Villa Pullè, dopo sessant’anni è urgente trovare una vera soluzione. E ricompensare la nostra comunità

(di Giuseppe Braga *) Nella ex proprieta’ dell’INPS di Chievo- Verona, meglio conosciuta come la “Villa Pullè'”, ovvero di ciò che ne rimane, sono in fase di progettazione degli interventi miranti al recupero degli edifici, per realizzare all’interno dei suoi ampi spazi delle opportunità residenziali destinate ad una popolazione anziana ed autosufficiente, unitamente ai necessari servizi, da ricavare negli ampi spazi offerti da questa ex nobile residenza.    

Ciò è stato illustrato il pomeriggio dell’8 ottobre 2021 presso il “Parco 800”, sito nelle vicinanze della Villa, in un incontro al quale erano presenti il Vice Sindaco e l’Assessore alle materie Urbanistiche del Comune di Verona.   L’iniziativa era stata promossa e gestita dai professionisti incaricati dalla INVIMIT SPA – SGR, (Investimenti Immobiliari Italiani), Societa’ partecipata e controllata al 100% dalla Cassa Depositi e Prestiti, di proprietà del Ministero della Economia e Finanze, alla quale L’INPS aveva trasferito nel recente passato l’intero compendio immobiliare, per un suo possibile recupero.    

E’ da ritenere che questa scelta dell’Istituto di Previdenza, possa essere stato anche il frutto delle tante sollecitazioni esercitate nel corso degli anni, da parte di Enti, Associazioni, Organizzazioni Sindacali, ed altri ancora, per porre fine al colpevole stato di abbandono e degrado di questo patrimonio, che dura ormai da oltre mezzo secolo.    Sono trascorsi infatti circa sessant’anni, da quando il vecchio Sanatorio di Chievo-Verona, e con esso le diverse strutture facenti parte di quella ex residenza sanitaria, vennero dismesse, e con esse tutto ciò che costituiva l’insieme di un immenso patrimonio immobiliare ed ex luogo di cura. Patrimonio risalente al 1 aprile 1919, quando lo stesso venne ceduto dagli ultimi proprietari privati, discendenti dalle famiglie dei nobili Miniscalchi-Erizzo al “Consiglio Ospitaliero di Verona”.   Quella cessione fu concessa al costo simbolico di 250.000 lire di quell’epoca, affinché l’insieme delle strutture venissero trasformate in luogo idoneo per l’assistenza e la cura degli ammalati di tubercolosi: malattia che in quei tempi era molto diffusa a Verona ed altrove.  Nel 1932 gli “Istituti Ospitalieri”, nel frattempo subentrati alla precedente gestione nelle cure della TBC, cioè al “Consiglio Ospitaliero”, effettuarono la donazione di questa struttura sanitaria, compreso la Villa, alla “Cassa di Previdenza”, e venne trasformata in tal modo nella prima vera e propria sede del Sanatorio di Verona. 

Dall’inizio degli anni 1960 il Sanatorio, anche a seguito del superamento della pandemia tubercolare, cessò la propria attività di ricovero e cura, e quel vasto complesso ritornò nella disponibilità, della Cassa di Previdenza, e quindi dell’INPS.   Il Comune di Verona pretese negli anni successivi di diventare proprietario dell’intero compendio, ma l’INPS si oppose fermamente, e dopo diverse azioni legali e gradi di giudizio durati oltre un decennio, la Corte Suprema di Cassazione, il 14 ottobre 1992 ha pronunciato con una sentenza, la numero 11217 le sue conclusioni, riconoscendo come unico legittimo proprietario l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.

Dall’inizio degli anni 1960, quindi, tutte quelle strutture dismesse non furono più utilizzate. E credo si possa pertanto far risalire a quei tempi l’inizio dello stato di abbandono da parte dell’Istituto e della sua doverosa diligente custodia della proprietà, e di quanto in essa vi era contenuto e conservato. Negli anni successivi fecero seguito  l’incuria ed il progressivo degrado, i furti ed indebite appropriazioni da parte di estranei, di arredi, di beni ed opere custoditi nelle diverse parti e pertinenze  della proprietà. E tutto questo risulta ben documentato da una pubblicazione realizzata dal “Gruppo Aktiva 83”, formato dagli allievi del I°,2°,3°4° anno di scultura della Accademia di Belle Arti G.B. Cignaroli di Verona, con i loro insegnanti, che ricostruirono la storia della Villa, offrendo con essa le notevoli testimonianze delle ricchezze artistiche e materiali, nonché’ il loro stato di  conservazione dell’insieme delle strutture. ( A pagina 69 di questa pubblicazione c’e’ persino un capitolo di alcune pagine, dal titolo… “Le Opere Scomparse”!).

Più volte la sede dell’INPS di Verona denunciò alla Direzione centrale dell’Istituto di Previdenza questi fatti. Essi risultano persino documentati, in particolare, con un circostanziato Ordine del giorno del Comitato Provinciale dell’Istituto, approvato alla unanimità, in data 21 marzo 1974, (allora presieduto da Fabio Tonolli, già dirigente della CISL Veronese), e trasmesso alla Direzione Nazionale dell’Istituto di Roma.
La consistenza dell’intero compendio immobiliare venne più avanti nel tempo riassunta da una perizia redatta a cura del “Ramo Tecnico Edilizio – Settore 1°- dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale” in data 18 gennaio 1988 (tecnico incaricato Geom. A. Buonomo).

Al solo scopo di ricostruire – seppur sommariamente – la storia di questa immensa proprietà, ed anche e soprattutto al fine di comprenderne l’enorme valore storico, artistico e patrimoniale acquisito nel corso di oltre tre secoli, ricordo brevemente che l’inizio della sua edificazione risale al 1681, ad opera di un ricco possidente locale: Giacomo Fattori. Negli anni e secoli a seguire la proprietà passò ad altri nobili e possidenti, fra i quali i Pellegrini, i Marioni, i Turati. Nel 1873 la proprietà venne acquistata dal nobile Leopoldo Pullè, di origini trentine ma nato a Verona il 17 aprile 1831. Pullè fu Senatore del Regno e prese parte alle battaglie risorgimentali dal 1848 al 1866. Fu un grande letterato, giornalista, critico e collezionista di opere d’arte, ed anche commediografo. Pullè verso la fine del XVIII° secolo trasferì questa proprietà ai nobili conti Miniscalchi Erizzo, compreso le numerosissime collezioni d’arte, la biblioteca con i diversi testi antichi e di materie scientifiche, le sculture che abbellivano gli interni della villa e numerose statue e fregi nobiliari che adornavano i vari edifici, i viali ed il parco, nonché i confini delle sue proprietà.   

Come prima ricordato i nobili  Miniscalchi Erizzo cedettero questa loro proprietà il giorno 1 aprile del 1919 al “Consiglio Ospitaliero” di Verona. La illustrazione dei progetti di massima per il recupero di Villa Pullè, presentati in occasione dell’incontro dell’8 ottobre scorso da parte dei tecnici dalla INVIMIT SPA- SGR, sono risultati in questa fase puramente teorici e limitati, verso orientamenti di massima, e che dovranno in ogni caso essere sottoposti al vaglio dei preposti Uffici Comunali di Verona per la loro approvazione prima dell’inizio dei lavori.

Oltre a quanto prima rilevato in ordine ai progetti di recupero della struttura, con questa nota si intende richiamare,  inoltre, la doverosa ed altrettanto necessaria attenzione a quanto dispone la legge 1 giugno 1939 N. 1089, relativa alla tutela delle cose ed edifici di interesse artistico e storico. E questo potrebbe costituire possibili ed ulteriori problemi circa i tempi necessari, per ottenere il rilascio delle necessarie autorizzazioni per gli interventi di recupero di Villa Pullè.  I danni materiali conseguenti all’abbandono dell’intera struttura, credo risulteranno incalcolabili. E considerato lo stato attuale delle strutture, in particolare del corpo centrale e la facciata della Villa nel frattempo collassate, con la rovinosa ed irreparabile cancellazione degli affreschi e dei fregi ornamentali, questi  risulteranno senz’altro dell’ordine di alcuni milioni di euro.   

Oltre ai danni materiali vanno considerati pure i costi reali sopportati dall’Istituto durante questi sessant’anni di mancato utilizzo delle strutture, in termini di oneri fiscali, costi di conservazione e coperture assicurative.   

Ci sarebbero poi i costi morali che sono stati sopportati e patiti nel corso degli anni dalla popolazione locale e dalla comunità veronese, per i quali, con la presente cronistoria propongo che vengano risarciti da parte dell’Istituto di Previdenza mediante atti concreti, e fra i quali: il conferimento a titolo gratuito, al Sistema Museale del Comune di Verona, mediante donazione, delle sculture e dei reperti ed opere d’arte recuperabili, parte delle quali vennero depositate e ricoverate negli anni dal 1980 presso alcuni depositi e sedi della locale Sovrintedenza; la donazione alle Associazioni presenti nella comunità di Chievo di eventuali strutture rurali non rientranti fra i progetti di recupero dell’ex Sanatorio, e delle aree che furono di sua pertinenza; il conferimento alla Azienda Gestione Edifici Comunali, l’AGEC di Verona, attraverso il Comune di Verona stesso,  mediante donazione, dell’Azienda Agraria numero 2, cosi come e’ stata identificata nella planimetria allegata alla perizia del 18 gennaio 1988, affinché possano ricavarsi nella stessa, delle opportunità residenziali compatibili con la destinazione urbanistica vigente ed anche in relazione alla variante 29 del Piano Regolatore del Comune di Verona.   

Ritengo di aver riassunto con la presente nota le vicende di questa struttura, appartenuta all’INPS, e quindi ad un Ente dello Stato, forse in modo incompleto: soprattutto rispetto alle responsabilità dei gruppi dirigenti che avrebbero dovuto esercitare la dovuta necessaria tutela, e non lo ha fatto con la dovuta diligenza.  Resto in ogni caso nella fiduciosa attesa che possa prevalere la volontà per il suo recupero, per finalità di pubblica utilità e per il bene comune.

(* gia dirigente CISL ed ex componente del Comitato INPS di Verona, dal 1980 – 1998)

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