(di Stefano Valdegamberi) “L’Europa perde competitività.” Lo dice Mario Draghi. E fin qui, nulla da eccepire: è vero. Ma a far alzare il sopracciglio non è il contenuto, quanto il mittente. Perché Draghi oggi denuncia le conseguenze di una crisi che in buona parte porta proprio la firma della governance europea che lui stesso ha contribuito a scrivere.

L’ex premier italiano ed ex banchiere centrale ci informa — con toni da diagnosi clinica — che il continente è in difficoltà: l’energia costa troppo, le imprese arrancano, l’industria fatica a tenere il passo con Stati Uniti e Cina. Scoperta dell’anno.
Quello che però manca nel discorso è un dettaglio non da poco: è stata proprio l’Unione Europea, con il sostegno convinto di Draghi, a scegliere la via che ci ha portati qui.
Dov’era Draghi mentre l’Ue prendeva decisioni sbagliate?
Via il gas russo, scelta fortemente discutibile e strategicamente improvvisata: la dipendenza è stata spostata al gas liquido americano, pagandolo tre volte tanto (in dollari e in competitività). Gli USA sono diventati il principale fornitore di gas naturale liquefatto (LNG) per l’UE, con una quota del 45,3% nel 2024.

Transizione green a tavoletta: giusta nei principi, ma nella pratica attuata con un’accelerazione che ha lasciato industrie, famiglie e persino interi paesi senza alternative stabili. Rinnovabili sì, ma con calma. Il carbone no, ma intanto il gas non c’è. E il nucleare? Tabù.
Durante il suo governo, Draghi ha appoggiato tutto: Green Deal, Fit for 55, sanzioni energetiche, taglio dei fossili, senza troppe riserve. Ora ci racconta che la situazione è grave — e lo fa con l’aplomb di chi si accorge del disastro dopo aver chiuso il cancello con l’incendio già in corso. Per compensare il crollo industriale europeo Draghi sposa ora il riarmo come soluzione.
E mentre prepara il “rapporto Draghi” sulla competitività europea, vien da chiedersi: è un piano di rilancio o un’autobiografia critica non autorizzata?
L’Europa ha certo bisogno di proposte, ma anche di memoria. E magari, la prossima volta, anche di una piccola dose di autocritica. Perché prima di lanciare l’ennesimo “New Deal” tecnico, bisognerebbe almeno ammettere che qualcuno, per anni, ha guidato guardando solo il cruscotto, ignorando l’incendio nel cofano.