Le piccole imprese sono sempre più in crisi per l’energia. Appello di Confindustria: “È a rischio l’Italia che produce”

“Non tagliando gli oneri di sistema per le potenze sopra i 16,5 kW si colpiscono le industrie, soprattutto le piccole, mettendo a rischio il 78% delle Pmi non energivore e non gasivore, il motore del Paese”. Lo sottolinea Confindustria con una nota polemica relativa alla Finanziaria in esame alle Camere, e in particolare per quanto riguarda l’esclusione nella legge di Bilancio delle potenze sopra una soglia che mette in pericolo la sopravvivenza di quasi quattro piccole e medie imprese italiane su cinque.

Per sensibilizzare gli italiani sul mancato taglio ai costi dell’energia, una questa tematica di estrema attualità nel quadro dell’emergenza energetica, Confindustria ha dato il via sui social alla campagna #EnergiaAlleImprese, nella quale viene chiesto chiede un taglio immediato dei costi per le realtà con utenze energetiche superiori alla soglia di 16,5 kw e la conferma della misura sul credito di imposta per le aziende. “Se spegni le piccole medie industrie, spegni l’Italia che produce”, sottolineano i post pubblicati su LinkedIn e Twitter. L’appello è stato ripreso da numerose aziende e imprenditori anche nel Veneto.

A ribadire le pressanti problematiche legate al caro energia è anche la nota congiunturale di dicembre appena pubblicata dal Centro studi di Confindustria, che a proposito delle prospettive sottolinea che “pesano il caro-energia e l’incertezza derivante dal deterioramento delle prospettive economiche, che potrebbe indurre le famiglie da fine 2022 ad accantonare ulteriore risparmio precauzionale. Inoltre, il protrarsi degli extra costi sull’energia, che riguarda consumi non molto comprimibili, potrebbe assorbire ulteriore risparmio, riducendo l’impulso positivo sui consumi e accelerando la stagnazione”.

In questa fine d’anno il Centro studi di Viale dell’Astronomia prevede senza molti dubbi una frenata dell’economia. “Aumenta il rischio di una stagnazione: il prezzo del gas sta di nuovo salendo e il caro-energia accresce i costi da 12 mesi, mitigato solo in parte da interventi del governo; l’inflazione è ai massimi e rimane persistente, frenando i consumi; inoltre il rialzo dei tassi si sta accentuando e zavorra i bilanci. Gli indicatori sono quindi al ribasso, anche riguardo la domanda; il turismo, esaurito il rimbalzo, potrebbe spingere meno in inverno, come già le costruzioni in estate”.

L’industria accusa quindi il colpo, mentre sembrano tenere i servizi. “La produzione ha subito un secondo marcato calo in ottobre (-1,0%, dopo il -1,7% a settembre). Conservano impulso solo i beni strumentali, mentre hanno ceduto gli altri settori. Il quarto trimestre si è aperto con una variazione acquisita molto negativa (-1,5%), più pesante di quella del terzo (-0,5%), come segnalavano da alcuni mesi i dati qualitativi: ordini in progressivo calo e scorte in rapido aumento suggerivano che le imprese avrebbero corretto al ribasso le stima di produzione, anche se a breve è atteso un rimbalzo. Inoltre la fiducia delle imprese è ancora compressa nonostante sia risalita”.

Forte flessione delle costruzioni, sia degli investimenti che per la produzione, anche perché il settore veniva da sei trimestri di forte espansione. Invece il recupero estivo del turismo e dei servizi (+3,1%) è stato cruciale per l’unico comparto in crescita nel terzo trimestre (+0,9%). Per il quarto i segnali sono in miglioramento e la fiducia delle imprese di servizi recupera terreno, come confermano i volumi di merci in movimento, poco sotto il 2019.

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