la maglia principale per gli spostamenti rapidi e sicuri che completi quella storicamente radiale della provincia, a servizio degli ambiti locali. Infine due progetti nel segno della sostenibilità e dell’ambiente: nella connessione alle infrastrutture garantire un equilibrio al territorio nel rispetto delle caratteristiche del paesaggio; e progettare lungo le principali vie di comunicazione anche strutture di parcheggio intermodale collegate al Sistema ferroviario metropolitano veneto.

Al termine di questo elenco di opere l’errore peggiore che potremmo fare è considerarlo il progetto esecutivo e non renderci conto che è una visione, un’ipotesi di sviluppo. Ferrovie, strade e autostrade sono la rete di servizio del territorio: equivale a vene, muscoli e nervi di un corpo umano. Il disegno di massima c’è, la lista dei bisogni economici e sociali è stata delineata. Si può cambiare il progetto, implementarlo, adattarlo ai tempi e alle risorse e a priorità che si modificano nel tempo. Ma la sfida vera sarà trasformarlo in un organismo in grado di tenere in forma (per competere) Verona e il suo territorio. Se lo faremo, in questi dieci o vent’anni, resteremo in piedi. Altrimenti il declino non è un’ipotesi: e già scritto.

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