Entro 10 anni, la popolazione in età lavorativa in Italia diminuirà di 2.908.000 unità ( -7,8%).
La causa è attribuibile l’invecchiamento della popolazione. Nascono sempre meno bambini e i 60/70enni frutto del baby-boom andranno in pensione. Quindi ci saranno sempre meno persone in età da lavoro.
L’analisi è stata realizzata dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre su dati Istat. Già oggi è difficile trovare giovani lavoratori da inserire nelle aziende artigiane, commerciali o industriali. Figuriamoci tra 10 anni.
Ormai è anche troppo tardi per pensare ad un’inversione del trend demografico. Non ci sono le condizioni. E il problema non potrà risolverlo nemmeno l’immigrazione. Sempre più vecchi significa aumento della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, crollo dei consumi, perché gli anziani spendono meno, parzialmente compensata solo dall’aumento dei risparmi, dato che questa fascia d’eta ne ha particolare propensione.
E’ la piccola impresa ad essere la più danneggiata da questo trend. Invece le medie e grandi imprese, avendo la possibilità di offrire salari superiori alla media, orari flessibili, benefit e pacchetti significativi di welfare aziendale, saranno in grado di attrarre i giovani presenti sul mercato.
Inevitabile quindi la diminuzione del Pil.
Dei 3 milioni di persone in tra i 15 e i 64 anni, la metà interesserà il Sud. Il Trentino Alto Adige verrà toccato relativamente (-3,1%), la Lombardia con il -2,9% e l’Emilia Romagna con il -2,8%.
A livello provinciale, invece, la flessione più importante si verificherà a Nuoro con il -17,9%, in Sud Sardegna con il -17,7, a Caltanissetta con il -17,6. Meno interessate la provincia di Bologna (-1,4%), Prato (-1,1%) e Parma (-0,6%).
La provincia di Verona se la passa abbastanza bene con un calo del 4,4%, meglio di tutte le venete, davanti a Padova (7,4%), Treviso (-7,7%), Vicenza (8,7%), Venezia (9,4%), Belluno (9,9%), Rovigo (12,3%)