Ripristinare l’immunità parlamentare per il buon funzionamento della democrazia

Michele Vietti, già sottosegretario alla Giustizia del governo Berlusconi, parlando a Stresa al Forum della Fondazione Iniziativa Europa, ha lanciato l’idea di ripristinare l’immunità parlamentare. Secondo lui «in un contesto di giurisdizione pervasiva, dove c’è l’obbligatorietà dell’azione penale e dove il pm interviene in settori amplissimi in cui lo spazio di interpretazione è enorme, il margine di discrezionalità di chi esercita l’azione penale è molto elevato. Intanto indago e poi vediamo. Abbattere quella recinzione ha determinato le invasioni di campo della magistratura di cui siamo stati spettatori in questi 30 anni.»

L’immunità parlamentare era stata abolita sull’ondata emotiva seguita a tangentopoli, dietro la spinta dell’indignazione popolare per le ruberie emerse a carico di certi politici e del sistema di finanziamento illecito dei partiti. Credendo di fare opera di giustizia, rendendo i parlamentari eguali a tutti gli altri cittadini, venne eliminato quel confine che i padri costituenti avevano eretto per garantire la separazione dei poteri, su cui si regge la democrazia rappresentativa.

Da allora il potere giudiziario iniziò a sconfinare, invadendo quello legislativo ed esecutivo. Di esempi ce ne sono stati a bizzeffe. Uno per tutti: Berlusconi. Ma la demagogia, figlia di tangentopoli, imperversava. Nonostante fosse evidente lo squilibrio fra i poteri dello Stato si assisteva a continue incursioni politiche di certi magistrati sul Parlamento e sul Governo senza che  nessuno s’azzardasse a chiedere il ripristino dell’immunità parlamentare. Bene ha fatto Vietti a lanciare l’idea che ora dev’essere raccolta dalla politica. Si tratta di ripristinare un istituto a tutela non tanto dei singoli membri del Parlamento, ma del Parlamento stesso, per il buon funzionamento della democrazia. La fase della demagogia è conclusa. La fine del grillismo è il certificato di morte. Con l’immunità parlamentare vanno anche ripristinate le preferenze nel sistema elettorale. Così com’è adesso deputati e senatori più che eletti sono di fatto nominati dai capi partito. E questo espropria gli elettori del diritto di scegliersi i propri rappresentanti, svuotando di fatto la democrazia.

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