(di Guido Cancellieri) Le preferenze sono un modo per riavvicinare la politica ai cittadini. Giorgia Meloni l’ha capito. E ieri, in Senato, rispondendo ad un’interrogazione, ha dichiarato di essere favorevole a re-introdurre le preferenze alle elezioni politiche

Le ultime nelle quali l’elettore aveva avuto la possibilità di scegliere il candidato sono state le politiche del 1992. Poi con il Mattarellum” la legge elettorale semi-maggioritaria vennero abolite. Da allora non sono più state ripristinate e gli eletti di fatto sono decisi dalle segreterie dei partiti che li scelgono secondo criteri diversi da quelli che userebbero gli elettori.

La Meloni vuole le preferenze. Ce la farà?

L’abolizione del voto di preferenza, con il quale il cittadino poteva scegliere chi votare nella lista di candidati di questo o quel partito, ha avuto l’effetto di allontanare gli italiani dalla politica, aumentando l’astensionismo. In più, cosa ancora più grave, ha svuotato di una quota importante di rappresentatività il Parlamento.

Senza le preferenze meno democrazia

Il combinato disposto della mancanza delle preferenze e della deriva leaderistica dei partiti, svuotati della partecipazione democratica, hanno prodotto un drastico calo del tasso di democrazia nel nostro paese. 

E’ vero che le preferenze sono rimaste in tutte le altre consultazioni -comunali, regionali ed europee- ma impedire ai cittadini di scegliere chi inviare al massimo livello della rappresentanza politica ha rappresentato, oltre che un errore, un vulnus alla democrazia.

La Meloni ha detto che vuole le preferenze. Brava. Ha fatto una mossa giusta e intelligente. Ma soprattutto si è messa dalla parte dei cittadini. Cosa non da poco in un periodo nel quale il solco tra il Palazzo e la gente è sempre più profondo e si manifesta con la metà degli elettori che non va più a votare.

La sua mossa non sarà gradita però a due categorie. A quei cerchi magici che hanno interesse a mantenere, con la status quo, tutto il potere dei partiti nelle loro mani e a quei parlamentari,  miracolati della politica, che si sono ritrovati a Roma senza arte né parte, magari per una raccomandazione, o semplicemente perché non in grado di disturbare il manovratore.