(di Gianni Schicchi) Per la Fondazione Arena inizia un mese di maggio dedicato interamente alla musica sinfonica. Ben quattro i concerti previsti al Filarmonico, in attesa del via in giugno, alla stagione lirica in anfiteatro. 

Venerdì 2 maggio (ore 20), con replica sabato 3 maggio alle 17, è in programma l’evento dal titolo “Folk Songs & Dances”, dedicato in larga parte alla musica danubiana, che doveva esser affidato ad un direttore di quell’area, il maestro ungherese Gyϐrgy Ràth, bacchetta più volte presente a Verona. 

Il concerto era in programma ancora ad aprile, ma è stato spostato a questi primi giorni di maggio, per essere invece affidato al giovane messinese Marco Alibrando, una delle tante promesse del podioitalian, che a soli 24 anni aveva già debuttato a Firenze, prima di arrivare ai successi attuali che gli hanno consentito di essere il direttore musicale di VoceAllOPera e da quest’anno anche primo direttore del Deutsches Nationaltheater und Staatskapelle di Weimar. Attualmente è anche assistente del maestro Ivan Fischer e della Budapest Festival Orchestra.

Nel programma di sala al Filarmonico figurano le esecuzioni del Folk Songs per voce e orchestra di Luciano Berio, con solista il mezzosoprano tedesco-ungherese Corinna Scheurle, una vera specialista in materia, a cui seguiranno i capolavori di due grandi musicisti ungheresi, come Bela Bartòk e Zoltan Kodaly. Del primo verrà suonata la famosa Musica per archi, percussioni e celesta, pagina scritta nel 1936, da annoverare sicuramente tra i capolavori musicali del Novecento, che presenta numerosi tratti innovativi rispetto alla precedente produzione dell’autore. Innanzi tutto per la stretta correlazione che vi si riscontra tra equilibrio formale e logica di sviluppo del materiale, rigorosamente monotematico, nonostante la struttura quadripartita della composizione. 

Kodaly scrisse invece il suo brano Danze di Galanta nel 1933, per l’80° avversario della fondazione della Società Filarmonica di Budapest. Galanta è un piccolo borgo, tra Vienna e Budapest, dove l’autore vi trascorse sette anni dell’infanzia. Lì esisteva una celebre banda di zingari, in seguito dispersa. La loro musica fu il primo suono d’orchestra che impressionò le orecchie di Kodaly bambino. Gli antenati di questi zingari erano conosciuti da più di cent’anni. 

Nel 1800 fu pubblicato a Vienna un certo numero di quaderni con danze ungheresi, uno dei quali con indicazione “secondo diversi zingari di Galanta”. Essi conservavano l’antica tradizione ungherese e per continuarla, l’autore ne trasse i motivi principali della sua composizione. Mentre altri lavori di Kodaly affondano le radici nelle più remote origini del patrimonio popolare transilvanico, le Danze di Galanta attingono i propri materiali ad una tradizione folclorica più recente, ottocentesca, e ad una maggiore ricchezza tematica. E nonostante l’organico sia pressoché identico, con un’orchestrazione più elaborata e brillante che conserva tutto il fascino del colorito virtuosismo strumentale tzigano. 

Le Danze, di struttura formale molto libera, possono dividersi in cinque episodi: un primo tempo Lento, un secondo Allegretto con moto, grazioso, un terzo Allegro, un quarto Poco meno mosso ed un’ultima danza con un Allegro vivace. (g.s.)