Verona è l’ultima città in Veneto per quantità di alberi. E nessuno intende cambiare questo disastro

(di Giorgio Massignan- Verona Polis) Da circa 15 anni, nella nostra città sono stati abbattuti centinaia e centinaia di alberi: alla Passalacqua, per fare posto alle costruzioni edilizie che hanno interrotto la continuità del contesto in cui è inserita la provianda di Santa Marta;  al Borgo degli Ulivi a Quinzano, per la realizzazione di un complesso di abitazioni, mai ultimato e con irrisolte difficoltà di accesso carrabile; nei Lungadige, anche durante i periodi di nidificazione, distruggendo siti naturalisticamente importanti; indiscriminatamente in tutte le zone della città, per permettere il transito della filovia, progetto assurdo, ora bloccato, ma che ha causato un vero e proprio disastro paesaggistico; davanti al prospetto  di Castelvecchio che si affaccia sull’Adige, dove i pioppi cipressini sono stati sostituiti da una colata di cemento; davanti alla caserma di Castel San Pietro sono stati abbattuti i cipressi monumentali; in Borgo Milano sono stati tagliati gli olmi; in Borgo Trento i lecci; alle ex Cartiere Verona, un bosco di pioppi, vecchio di oltre 30 anni, rinaturalizzato e quindi protetto dalle leggi regionali, è stato sacrificato per fare posto ad una torre, mai realizzata.

Probabilmente, a questo triste elenco, mancano altri esempi ed in futuro, se non cambierà la mentalità, avremo altri scempi e nuovi tagli di piante.  Comunque, il concetto è molto chiaro: coloro che hanno amministrato Verona, che si trova al 29° posto nazionale per la quantità di alberi e all’ultimo nel Veneto, hanno dimostrato una scarsa sensibilità per la manutenzione e conservazione del patrimonio arboreo cittadino. Le giustificazioni, tranne gli abbattimenti per far posto alla filovia, sono sempre le stessi: alberi pericolosi o alberi ammalati e irrecuperabili. Ma le piante si possono curare e soprattutto conservare in salute con una buona manutenzione, che  probabilmente non è stata praticata quasi mai. E’ sufficiente ricordare le oscene capitozzature che hanno subito i nostri alberi urbani.

Detto questo, ritengo giusto sottolineare come, la strage di un numero così elevato di alberi, sia dovuta anche ad una mancata pianificazione del territorio. Mancanza, probabilmente voluta da alcune Amministrazioni Pubbliche, per evitare di porre troppi vincoli agli operatori privati che intendevano investire sul consumo del suolo.

In particolare, da decenni si parla di realizzare: a) il parco delle mura; il parco della collina; la fascia verde di collegamento dei forti extra moenia, da cui dovrebbero partire i “raggi” verdi per raggiungere i parchi delle mura, dell’Adige, e della collina;  b) il parco al bastione delle Maddalene, che avrebbe dovuto essere finanziato dai privati che hanno costruito gli edifici accanto a Santa Marta. Ma non si è ancora fatto nulla.

Infine il caso del progetto del cosiddetto Central park allo scalo merci della ferrovia. La  destinazione di quell’area a parco urbano ha vari scopi: ricucire la ZAI con la zona Stadio, la Spianà e Borgo Milano; dotare la città di un’ampia zona alberata con i relativi benefici climatici e dotare di verde un contesto che ne risulta privo. Comprendo anche le necessità finanziarie che, probabilmente, obbligheranno la Pubblica Amministrazione a rendere edificabile una parte  marginale di quella zona. Ma, osservato il progetto, ho notato la carenza di area piantumate e l’eccessiva presenza di campi sportivi attrezzati. Verona ha bisogno di alberi, di ampie estensione piantumate, le aree sportive sarebbe opportuno localizzarle dove la pianificazione urbanistica lo prevede: alla Spianà.

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