(di Angelo Paratico) Durante il Venerdì Santo si commemorano la passione e la morte di Gesù. Questo è l’unico giorno dell’anno liturgico in cui non si celebra l’Eucarestia e le campane tacciono in segno di lutto. Una delle persone chiave nella commorazione del Venerdì Santo è certamente Ponzio Pilato, il prefetto romano, che si trovò a dover giudicare Gesù Cristo.
Oltre ai capolavori letterari di Michail Bulgakov e di Anatole France, gli unici documenti in cui appare Pilato, a parte i Vangeli, sono i libri di Giuseppe Flavio, di Filone d’Alessandria e Tacito. Pochi conoscono la scoperta di una lapide a Cesarea Marittima, dove Pilato abitualmente risiedeva. Una missione Archeologica Italiana, che fu attiva nell’area di Caesarea Maritima dal 1959 al 1964, portò al ritrovamento di una lapide di calcare avente un’altezza di 82 centimetri, per 68 di larghezza e 20 di spessore. Purtroppo, la sua superfice iscritta era stata scalpellata nella parte sinistra verso il IV secolo ed era stata reimpiegata come parte di una scaletta, verso il IV secolo. Vi si leggevano delle lettere romane, alte 7 e 6 centimetri, con le consuete abbreviature, solo su tre righe ma la quarta riga, più breve era stata abrasa, lasciando solo una leggera traccia apicale di una “E”.

Questa iscrizione rappresenta una sorta di rebus. […]S TIBERIEVM/…PON] TIVS PILA TVS/PRAEF]ECTVS IVDA[EA]E. Lo studioso che risolse definitivamente l’enigma fu Attilio Degrassi (1887-1969) triestino e docente presso l’Università di Padova. Ecco l’iscrizione completa proposta dal Degrassi e universalmente accettata: [CAESARIEN ]S[DIS AVGUSTI]S/TIBERIEVM/[- PO]NTIVS PILATVS/[PRAEF]ECTVS IVDA[EA]E/[FECIT D] E [DICAVIT]
Ponzio Pilato dedicava un monumento, il Tiberievm ai cittadini di Cesarea. Questo doveva essere un portico, dato che Tiberio aveva rifiutato onori sacri. Inoltre, quel “Dis Avgusti” era una dedica ai genitori di Tiberio, Augusto e Livia. Questa era una consuetudine comune nell’Oriente greco, al quale Pilato si adeguò. Nella terza riga è purtroppo saltato il “praenomen” di Ponzio Pilato. Gaius, Marcus, Publius, Faustus? Non lo sappiamo. Anche per quanto riguarda la nascita e la morte di Pilato non sappiamo nulla, ma doveva essere nato nella nostra penisola, non in Spagna o altrove. Certamente apparteneva all’ordine equestre e quel Ponzio suona sannita e ci ricorda quel Gavio Ponzio Selenita che nel 321 a.C. aveva sconfitto i romani. Non sappiamo se fu davvero protetto da Seiano, anche se parrebbe di no, dato che restò al proprio posto sino al 36 dopo Cristo e l’esecuzione di Gesù dev’essere avvenuta verso l’anno 30, mentre Seiano cadde nel 33.
Va riletta la figura di Ponzio Pilato
La centralità della figura di Ponzio Pilato nei Vangeli la si evince anche dal fatto che egli è l’unica persona che ha un dialogo diretto con Gesù. Che lingua usarono? Forse l’aramaico, non il greco o il latino, ma non ci sarebbe da stupirsi se ci fosse un interprete presente, una pratica già comune in quei tempi.
Forse non è vero che vi fu una folla sotto al balcone della torre Antonia, a Gerusalemme, dove risiedeva Pilato e il processo dev’essere stato tenuto al cospetto d’una dozzina di persone, al massimo. Non è vero che Pilato se ne lavò le mani, essendo quella una pratica giudaica, non romana e un prefetto romano tutto d’un pezzo, come fu Pilato, non lo avrebbe mai fatto: era un uomo d’armi che poco stimava la cultura ebraica, lo sappiamo perché durante la sua carriera in Giudea questo atteggiamento lo mise spesso nei guai. Possiamo essere certi che, in fondo, vedesse i suoi sottoposti come dei fanatici e degli scocciatori.
Per quanto riguarda Gesù, dall’analisi del dialogo con Pilato, si intuisce che egli non voleva difendersi, e non accettò alcun compromesso offertogli dai sacerdoti ebrei, né si prestò ai ripetuti tentativi messi in atto da Pilato per liberarlo. Il prefetto fu certamente impressionato da Gesù, dal suo contegno quieto e rassegnato, e per questo cercò in tutti i modi possibili di salvarlo. Prima propose ai sacerdoti ebraici uno scambio con un pericoloso terrorista, come Barabba e fu molto sorpreso quando quelli insistettero nel volerlo far crocifiggere. Come spesso accadde, Pilato non aveva capito perché il Sinedrio disprezzava tanto Gesù. Improvvisamente, questi gli rivelarono il vero motivo di tanto odio: gli dissero che doveva morire perché si era fatto “figlio di Dio”.
Giovanni racconta che nell’udire le loro parole ne fu spaventatissimo mallon efobethe in greco. Quello spavento era forse una forma di profondo stupore, da mettere in relazione con la figura magnetica di Gesù, che già doveva aver impressionato quel funzionario romano. Pilato deve aver avvertito un brivido freddo corrergli lungo la spina dorsale e solo in quel momento ebbe la distinta impressione che non si trattava di uno dei soliti processi che era abituato a tenere, ma aveva fra le mani qualcosa di molto diverso, di ignoto e di misterioso. Sappiamo che Gesù aveva una personalità magnetica e un carisma che impressionava tutti.
Pilato riprese l’interrogatorio ma pare che tutto sia cambiato: si sente a disagio e chiede a Gesù: “Di dove sei?”. Una domanda strana che mostra la sua angoscia, infatti doveva possedere già i dati essenziali dell’accusato e, certamente, conosceva pure le voci sui suoi miracoli. Il punto più alto del loro dialogo è quando Gesù dice di essere la verità e Pilato risponde: e cos’è la verità? In tutto ciò Nietzsche sbagliò ad avvertire scherno nelle sue parole, Pilato era davvero interessato a conoscerla quella verità, non si trattava del classico scetticismo romano contrapposto al dogmatismo religioso ebraico.
L’evangelista Giovanni scrive che Pilato stava per rilasciarlo ma fu minacciato dai giudei, i quali gli dissero che chi si fa re è nemico di Cesare. Un avvertimento pseudo-mafioso, ma Pilato non era uomo facile a impressionarsi, eppure qui s’avverte una sorta di omissis nel racconto di Giovanni. Pilato era timoroso di Gesù e per questo permise a Giovanni d’Arimatea d’occuparsi del corpo di Gesù, un fatto inusuale e, per dispetto a loro, fece scrivere l’insegna con scritto “Gesù il nazareno, re dei giudei” da apporre sopra alla croce. Voleva concedergli un onore postumo e infatti, i sacerdoti protestarono per quella insegna, ma Pilato li mandò via.