Sboarina col cerino in mano deve decidere cosa fare da grande

Tanto tuonò che piovve. E’ ormai da qualche settimana che gira la voce che il sindaco Sboarina entra in Fratelli d’Italia. Il 17% del partito ottenuto in città e il successo di Polato, di “Battiti” come lui, l’hanno spinto ad accingersi a fare il passo che da tempo meditava: entrare in FdI per essere ricandidato dalla Meloni nel 2022. 

Niente di strano. Il “Fede” viene da Alleanza Nazionale, corrente Giorgetti. FdI è la naturale prosecuzione di quel partito. L’area dunque è la stessa: la destra. Nel suo ragionamento c’è quindi anche una certa coerenza oltre al calcolo. Sboarina, che proprio di primo pelo non è, ha percepito che non sono più le liste civiche a condurre le danze. Saranno i partiti. Nella fattispecie saranno Lega e FdI a stabilire se sarà ricandidato. E siccome Verona è una delle più importanti città che nel 2022 andrà al voto, a decidere sarà un tavolo nazionale. Ecco allora la necessità di avere un partito alle spalle. Ben difficilmente la Meloni rinuncerebbe a un sindaco uscente del suo partito. E così la Lega sarebbe rimasta tagliata fuori senza troppa fatica.

Tutto il ragionamento sarebbe filato liscio come l’olio se, non il diavolo, ma Paternoster, non quello che è nei cieli, ma quello che è alla Camera, c’avesse messo la coda. Parlando per la Lega, di cui è esponente qualificato, il “Pater” dice senza peli sulla lingua che se Sboarina entra in Fratelli d’Italia salta il patto fondativo della coalizione: un conto è appoggiare un “civico”, un sindaco super partes che rappresenta tutti, un altro è avere il sindaco di un partito. Questo non era nei patti. E la Lega potrebbe trarre le conseguenze. Che in altri termini significa togliergli l’appoggio dei suoi 8 consiglieri. C’era da aspettarselo. Ora il cerino è in mano a Sboarina.

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