Zavarise (Lega): non abbandoneremo Fiera e Catullo. Nel ’22? il Centrodestra sarà unito, sbagliato escludere Forza Italia

Campanella dell’ultimo giro per la giunta Sboarina e Nicolò Zavarise, assessore ma soprattutto coordinatore provinciale della Lega, fissa l’agenda per gli ultimi dodici mesi di lavoro prima della corsa elettorale: «Diciamo che il tempo dei “tagliandi” è finito e che bisogna andare a chiudere su più questioni, cercando di mettere in sicurezza la ripartenza di Verona. Quindi, l’impegno di tutti deve convergere prima sulle necessità dei veronesi e poi sulle aspettative personali e di partito. E questo vale per tutti. La pandemia ha cambiato le priorità  anche di questa Giunta: Verona che sembrava inattaccabile ha mostrato fragilità preoccupanti. I punti di forza del passato sono oggi le aree più critiche: o agiamo subito o la situazione diventerà ancora più difficile».

Partiamo dalla ripartenza: difficile farla senza aeroporto e senza fiera

«Vero. Ma su questo voglio essere chiaro: Verona non può permettersi di perdere nessuno dei suoi asset strategici. E’ valso per Agsm, varrà anche per aeroporto, Fondazione Arena e fiera. Va bene discutere per un po’, ma poi bisogna fare sintesi e trovare quella soluzione che mantenga il patrimonio della città. Altrimenti, ogni discussione è inutile».

Okay, ma alla fiera servono 30 milioni. E nessuno li vuole mettere. Che facciamo?

«Stiamo lavorando sull’aumento di capitale, che dev’essere fatto,  e come Lega stiamo impegnando la nostra delegazione al governo perché il sistema fieristico italiano venga messo in condizioni di sicurezza. Non chiediamo niente di più di quanto hanno ottenuto le fiere tedesche (oltre 640 milioni a fondo perduto) superando i limiti di Buxelles. Lo chiediamo per i quattro poli top del Paese, quindi anche per Milano, Bologna e Rimini: non c’è in ballo il campanile, quanto la tenuta del nostro sistema industriale. Confermo: il dialogo col governo è iniziato».

Valerio Catullo…

«Idem. Non è ipotizzabile una ripresa di Verona con l’aeroporto in queste condizioni. I soci pubblici debbono dar corso all’aumento di capitale e ritrovare una loro cabina di regia, dove magari ci confronteremo con decisione, ma che poi parlerà in modo unitario. Dobbiamo superare lo stallo di Aerogest e i vincoli della legge Madia: ci serve una struttura che tenga insieme i soci pubblici e che rafforzi la mission istituzionale per il territorio. Una presenza pubblica “monolitica” …»

E quindi addio a Save?

«Semplificazione giornalistica. Il socio privato serve se vogliamo arrivare ad una gestione ottimale dello scalo. Ma il socio privato deve mostrare di essere il primo che crede al territorio e su questo investe. Anche risorse qualificate: abbiamo chiesto un amministratore delegato per Verona e un dirigente aviation. Se Save garantisce questo, bene per tutti».

Basterà per ripartire?

«No. Questi sono due strutture importanti, ma se non decidiamo cosa vogliamo fare di Verona non cambierà di molto il quadro. Il pericolo è combattere adesso l’abitudine “a non considerare Verona” come meta turistica. Finita la pandemia, la gente tornerà a muoversi. E noi dobbiamo fare in modo che Verona sia fra le mete da visitare. E siccome forse non arriveranno subito gli extra-europei bisogna che si agisca sul mercato domestico. Dobbiamo avere una proposta unica per Verona e il suo territorio: basta con la divisione città-lago; città-Valpolicella o Lessinia…Verona è una destinazione unica, un brand unico, che offre un ventaglio di opportunità importanti in un raggio contenuto. Le divisioni non pagano più: o ragioniamo come una cosa sola oppure sprechiamo denaro e ci giochiamo la ripresa».

Un brand Verona che sembra un’area metropolitana…

«Sì, dobbiamo riprendere in mano anche quel dossier e portare a casa dei risultati».

La vostra amministrazione scommette tanto sul settore delle costruzioni, con la variante 29 ad esempio…

«Stiamo sanando situazioni di degrado e mi pare un bene. Ma vorrei ricordare che oltre alla mano privata, c’è anche la mano pubblica. Ci sono esempi virtuosi della capacità di intercettare fondi nazionali o regionali per mettere in sicurezza Verona. C’è il gran lavoro di Acque Veronesi, ad esempio,  e credo sia necessario agire anche sulla manutenzione in tutte le circoscrizioni. Non bisogna attendersi soluzioni soltanto dalle “grandi opere”: ci sono tantissime “piccole opere” che possono cambiare il volto della città, prevenire i disastri del recente passato, ed avere un impatto importante sulla ripresa economica. Questo, è il momento di avviare cantieri».

Torniamo a Palazzo Barbieri: secondo lei i veronesi hanno compreso le tante giravolte in consiglio comunale: la metà dei consiglieri eletti nel 2017 ha cambiato movimento politico. Tutto legittimo, ma è un casino…

«Non commento certo le scelte degli altri partiti o di singoli consiglieri. Ciascuno risponde ai propri elettori che fra pochi mesi diranno la loro. Io posso spiegare le ragioni della Lega che sono, tutto sommato, semplici: la Lega è il partito che riscuote i maggiori consensi nell’elettorato ed ha la necessità di aprirsi a chi possa rappresentare al meglio questo elettorato che è per sua natura “altro” rispetto a quello leghista storico. Puntiamo ad esperienze e professionalità nuove senza rinnegare i valori identitari della Lega. Abbiamo l’intenzione di amministrare questa città, i numeri ci dicono che abbiamo un forte consenso che travalica il bacino elettorale tradizionale. Abbiamo il dovere del coinvolgimento, altrimenti come potremmo rappresentare efficacemente questi elettori?»

Voi rivendicate la leadership e anche Fratelli d’Italia lo fa basandosi sulle ultime regionali. Come troverete la quadratura del cerchio?

«Noi lavoriamo per l’unità del Centrodestra a Verona. Sarebbe incomprensibile un’altra soluzione. E lo diciamo, ribadisco, forti del consenso che ci viene palesato. Verona è una grande città italiana, sarà sotto gli occhi di tutti perché darà un’indicazione importante. E quindi ritengo – come si è sempre fatto e visto che la partita non si ferma a Verona –  che i movimenti del centrodestra fissino prima del voto sia l’alleanza sia le candidature città per città e che su questo tutti, dico tutti, i movimenti poi si comportino di conseguenza».

Resta Flavio Tosi, l’ex sindaco si ricandiderà e sarà nel campo del centrodestra.

«Un’anomalia solo veronese. Ma torno a quanto detto prima. Ci attendiamo che tutti i partiti del Centrodestra rispettino l’alleanza elettorale che verrà raggiunta. Trovata la convergenza su una candidatura unica, quella sarà. E se vale per la Lega, per Fratelli d’Italia e per le Civiche collegate, questo dovrà valere necessariamente anche per Forza Italia. Non ci potrà essere un doppio forno: a Milano insieme e a Verona no. E non si potrà certo chiedere alla Lega di cambiare idea su Tosi».

Damiano Tommasi, possibile candidatura del Centrosinistra, intercetta voti di elettori della Lega e Fratelli d’Italia. La stupisce?

«Intanto non sappiamo se Tommasi davvero sarà il candidato del Centrosinistra. Lo dicono loro, ma lui non si è ancora espresso ufficialmente mi sembra. E’ uno scenario ipotetico e, mi sbaglierò non conoscendolo personalmente, ma sembra più una figura adeguata a questa parte dello schieramento politico. Ma prima della campagna elettorale, mi permetta, c’è molto altro da fare per la città: dobbiamo intercettare i fondi del Recovery plan e serve che questa amministrazione viaggi decisa su questo obiettivo».

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