Il 12 e 13 maggio il Teatro Ristori di Verona accoglierà la prima edizione del congresso Geriatria Clinica e Cultura Sociale, un appuntamento che si propone di esplorare il tema della longevità in una prospettiva ampia e condivisa, al confine tra medicina, cultura e impegno civico.
Con il titolo “Longevità tra ereditarietà e conquista”, l’evento vuole offrire un’occasione di confronto sui fattori che favoriscono un invecchiamento sano, stimolando una riflessione collettiva sul ruolo dell’anziano nella società contemporanea. L’obiettivo è ambizioso: superare la visione puramente clinica dell’età avanzata per valorizzare la persona nella sua interezza, riconoscendone la storia, l’identità e la funzione sociale.
«Il nostro intento – spiega la Dott.ssa Giorgia Cecchini, responsabile scientifico del congresso – è quello di restituire all’anziano la centralità che merita, non solo come paziente, ma come individuo ricco di esperienza e significato. L’invecchiamento non deve essere percepito come un declino, bensì come una fase vitale e piena di possibilità».
L’iniziativa è promossa dal reparto di Geriatria dell’Ospedale di San Bonifacio, con la collaborazione dell’ULSS 9 Scaligera, dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e di diversi esponenti del panorama geriatrico nazionale. Il congresso è aperto a operatori del settore sanitario, caregiver, studenti e cittadini interessati, con l’intento di costruire una rete di consapevolezza diffusa e responsabilità condivisa.
A impreziosire la due giorni sarà anche un simbolo artistico di grande valore: la locandina dell’evento è illustrata dall’acquerello Piazza Erbe, dipinto dall’architetto Libero Cecchini all’età di 95 anni. Un’immagine che diventa manifesto della creatività nella terza età e metafora della longevità intesa come espressione di vitalità, bellezza e conquista personale.
Il congresso si presenta così come un laboratorio di pensiero e relazione, in cui scienza, cultura e comunità si intrecciano per ridefinire il significato della vecchiaia nel XXI secolo. Una proposta che intende contribuire a una nuova narrazione dell’età anziana, non più come confine, ma come orizzonte.