VeronaFiere, ora l’aumento di capitale senza più tentennamenti

(B.G.) Operazione  “trasparenza” di VeronaFiere per mettere più di un punto fermo alla vigilia della ripresa della stagione autunnale chiamata a scalare una vera  montagna, dato che parte – oggi – da una riduzione del fatturato del 70%. E per dire agli azionisti ed alla politica alcune cose molto chiare: Giovanni Mantovani, l’attuale DG non è in discussione, è e resterà al suo posto godendo della fiducia degli azionisti e del CDA (impossibile, del resto, trovare un manager di così grande esperienza nel settore); l’aumento di capitale da 30 milioni di euro va fatto e senza più tentennamenti. Quei soldi sono necessari e se a gennaio dovevano servire come base per l’espansione oggi servono a garantire i finanziamenti-ponte delle banche e di Cassa Depositi e Prestiti; possiamo parlare di polo veneto, di polo nazionale, di mega-accordi, ma oggi è carta contro carta, non ci sono soldi in giro e quindi sono tutte chiacchiere, meglio la strategia di lavorare sui prodotti con più realtà, alleanze à-la-carte, flessibili, senza troppe immobilizzazioni finanziarie e che non toccano la proprietà scaligera. E ancora: il Governo ha messo a rischio il sistema fieristico nazionale e sta consegnando le chiavi del nostro export ai grandi colossi tedeschi e francesi, se non cambia atteggiamento a breve ci attendono tempi grami e le imprese verranno schiacciate. Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia attraverso i loro governatori avevano chiesto a Giuseppe Conte 600 milioni a fondo perduto per salvare il settore (fatturato plurimiliardario, decine di migliaia di imprese coinvolte, centinaia di migliaia di addetti, la larga parte del nostro export veicolato in migliaia di eventi in Italia e nel mondo). Nessuno ha risposto, salvo 63 milioni  a fondo perduto (e ancora non si sa chi e come ne beneficerà) e altri 20 milioni ritagliati nel decreto-agosto dal sostegno al settore librario. 600 milioni sono tanti, ma sono meno di quello che il governo britannico e i Laender tedeschi hanno depositato nelle casse delle fiere nazionali.

In più c’è l’incognita del bilancio: il Governo deve ancora dare indicazione alle imprese su come elaborare il rendiconto annuale che registrerà per il 90% delle società italiane perdite così rilevanti da azzerare il capitale esistente ed imporre una ricapitalizzazione. Un’autostrada verso il fallimento di migliaia di realtà produttive.

Aumento di capitale. A fine ottobre, come già detto qui da L’Adige, sarà pronta la nuova due diligence che dovrà stabilire il valore attuale di VeronaFiere post Covid-19; in pratica, settimane buttate via quando bastava probabilmente fare l’aumento a valori di patrimonio. Ma così ha voluto l’azionista di maggioranza e così si è fatto. Il punto è che i soldi dell’aumento servivano mesi fa. Si è tenuta la fiera in linea di galleggiamento grazie ai 40 milioni di prestiti arrivati da banche e CDP e con il taglio sistematico dei costi: meno 41%, di cui la metà in spese del personale, con un risparmio di 35 milioni€.  Cassintegrazione a go-go, ferie anticipate…Tagliati i service legati alle fiere non disputate (e questo è logico), ma tagliati anche i costi per il management e la gestione ed i compensi del CDA.

Come si esce dalla crisi? La luce in fondo al tunnel è datata 2022; quest’anno un mix di fiere in presenza e fiere digitali dovrebbe garantire di restare sul mercato (il resto del mondo è ancora fermo) e di preservare il peso scaligero; nel 2021 si dovrà ripartire in presenza il più possibile anche perché il digitale è bello, ma non garantisce i ricavi della presenza. Specie in città.

Risiko delle fiere. In senso letterale, giochiamo al risiko e al posto dei carriarmatini ci mettiamo le fiere italiane. Ma, al momento, – hanno sottolineato Maurizio Danese e Giovanni Mantovani – free cash non ce n’è. I soldi servono per i costi correnti. Quindi, tutti parlano con tutti; tutti sono disposti a tutto. Il timore è che un settore che quest’anno perde 800 milioni di fatturato complessivo diventi una bella e facile preda: chi arriverà con più euro? Le fiere tedesche, quelle francesi? Unica certezza: Padova l’ha sparata grossa, ha chiesto un mucchio di quattrini a Verona che è uscita dalla trattativa che aveva avviato. O Padova abbassa le sue pretese, oppure non sarà Verona a fare il deal. E nel dirlo, il presidente Danese non aveva gli occhi lucidi per il dispiacere…

Polo veneto a guida Verona? E’ già nella realtà dei fatti, ma l’apertura del governatore Zaia lascia intendere che la Regione è disponibile ad intervenire nel capitale usando la Veneto Sviluppo. «Intendiamoci – sottolinea il ticket scaligero – l’aumento di capitale lo intendiamo tutto sottoscritto, tutti e trenta i milioni. Non ci attendiamo dell’inoptato. Quindi l’eventuale ingresso di Veneto Sviluppo, o di altri investitori istituzionali, dovrà avvenire attraverso una nuova procedura, una volta completato questo aumento».

Quotazione. Era prevista nel 2021 come ulteriore leva di crescita; ora se ne riparlerà nel 2022 e già il parlarne vorrà dire che saremo tutti usciti dall’incubo del Covid. Per cui, scaramanticamente, l’argomento viene aggiornato a tempi migliori, ma l’urgenza del sistema fieristico – troppi soggetti, troppe fiere similari, collaborazione limitata, dimensioni inferiori ai competitor – impone un riassetto in tempi brevi. Se ne riparlerà col governo – Danese è anche il nuovo presidente di tutte le fiere italiane – che manderà il 30 settembre a Verona il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano: con tutto il rispetto, visti i numeri e la posta in gioco, magari era meglio un ministro con portafoglio…se questa è l’apertura di Giuseppi stiamo freschi

La ripartenza d’autunno. Si ricomincia  dal vino e dai cavalli, da Marmomacc, da diversi prodotti di pregio, alcuni tutti digitali, altri con una presenza anche fisica. VeronaFiere apre anche alla possibilità per gli espositori di vendere in loco il prodotto e rientrare così dalle spese… tutto, compresa un’ App per  il controllo in tempo reale degli affollamenti, per rivedere in funzione il quartiere fieristico. Ci eravamo illusi che con l’estate il peggio fosse passato; non sarà così per l’economia reale. VeronaFiere chiede al sistema Verona di “fare quadrato”: mai come oggi la situazione è grave e la soluzione è lontana dalle tradizionali leve.

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