Napolitano? Bene, ma il potere è altrove

Nel transatlantico della Camera un Senatore della sinistra mi diceva: «Se abbiamo votato tutti insieme per Scalfaro che diffioltà c’è a votare insieme Napolitano che è certamente meglio?» Già, perché la sinistra, con Napolitano, non ha proposto un malandrino né un politicante qualsiasi, ma un ex comunista per bene, gradevole e di bella immagine, un’ottantenne dal passato conosciuto e tale da consentire a Ciampi la sua nomina a Senatore a vita. [//]Certamente meno difficile e contestabile di D’Alema che, tutto sommato, Berlusconi avrebbe preferito. Ma era difficile farlo passare per la sua eccessiva “forza politica” e il deciso antagonismo del popolo di centro destra. Come scelta politica sarebbe stata forse più produttiva. Ma, ad alimentare il populismo, se ne rimane vittima, perché prevalgono poi i discorsi più facili, le impressioni, le simpatia o le antipatie, i sentimenti più banali, le ragioni meno forti. Gli elettori, così alimentati, chiedono quindi un personaggio, non una politica; non si pongono il problema di dove debba andare questo Paese, di quale immenso sforzo abbisogna per riformarsi, per superare questa infinita transizione: le difficoltà di dialogo, le reciproche demonizzazioni, il blocco del Parlamento intorno al numero legale, l’impossibilità di governare una società dove il potere della politica si è diviso e impoverito. Occorre ritrovare la politica e i politici veri sono assai pochi: D’Alema, con tutti i suoi limiti, è uno di questi. Il Paese va riformato con una politica che riaffermi la forza della volontà popolare. Napolitano sarà un buon Presidente e saprà garantire una gestione non faziosa del suo alto mandato. Ma la politica ha compiti propri ed urgenti se non vuole continuare nella incapacità di esprimersi, di dare ai cittadini la consapevolezza di una loro ritrovata sovranità, del potere di gestire lo Stato. Oggi i poteri veri sono altrove: sono quelli delle banche, dei gruppi finanziari fatti di furbetti scamiciati e di furboni con cravatta, di grandi evasori, di truffatori del risparmio popolare che vediamo troppo spesso seduti nelle tribune Vip degli stadi e nelle assemblee di Banca d’Italia, della stampa troppo spesso espressione di altri poteri, della Magistratura che vorremmo anche più impegnata e più attenta ma meno corporativa e politicizzata. Senza contare le altissime burocrazie che, sostituendo la politica ed a suo nome, il potere lo gestiscono davvero. Il gioco “istituzionale” è invece tutto interno, diventa spartitorio, accomodante, “equilibrato”. Questo a te, questo a me: non per le persone, per carità!, ma per la nostra base, per gli elettori. Il “largo consenso” sul candidato, anche se ottenuto, sembra più una generale concessione ai vincitori che ottengono una sorta di consenso legittimante, concedendo una apparente partecipazione alle scelte.
Il paese è spaccato e lo sappiamo tutti. Ma si può pensare di incollare due mezze mele solo con l’accordo su di una personalità accettata in modo comunque necessitato? Anche quando si votò per Ciampi, la Casa delle libertà preferiva un candidato diverso, che non fosse stato un Ministro così importante del centro sinistra, ma nella rosa optò per lui. “Coactus voluit sed voluit”, era costretto ma ha voluto: è la regola di questi confronti. Ecco perché abbiamo sostenuto che, costretto, il centro destra avrebbe dovuto trattare con D’Alema, che il vero titolare del pacchetto di maggioranza della sinistra. Ma avrebbe dovuto trattare sulle cose vere, su dove si vuole andare, sulle regole comuni da rispettare, sul definitivo reciproco riconoscimento, sulle riforme istituzionali ancora da fare, sul referendum che rappresenterà il vero ostacolo del prossimo futuro e sulla Assemblea Costituente unica soluzione per una riforma seria ed incontestabile. Certo non è facile, Dopo anni di scontri feroci, di demonizzazione esasperata delle persone dell’altro fronte operata dalla sinistra, di balletti e girotondi, di frizzi e lazzi, di battaglie giudiziarie che sono apparse politiche, di ostruzionismo parlamentare, di demagogia dell’insulto, di “opere buffe” e “travagliate” non è certo facile trovare spazi per una serena valutazione. Ognuno ritrova i frutti di ciò che ha seminato. Il voto popolare ha detto chiaramente al centro destra, così ben gratificato cinque anni fa, che non ha governato secondo le aspettative. Ed al centro sinistra che non si fida molto della sua gestione futura. Anche se solo per pochi voti, ma il centro sinistra ha vinto e ha il diritto-dovere di governare. Ma non può pretendere gli sconti che non ha concesso a una maggioranza ben più vasta. Nonostante ciò e con la effettiva possibilità di tornare alle urne anticipatamente, l’esigenza di prepararsi con aggregazioni più solide ed internamente democratiche e quindi più forti, è impellente per tutti,sinistra e destra. Come lo è una definitiva nuova legge elettorale che corregga le assurdità, lo strapotere dei capi partito, la “nomina” dei parlamentari, l’allontanamento degli stessi dal loro popolo, e che legittimi, moralmente e politicamente prima che istituzionalmente, il Parlamento ed il Governo del Paese. “Mala tempora currunt”, ma, se non vogliamo futuri disastri, questi sono problemi essenziali e improcrastinabili. Toccherà alla politica, ai politici veri, agli uomini di Stato: riteniamo che Napolitano saprà essere un serio e corretto notaio: ma va ricordato che, per l’accordo sul bene del Paese, ciò che conta è la volontà dei contraenti.

L’Adige, 13 Maggio 2006, pagg. 1 e 3

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