Quando Verona era divisa come Berlino, col confine sui ponti fra Austria e Francia napoleonica

(di Giorgio Massignan, Verona Polis) Nel 1799, mentre Napoleone Bonaparte era in Egitto, si formò una seconda coalizione di stati europei, composta da Gran BretagnaAustriaRussia, Regno di  Napoli e Impero Ottomano, che attaccò la Francia. Un potente esercito austro-russo, cancellò tutte le conquiste fatte da Napoleone in Europa, minacciò la stessa nazione transalpina e  provocò  la caduta della Repubblica Cisalpina, assieme alle altre repubbliche sorelle presenti in Italia. Napoleone,  dovette lasciare segretamente il suo esercito in Africa e rientrare in patria. Il 14 giugno del 1800, a Marengo, affrontò e sconfisse l’esercito della coalizione ed il 3 dicembre, il generale Moreau, ottenne una seconda vittoria a Hohenlinden.

L’Austria, con quelle sconfitte, si trovò in grande difficoltà e fu costretta, con gli altri stati, esclusa la Gran Bretagna, ad accettare, il 9 febbraio 1801, la pace di Lunéville, dove furono confermate le clausole del trattato di Campoformio, che non erano mai state completamente attuate, con l’aggiunta della divisone in due parti di  Verona: la riva destra dell’Adige passò alla Repubblica Cisalpina, mentre la parte sinistra rimase all’Austria.  Furono sbarrati i ponti, fortificate le rive e interrotte le comunicazioni. Così Napoleone, dopo poco più di tre anni di occupazione austriaca, si prese metà del territorio cittadino.    

Una vignetta di fine Settecento sulle spoliazioni subite dagli abitanti del Nord Italia ad opera dei Napoleonici

Il 13 giugno, sui ponti Navi, Nuovo e Pietra, furono posti cancelli di confine, colorati di giallo e nero sul lato austriaco e di bianco, rosso e blu su quello francese.

Nella zona governata dagli austriaci, l’ordine era rigidamente mantenuto; l’aristocrazia ed il clero conservarono gli antichi privilegi; la religione venne rispettata e la chiesa dei Santi Nazaro e Celso divenne la Cattedrale di quella parte di città. Fu anche istituita la leva obbligatoria, che non piacque ai giovani veronesi, non abituati alla severa disciplina militare e che provocò la fuga di molti di loro nella riva opposta.

Nella parte francese, la situazione era assai diversa. Furono ribaditi i principi della Rivoluzione: tutti i cittadini erano uguali e godevano degli stessi diritti e doveri; per la prima volta, anche gli ebrei furono considerati cittadini come gli altri ed il ghetto venne aperto; fu proclamata la libertà delle professioni e dei mestieri; si abolirono i privilegi, i titoli nobiliari e le funzioni religiose.

Ma, i francesi ripresero a profanare i luoghi sacri e, poco prima di lasciare la zona collinare a sinistra Adige, che avevano temporaneamente occupata, compirono un’ulteriore sfregio al patrimonio architettonico di Verona, demolendo i castelli viscontei di S. Felice e gran parte di quello sul colle San Pietro, oltre ad abbattere gli edifici interni, compresa la chiesa e il mastio. Nella parte occupata da loro, a destra fiume, smantellarono i bastioni delle mura sanmicheliane, ad eccezione di quelli di “Spagna” e di “S.Francesco”; capitozzarono le torri di Castelvecchio; distrussero il torrione che chiudeva il ponte scaligero ed eliminarono tutte le testimonianze veneziane. I francesi chiamarono, dispregiativamente, Veronetta la parte governata dagli austriaci.

Le conseguenze sociali, economiche e giurisdizionali di quella divisione, procurarono non pochi disagi ai veronesi che, per attraversare l’Adige, avevano gli stessi obblighi di un passaggio di confine tra stati.

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