L’Hellas è del popolo, non delle élite veronesi. E i risultati del club ne sono la conseguenza

Ai ricconi di Verona della squadra di calcio non gliene frega niente. E’ un dato di fatto. Ci sono fra noi dei super-ricchi, imprenditori di dimensione internazionale, che dispongono di capitali notevoli. Con il loro lavoro e le loro capacità hanno creato posti di lavoro e ricchezza. Tanto di cappello. Ed è loro sacrosanto diritto spendere i soldi come vogliono. Fanno anche opere di bene. E ciò aggiunge stima. Ma nessuno di loro è interessato al calcio, lo sport nazionale, seguito da grande parte degli italiani. A loro non interessa. Magari qualche altro sport, ma non al calcio. Altrimenti ci sarebbe stato qualcuno che prendeva in mano il Verona. 

Atteggiamento molto diverso da quello, tanto per fare un esempio arcinoto, di Gianni Agnelli che, con tutta la simpatia che si può non avere per la sua dinastia, aveva compreso l’importanza culturale – nel senso puro del termine- e sociale del calcio e s’era fatto carico della Juventus, società che è ancora di proprietà della sua famiglia. In questo modo ottenne il risultato di far identificare la squadra con la sua azienda, traendone un evidente vantaggio d’immagine, superiore a qualsiasi campagna di comunicazione. Identificazione che ha interessato in primis Torino, città della Fiat e della Juve, ma che è avvenuta anche su più vasta scala data la dimensione nazionale della squadra.

Lo stesso avvenne a Napoli con Achille Lauro, a Milano con Berlusconi o Moratti ecc. 

A Verona no. Dopo Carlo Bonazzi, grande industriale tessile, o Saverio Garonzi, non c’è più stato un imprenditore che abbia legato il suo nome e la sua immagine alla squadra. Lo stesso Verona della scudetto era di più soci. Né Rana, né Veronesi polli o Veronesi Calzedonia, né Riello, né Pedrollo, né altri grandi imprenditori hanno sentito la necessità di impegnarsi nel calcio. L’unico esempio è quello della famiglia Campedelli con il Chievo, che però nell’immaginario collettivo non occupa lo stesso posto dell’Hellas. Perciò il Verona è di proprietà di un imprenditore di Carpi. Non di Paperon de’ Paperoni! Quanti ce ne potrebbero essere di Setti veronesi? Centinaia. Eppure non uno ha pensato di farsi carico dell’Hellas. E’ vero che il calcio non sempre rappresenta un business. Ma è anche vero che basta circondarsi delle persone giuste per avere delle soddisfazioni non solo morali. I grandi imprenditori nostri concittadini hanno tutte le ragioni dalla loro. Ci mancherebbe! Sono liberi di spendere i loro soldi come vogliono! Come noi siamo liberi di dire: peccato!

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