(di Gianni Schicchi) La musica cameristica chiude la stagione primaverile de I Virtuosi Italiani al Ristori con un concerto che per la per la prima volta li ha visti suonare assieme ad Edoardo Maria Strabbioli, un pianista di casa, che del Brahms in programma ha fatto da anni un vero cavallo di battaglia.
Il titolo della serata parafrasava infatti quello del noto film “Le piace Brahms?” di Franꞔoise Sagan, proponendo due veri capolavori del musicista tedesco: il Quartetto n° 1 in sol minore op. 25 e il Quintetto op. 34 in fa minore per pianoforte ed archi.
All’epoca di Brahms la formazione in quartetto con pianoforte veniva adottata raramente. Gli ultimi fulgidi esempi erano due lavori di Mozart, mentre Beethoven aveva lasciato soltanto alcuni trii. Ma proprio in questa scelta sta probabilmente il messaggio dei quartetti brahmsiani, op. 25 e 26, con cui l’autore volle ritornare, più o meno inconsciamente, ad una dimensione classica, per liquidare un passato al quale si era tanto dedicato.
Prossimo a spiccare il volo, dopo aver rielaborato il linguaggio dei grandi maestri, Brahms dimostra con queste pagine di padroneggiare egregiamente l’eredità ricevuta, di avere tratto ogni insegnamento possibile, di poter affrontare il futuro con coscienza tranquilla. Liberatosi da condizionamenti individuali e storici, egli ritorna ad una situazione certamente classica, ma ormai super parte.

L’opera 25 si distingue fin dal primo tema Allegro, per una esposizione quanto mai ricca, irregolare, sovraccarica, dove anche lo sviluppo è straordinariamente ampio e nutrito da infinite combinazioni ritmiche. Singolare è poi il Rondò alla zingarese, nel passo conclusivo, il cui eccezionale carattere improvvisatorio (eccezionale perfino nella lunghezza di quasi cinquecento battute) sfugge ad ogni analisi convenzionale. Senza cadere nell’oleografia Brahms sa ricreare l’alternanza popolaresca di umori contrastanti: melanconia, languore, gioia selvaggia, esuberanza di affetti. Il tutto espresso con una ricchezza tematica fuori dal comune e attraverso una condotta che sfida ogni regola.
Anche il Quintetto op. 34, amato dal pubblico e dai musicologi di ogni tempo, è opera piena di idee, di equilibrio fra le due entità sonore, il pianoforte da un lato, gli archi dall’altro. Ể veramente curioso che l’elemento più sofferto – cioè la scelta dell’organico – si sia rivelato alla fine, il punto di forza del quintetto. Formalmente parlando, la disposizione e la fisionomia dei movimenti appaiono tradizionali, mentre un’analisi attenta dimostra come, per una macroscopica dilatazione interna, ci troviamo vicini al collasso della dimensione classica. Basti pensare al Finale, suddiviso in tre impegnative sezioni.
Strabbioli e I Virtuosi Italiani hanno fatto risuonare le due pagine con una passione accesa, di sicuro riferimento, innanzitutto per l’affiatamento e l’unità di intenti, attraverso i quali l’impostazione dialogica della scrittura e la ricchezza inventiva brahmsiana sono state puntualmente colte e valorizzate, realizzando quindi una versione totalmente vitalistica, senza per questo rinunciare ad un sottile scavo in profondità.
Ể il caso, ad esempio, dell’ariosità e del fresco lirismo globale raggiunti nell’op. 34 con cui è stato dipanato il denso dettato contrappuntistico di quell’Allegro finale, puntualmente risolto in modo trascinante, costituito dai temi principali, attraverso i quali si manifestano le classiche vene brahmsiane: l’irrepetibile mélange di accenti lirici, drammatici, popolari, lamentosi. Ed infine di un Presto in cui gli archi hanno cantato ardentemente sui distesi accordi del pianoforte.
Trascinante è stato il modo con cui i cinque esecutori (oltre a Strabbioli, Alberto Martini e Davide Dondi, violini, Francesco Fiore, viola, Francesco Ferrarini, violoncello) hanno poi concluso la loro fatica, con una coda (concessa poi come bis) dalla gioia genuina; una chiusa di eccezionale forza emotiva, in cui gli imperativi della costruzione architettonica sono stati veramente sottomessi al fascino del segno poetico. Successo strepitoso al termine, con ripetuti applausi del pubblico e chiamate in proscenio. Il Concerto è stato dedicato al ricordo di Papa Francesco.