“Sono molteplici le cause che influiscono su questa situazione -, commenta Michele Pedrini, presidente provinciale della Cia -: il contemporaneo flusso di grandi quantità di prodotto tra i vari Paesi del Mediterraneo e non solo; l’eccezionale caldo del mese di luglio, che ha determinato una contemporanea maturazione di frutta e ortaggi, [//]stravolgendo i calendari di raccolta; il persistere dell’embargo russo che è costato finora all’Italia, per mancato export, 240 milioni. L’embargo esercita un duplice effetto: sia l’assenza di sbocco delle nostre produzioni sul mercato russo, sia il riversamento sul mercato europeo ed italiano delle produzione delle altre nazioni europee che esportavano in Russia. E tutto questo nonostante la frutta nella presente annata sia di ottima qualità e il caldo favorisca i consumi”. Quanto sta accadendo sta erodendo oltre la soglia di sopportazione il reddito dei produttori, che contemporaneamente al calo dei prezzi devono fare i conti con costi costantemente crescenti, che a causa della siccità si impennano. “I costi riguardano il lavoro, i trasporti, l’energia e l’acqua – elenca Pedrini -. Sul lavoro il Governo, in occasione del varo della Legge di stabilità, non ha accolto la richiesta di Cia di ampliare ai lavoratori stagionali la riduzione Irap. E’ difficile essere competitivi con i costi più alti d’Europa in virtù di norme e disposizioni diverse”.
L’Unione europea ha prorogato fino al 30 giugno 2016 le misure di sostegno per il settore ortofrutticolo, di fronte al prolungamento dell’embargo russo al 5 agosto del 2016. Ma secondo la Cia il regolamento dell’Unione Europea è assolutamente inadeguato ad affrontare i problemi che stanno vivendo i produttori: “Le misure sono insufficienti per l’esiguità degli importi stanziati, per l’inadeguatezza delle misure, per la sottostima dei quantitativi interessati, per le tempistiche assolutamente fuori tempo – annota Pedrini -. Tutto ciò finisce per costituire per i produttori una piccola mancia, che sarà incassata solo dopo intricati passaggi burocratici. Ma il problema è che più tempo passa e più si rischia di rimanere definitivamente esclusi dal mercato russo, anche quando dovesse riaprire alle produzioni europee, dal momento che nuove relazioni commerciali si stanno consolidando tra Russia e Bielorussia, Argentina e Brasile”. Questa ulteriore crisi dell’ortofrutta ripropone il tema di fondo: “L’intera filiera produttiva deve ristrutturarsi rapidamente – comclude il presidente -, mettendo in conto di superare anche i modelli organizzativi attuali, spesso espressione di un adeguamento passivo alle disposizioni europee anziché essere l’espressione di intese reciprocamente vincolanti volte a conseguire tre obiettivi fondamentali: programmazione delle produzioni, efficaci approcci con i mercati e la costituzione di un fondo di compensazione che intervenga a sostenere i prezzi dei produttori nelle annate di crisi”.





