Welponer: dalle Regionali un brusco risveglio per la sinistra di Valdonega che è riuscita a perdere Borgo Roma

(b.g.) «Il voto di domenica? Sarà un brusco risveglio per le sinistre dei quartieri alti.  E se finisce 5 a 1, ovvero se cade anche la Toscana, sarà davvero l’inizio del redde rationem . Ma non è una novità. Almeno, non per me. Sono anni che la sinistra ha abbandonato il suo mondo: oggi i nodi vengono al pettine». Nadir Welponer è stato una delle anime della sinistra veronese. Operaio alla Biasi, sindacalista in Cgil, uomo-scorta di Enrico Berlinguer quando saliva nel Veneto, ha attraversato la politica veneta senza farsi problemi se le alterne fortune lo riportavano nel mondo del lavoro vero, quello in cui ci si sporcano le mani e si arriva a sera sfiniti. La politica gli scorre nel sangue e non rinuncia a commentare per L’Adige anche questa tornata elettorale.

Non si stupisce per un “4 a 2” o un “5 a 1”?

«E’ evidente: negli ultimi anni la sinistra ha dimenticato il mondo del lavoro, non si è accorta nemmeno che ha gettato milioni di lavoratori nei guasti di una globalizzazione senza regole, senza pensare che così facendo avrebbe scatenato una guerra fra poveri devastante. Ha preferito occuparsi di temi più chic – i diritti civili delle minoranze, la difesa dei diversi orientamenti sessuali : tutte cose lodevoli, per carità– , ma non della condizione economica delle famiglie, delle persone. Quando uno perde il lavoro gliene frega assai delle scelte sessuali delle altre persone. Come può sentirsi chi ha fatto anni di sacrifici per veder laureare il proprio figlio e poi questo non trova lavoro, oppure deve emigrare a Londra a fare il barista? Hanno alimentato un rancore profondo nel popolo e questo rancore si trasforma in assenteismo, in rifiuto del voto, oppure in appoggio alle tesi sovraniste. Quelle che gli danno l’illusione di proteggerlo, almeno un po’. Il nostro popolo chiedeva protezione. L’ha ricevuta? Non mi pare. Questa sinistra ha conquistato Valdonega, ma ha perso Borgo Roma. E quel che è peggio, non vedo un partito, un’organizzazione, un qualcosa che riprenda i fili di questo rapporto interrotto e lo ricomponga…»

Il lavoro è in effetti una tematica assente in questa campagna elettorale…

«Sì, nessuno si è scomposto quando è uscito il dato dei 12mila ragazzi veneti che lasciano la nostra regione per andare a lavorare all’estero. Una cosa gravissima: stiamo perdendo un’intera generazione dopo aver investito per formarla. Certamente, il tema del lavoro è un problema globale che riguarda i sistemi nazionali, ma anche a livello locale non vedo questo gran impegno. Mancano migliaia di saldatori in Veneto, migliaia di elettromeccanici. Le industrie non possono crescere per mancanza di tecnici qualificati. Così non c’è futuro, diciamocelo chiaramente».

Questi lavori forse non interessano…

«O molto più probabilmente sono pagati male. Il tema della scarsa remunerazione del lavoro è importante, in Italia ci sono paghe troppo basse e bisogna agire in fretta su questo. E’ un problema che investe il ceto medio, ma anche professionisti e laureati».

Si è preferito investire nel reddito di cittadinanza, una cosa diversa…

«Guardi, io non sono contrario a uno strumento come questo. Davanti a centinaia di migliaia di persone che perdono o non trovano un lavoro, un reddito di sostegno ci vuole. E deve fornire più denari di quei 700 euro che non risolvono il problema del fine mese. Ovviamente, non li darei così: costringerei i percettori a lavorare per la collettività ed a seguire corsi di formazione nelle imprese per imparare nuovi mestieri. Allora non sarebbe un’elemosina fine a sé stessa, ma un investimento sul riscatto delle persone e quindi sul futuro di tutti noi».

Cito un altro grande assente, il movimento delle Sardine.

«Non possiamo chiedere alle Sardine di dare alla sinistra quella cornice ideologica che ha abbandonato e perduto negli ultimi anni. Le Sardine sono nate per portare linfa nuova alle Regionali dell’Emilia Romagna che il centrosinistra ha vinto risicatamente. Hanno portato un certo entusiasmo, ma quello che la sinistra oggi non ha – contrariamente alla destra – è un riferimento ideologico. Non abbiamo un partito, ma soltanto dei comitati elettorali. Abbiamo figure politiche leggere che durano una stagione e poi scompaiono nelle seconde linee, dal consenso effimero. Una sinistra così liquida che battaglie può fare? Non riesce neppure ad avvicinare il cuore della gente. E’ chiaro che davanti ad un avversario così, Zaia stravince . E, attenzione: Zaia non è stato quel grande governatore che si dice, ma soltanto un abile politico che ha saputo gestire i problemi di una regione ricca. Se poi davanti ai possibili numeri della sua rielezione, la sinistra urla al fascismo ecco che Zaia ha la strada spianata. Ma non è un problema di fascismo, ma di vuoto di identità».

Cosa si sarebbe potuto fare per invertire la rotta?

«Bisognava avere il coraggio di puntare su quattro, cinque temi e combattere a viso aperto una battaglia di contenuti, anche dura nel caso. Non serve il no a tutto, serve agire su alcune scelte. Una a caso? Sa quanto costa la Pedemontana?

Veramente no…

«Costa tanto, troppo. Magari non farà la fine della lombarda Brebemi, ma è stato un salasso di sangue. Ecco una sinistra avrebbe potuto contestare quella spesa proponendo soluzioni alternative, un modo diverso più vicino ai bisogni delle persone per spendere quei denari. Che so: investimenti per la crescita, un piano per la costruzione di centinaia di asili nido nel Veneto per combattere quel numero scandalosamente basso di donne al lavoro che registriamo. E’ un esempio, uno dei tanti possibili. Invece si preferisce contestare tutto… Contesto tutto e quindi non contesto niente. Vale anche per Verona: oggi siamo contro un ipermercato, domani abbiamo gli alberi da salvare, dopodomani un’altra cosa…senza mettere radici, liquidi, appunto».

Welponer, lei è stato anche consigliere regionale. Negli Anni Novanta Verona contava poco, oggi meno di niente. Diciamocelo, è un po’ colpa nostra..

«Galan e Zaia hanno sempre investito sul triangolo Padova-Venezia-Treviso. Verona poteva giocare la carta della sua funzione cerniera creandosi una propria  dimensione a Ovest. Piano piano abbiamo smesso di pensarci, piano piano abbiamo perso i nostri riferimenti finanziari, piano piano non ne abbiamo parlato più e tutto è andato di conseguenza. Agsm, aeroporto…certe situazioni non nascono dall’oggi al domani. Da tempo abbiamo smesso di immaginare il nostro futuro. Ci siamo condannati noi ad un ruolo marginale».

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