“I cristiani sono circa 10mila, divisi in tante comunità e questa frammentazione rende sempre più difficile difendere il carattere cristiano della città. – ha spiegato – In Israele il cristiano ha seri problemi di identità. Non c’è un problema sociale o economico, ma il vero problema per un cristiano è quello di essere cittadino israeliano ma non ebreo, di essere arabo ma non musulmano. E’ quindi una minoranza dentro una minoranza. Non ci sono dal punto di vista della legge delle discriminazioni, ci sono però di fatto delle disuguaglianze di trattamento che colpiscono in modo particolare la minoranza cristiana, non perché la legge lo preveda, ma perché di fatto nella vita sociale una minoranza non è visibile e spesso non è presa spesso in considerazione. Naturalmente c’è poi anche il problema politico: che rapporto devono avere le minoranze con uno Stato che si definisce ebraico? Questo è un aspetto. Assieme a esso, c’è il rapporto sempre difficile tra ebraismo e cristianesimo che influisce.”
Il presidente della Fondazione Sant’Adalberto e coordinatore dell’incontro Carlo Bortolozzo ha poi chiesto al Custode di Terrasanta quale sia dai luoghi santi la percezione della situazione mediorientale, sempre a rischio di deflagrare tra guerre e violenze che non conoscono tregua e si espandono su diversi fronti, com’è successo in Egitto e in Siria. “Gli appelli di pace del Papa sono stati accolti con gioia non solo dai cristiani ma anche dai musulmani dei Paesi travolti dalla guerra. – sottolinea padre Pizzaballa – Soprattutto le persone che lavorano nel territorio, che ancora credono e sono convinte, per esperienza, che si vive insieme e che si deve vivere insieme, non perdano la speranza nella preghiera comune, di trovare la forza per continuare, nonostante tutto, a stare insieme e a dare testimonianza di comune umanità. Di fronte ai conflitti che insanguinano l’intera area – prosegue – quello che sentiamo è tanta paura, tanta desolazione da parte della gente, ma anche rabbia. Molto spesso, quando si parla di Medio Oriente, si usa la religione in maniera strumentale; in realtà, sono lotte di potere tra fazioni, tra Paesi stranieri che vogliono avere il controllo. né l’islam né il cristianesimo stanno alimentando queste guerre».
Il custode francescano di Terra Santa, crede fermamente al proseguimento della convivenza tra fedi e culture diverse. «Abbiamo visto chiese distrutte anche in Egitto, oltre che in Siria; situazioni oggettivamente problematiche e difficili ma non dobbiamo fermarci a questo – afferma -. Sono molti di più gli esempi di collaborazione e di aiuto e di convivenza storica, tradizionale tra le due comunità, che deve continuare e deve prevalere». Infine, di fronte alla domanda sul significato dei pellegrinaggi in Terra Santa, Padre Pizzaballa ha affermato che: “Abitare i Luoghi Santi è un dovere prima ancora che un diritto di ogni cristiano e ciascuno però con modalità diverse. La Chiesa universale deve abitare quei luoghi e sentirli col pellegrinaggio venendo in Terra Santa; la comunità cristiana, vivendo in quei luoghi facendo memoria dei luoghi dove Gesù è nato, morto e risorto, vivendo e pregando. Si tratta di vivere in quei luoghi abitando la città, abitando gli spazi, portando il proprio contributo come cristiani. Quindi la nostra vocazione come cristiani è proprio quella di alzare lo sguardo. Noi non vogliamo essere testimoni del sepolcro vuoto di Cristo, il messaggio cristiano non è un ripiegarsi devozionista sul Santo Sepolcro ma è uno slancio di speranza perché Cristo è risorto e il nostro contributo deve essere questo. Ci sono problemi, ci sono conflitti, ci sono incomprensioni, ci sono oppressioni ma noi non ci pieghiamo guardiamo avanti, perché Cristo ha detto il mondo e noi ne siamo testimoni.”





