Il mese di marzo ha evidenziato un segnale d’allarme che non può essere ignorato: all’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona si sono registrati tre ricoveri di giovani pazienti in condizioni di grave chetoacidosi diabetica, una complicanza acuta legata all’esordio del diabete di tipo 1. I casi sono stati trattati presso la Pediatria B, Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica diretto dal professor Claudio Maffeis, con il supporto della Terapia intensiva pediatrica, sotto la guida del dottor Paolo Biban, nei casi più critici. I tre bambini, di età compresa tra meno di sei anni e i quindici, sono stati dimessi e si trovano ora a casa.
Quello veronese non è un episodio isolato. L’incidenza del diabete di tipo 1 in età pediatrica è in aumento costante, con circa un milione di diagnosi a livello globale, di cui 20.000 solo in Italia. In Veneto, si stima che un bambino o adolescente su 800 conviva con questa patologia autoimmune, che comporta la cessazione della produzione di insulina e non è legata a fattori alimentari o stili di vita. L’età più comune per l’esordio è compresa tra i 6 e i 12 anni, ma può manifestarsi anche prima o dopo.

Chetoacidosi: la complicanza da evitare
Oltre il 40% dei piccoli pazienti arriva in ospedale già in uno stato avanzato di chetoacidosi diabetica. Si tratta di una condizione grave, dovuta all’assenza di insulina che causa un’eccessiva concentrazione di glucosio nel sangue e l’accumulo di chetoni, con alterazioni metaboliche potenzialmente pericolose. Le conseguenze possono essere significative: dal peggioramento del controllo glicemico a danni persistenti, fino al rischio per la vita.
Sintomi riconoscibili: la chiave è la diagnosi precoce
Sete intensa, minzioni frequenti, stanchezza insolita, calo di peso, dolore addominale e nausea sono segnali d’allarme da non sottovalutare. In presenza di questi sintomi, è fondamentale rivolgersi tempestivamente al pediatra, al medico di famiglia o al pronto soccorso. Una diagnosi precoce può prevenire l’insorgenza della chetoacidosi e permettere un trattamento più efficace.
Screening e tecnologie: Verona all’avanguardia nella prevenzione
Da oltre trent’anni, il Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica dell’AOUI di Verona effettua attività di screening mirate all’identificazione precoce della patologia. Oltre alla misurazione della glicemia, il test degli autoanticorpi rappresenta uno strumento diagnostico cruciale. I programmi di prevenzione si rivolgono ai familiari di pazienti già affetti e, da quest’anno, anche ai figli di persone con diabete, grazie alla collaborazione con l’UOC di Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo.
Presso la Pediatria B sono inoltre disponibili trattamenti innovativi di immunoterapia, tecnologie avanzate come i sensori per il monitoraggio continuo della glicemia e servizi di telemedicina, con assistenza sia medica che psicologica da remoto.
Un’alleanza tra istituzioni, medici e famiglie
Per rafforzare la cultura della prevenzione, nel mese di aprile è stata lanciata una campagna informativa rivolta a medici e farmacisti del Veneto, con il supporto dell’Associazione Giovani e Diabete di Verona. La campagna include materiale divulgativo, come una locandina e un video informativo, da diffondere anche all’interno delle scuole.
Durante la conferenza stampa di presentazione, sono intervenuti i vertici dell’Azienda Ospedaliera: il direttore generale Callisto Marco Bravi ha sottolineato l’importanza della diagnosi precoce per evitare le complicanze più gravi. Il direttore sanitario Matilde Carlucci ha evidenziato il valore delle competenze consolidate del team medico nel garantire un accesso appropriato a cure all’avanguardia.
Il presidente dell’Ordine dei Medici di Verona, Alfredo Guglielmi, ha annunciato il coinvolgimento dell’ente in un percorso formativo rivolto ai professionisti della sanità, nonché il potenziamento dell’informazione sanitaria nelle scuole, attraverso percorsi di biologia con curvatura biomedica attivati nei licei cittadini.
Il professor Claudio Maffeis ha ribadito la natura autoimmune del diabete di tipo 1 pediatrico, distinguendolo nettamente da quello dell’adulto. Ha inoltre ricordato come il centro veronese rappresenti una realtà unica nel Triveneto per l’offerta di immunoterapie specifiche e programmi di monitoraggio rivolti ai soggetti a rischio.
Infine, il professor Massimo Franchi, direttore del Dipartimento Materno Infantile, ha sottolineato l’importanza di iniziare l’informazione sanitaria già nei corsi di accompagnamento alla nascita, evidenziando come la prevenzione possa e debba cominciare ben prima della comparsa dei sintomi.
L’obiettivo condiviso è chiaro: rendere il diabete pediatrico una malattia meno invisibile, meno sottovalutata, e affrontarla con tutti gli strumenti oggi a disposizione. Prevenire si può, e Verona sta tracciando una strada che potrebbe rappresentare un modello anche per altre realtà italiane.