La ripresa a Verona? Potrebbe essere più veloce se tornassimo a giocare in attacco senza più essere terra di conquista

(di Gianni Dal Moro) Non mi rassegno al declino di questa città impoverita da 10 anni di amministrazione di centro destra senza visione e prospettiva, nessuna grande scelta, nessuna grande opera. Se questa nostra bella città e provincia hanno retto in questi ultimi anni non è merito di chi la guidata, ma dei veronesi, delle imprese di qualsiasi dimensione, del tessuto sociale della nostra comunità, dei lavoratori e di una posizione geografica straordinaria.

Il centro sinistra ha anche lui delle responsabilità: prima di tutto per non aver mai messo in campo un progetto e una candidatura per tempo, arrivati sempre all’ultimo minuto. E poi  per una mancanza di strategia, alla ricerca sempre della ragione, dividendosi tra i puristi della società civile e i conservatori della gerarchia dei partiti.  Da troppi anni ci manca una cultura di governo e che ci ha governato non aveva la cultura della minoranza. Da troppo anni siamo in deficit di democrazia rappresentativa. Ma ora domandiamoci Verona sta meglio o peggio rispetto a 10 anni fa?

La risposta è sotto gli occhi di tutti, siamo diventati terra di conquista di Venezia per l’aeroporto, di Milano se fosse andata in porto l’operazione Agsm e non è ancora finita. Potevamo essere la porta d’ingresso del centro dell’Europa che non è Parigi, ma Berlino, rafforzando e investendo sull’asse del Brennero che è sempre stato il nostro posizionamento naturale. Ci siamo invece persi, tutti nessuno escluso,  in “beghe da cortile”,  fra chi al richiamo della veronesità si erige a difesa di un particolarismo fuori dal tempo e dannoso per la città e chi  in nome di un astratto interventismo si rassegna ad essere conquistati sperando di ritornare a contare di più.

Quando si gioca sempre in difesa, poi finisce male. In questi ultimi anni abbiamo visto tutto e il suo contrario, partiti e leader che hanno iniziato da una posizione per poi  cambiare diametralmente parere. Va bene lasciare che l’aeroporto venga conquistato da Venezia, senza gara, per poi difendere il principio della gara per AGSM? Va bene difendere l’aggregazione di Agsm con partner industriali – con lo slogan facciamo crescere Verona – e poi bloccare per anni qualsiasi aggregazione della nostra fiera al grido nessuno tocchi Vinitaly?

In questo modo, senza un nostro progetto,  Verona perderà ancora posizioni, ogni scelta singola dividerà la città  e tutto questo ci farà perdere occasioni, lasciando che piano piano Verona diventi una grande Gardaland, che certo va benissimo sul piano turistico, ma la impoverirà sul piano strategico.

Per questo ho sempre pensato che servisse una grande progettualità condivisa che mettesse al confronto aree strategiche che per dimensioni e opportunità potessero essere performanti per Verona. Ho sempre pensato che il nostro orizzonte doveva essere l’asse del Brennero, lo scrissi per l’aeroporto, per la fiera, per la Zai,  un’alleanza prima di tutto infrastrutturale con Trento, Bolzano, Monaco, Berlino.  La storia di Verona da sempre è questa, è il suo sbocco naturale in una nuova e competitiva dimensione europea. L’andamento della crisi ci dice purtroppo che sarà molto più dura del previsto, ma che forse il rimbalzo potrebbe essere più elastico e per questo serve una politica della nostra città che sappia accelerare quel rimbalzo e farlo arrivare prima. 

Per questo servono idee e proposte, superando divisioni ideologiche e frammentazioni culturali, non dobbiamo aver paura del confronto,  cerchiamo di  recuperare quello spirito innovatore che ha caratterizzato le grandi amministrazioni passate della nostra città.  Siamo ancora in tempo: sui grandi asset strategici, sui principali motori di interesse della nostra città, possiamo fare tutti assieme delle grandi scelte, mettendo però sempre davanti due cose fondamentali: merito e contenuti e poi trasparenza. Così Verona ritornerà grande.

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