Referendum, si inizia con la libertà di voto; si finisce con un governo nuovo

(di Gianni Di Paoli) Questo i partiti non l’avevano previsto: al referendum gli elettori voteranno come vogliono loro. In un primo tempo sembrava tutto scontato, che il referendum confermasse quando deciso nelle segreterie di partito. E che cosa avevano deciso le segreterie di partito? Di appecoronarsi ai grillini nella battaglia demagogica contro la democrazia rappresentativa che voleva tagliare 345 parlamentari. “Ci conviene adattarsi ai cinquestelle – avevano pensato i capipartito- sennò perdiamo un sacco di voti“, dando per assodato che l’antipolitica aveva già vinto la partita.

E avevano dato l’ordine ai deputati e ai senatori: bisogna votare sì. E questi, pur sapendo che quel voto avrebbe potuto segnare la loro fine – un parlamentare su tre sarebbe rimasto a casa –  avevano obbedito per paura della non-ricandidatura. Così è passata una delle leggi più idiote che il Parlamento abbia mai votato.

Ma non sempre le ciambelle riescono col buco. A venti giorni dal referendum il risultato non è più così scontato. La gente comincia a farsi delle domande: ma come, tanto rumore per nulla? Una riforma costituzionale con tanto di referendum confermativo per risparmiare un caffè? Non è che c’è sotto qualcosa? Qualcosa che non ci vogliono dire? Qualcosa di inconfessabile, come il motivo per cui da dieci anni l’Italia ha un governo non eletto dal popolo? Non è che quella del risparmio è una scusa per far passare una legge che poi ci viene dritta nel culo?

E si comincia a sentire sempre di più che qualcuno voterà NO. Uno in più ogni giorno, tanto che i partiti ci stanno ripensando, fanno dei distinguo… la situazione è cambiata… lasciamo libertà di voto.  Trema Conte, tremano i cinquestelle. Se dovesse esserci il miracolo, se vincesse il NO, sarebbe come tirare lo sciacquone del water: Grillo, Casaleggio e i loro tirapiedi scomparirebbero nel gorgo, oltre il sifone.

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