(Angelo Paratico) 90 anni fa, la mattina del 11 aprile 1935, Benito Mussolini sbarcava a Palazzo Borromeo, sull’Isola Bella, saltando giù da un motoscafo che si era accostato a un idrovolante, che lui stesso aveva pilotato. Lo attendevano i massimi rappresentanti politici di Gran Bretagna e Francia, mentre la Germania di Adolf Hitler non era stata invitata. Le discussioni terminarono tre giorni dopo con la firma di un accordo ritenuto molto importante, che creò quello che fu definito il Fronte di Stresa. In realtà i fatti successivi vanificarono quelle speranze, che pure ebbero una risonanza mondiale e il cui fallimento fu provocato, soprattutto dalla Gran Bretagna, che ci portò diritto alla Seconda guerra mondiale.

In Italia, dopo la fine della guerra, non sono stati pubblicati pochi testi per approfondire questo tema. Eppure, possiamo dire che quei giorni segnarono l’apogeo del prestigio dell’Italia e di Benito Mussolini, più ancora che a Monaco, nel 1938.
Le migliori analisi dedicate a questo intricato argomento sono dovute in Italia a Rosaria Quartararo, una brillante allieva di Renzo De Felice, purtroppo scomparsa e in Francia a Léon Noél, con il suo libro Les Illusions de Stresa. L’Italie abandonée a Hitler uscito nel 1975. La storiografia inglese è pressoché assente, forse perché non si sanno liberare dei loro complessi di superiorità, rafforzati dalla vittoria nella II Guerra mondiale che si attribuiscono. Forse per questo motivo continuano a vedere nel Benito Mussolini diplomatico solo una sorta di clown.
Eppure, quell’accordo fu definito dall’americano Pat Buchanan, nel suo Churchill, Hitler and the Unnecessary War come: “Il più importante tentativo fatto in Europa per fermare Adolf Hitler, prima dell’inizio della II Guerra mondiale” e, addirittura, rincarando la dose, egli sottolinea che la Gran Bretagna fece un grosso errore ad aver votato contro l’Italia, applicando delle sanzioni punitive per l’invasione dell’Etiopia, spingendola così nelle braccia di Hitler. La Francia, invece, accettò obtorto collo la sovranità italiana sull’Etiopia come uno scotto da pagare per mantenere unito il Fronte di Stresa e questa è un’ulteriore dimostrazione della sua importanza.
L’Italia e la Francia desideravano fortemente far fronte comune contro Hitler che, il 16 marzo 1935, aveva ripristinato la leva obbligatoria e dichiarato di voler creare una flotta aerea e di aumentare il numero di divisioni, stracciando gli accordi sottoscritti a Versailles con le nazioni uscite vincitrici dalla I Guerra mondiale.
A Stresa, sul lago Maggiore, Benito Mussolini pose sul tavolo vari argomenti, anche se la necessità di evitare un Anschluss dell’Austria, che egli già presagiva, fu quello centrale. Egli esordì mostrando di conoscere bene la situazione a Vienna, dicendo ai rappresentanti della Gran Bretagna, Ramsay MacDonald e John Simon, e a quelli francesi, Pierre Laval e Pierre-Etienne Flandin, che l’istituzione della leva obbligatoria avrebbe voluto dire la fine della sua neutralità, dato che i giovani austriaci erano tutti filonazisti.
Mussolini non voleva la Germania al Brennero e auspicava che l’Austria restasse una nazione cuscinetto, inoltre desiderava avere un avallo che gli consentisse l’occupazione dell’Etiopia, per vendicare l’onta di Adua del 1896. Non si parlò esplicitamente dell’invasione dell’Etiopia, ma Mussolini fece delle chiarissime allusioni, facendo capire che in cambio di quelle terre egli avrebbe sostenuto le altre potenze europee contro alla Germania nazista. Nessuno eccepì o lo avvertì di non azzardarsi a farlo. Se lo avessero fatto, dubitiamo che Mussolini avrebbe mosso l’esercito e, come ebbe poi a dire lo stesso primo ministro francese, Pierre-Etienne Flandin, se la Gran Bretagna fosse stata subito chiara non avrebbero poi inflitto una cocente umiliazione a Mussolini.
Una prova della propensione a un compromesso da parte di Mussolini fu il fatto che egli si mostrò disposto ad accettare il piano Hoare-Laval, che prevedeva solo una parziale occupazione italiana dell’Etiopia, prima che una soffiata lo rendesse pubblico, provocando indignazione in tutta Europa. Dunque, la Gran Bretagna, il Paese con più colonie al mondo, votò per le sanzioni all’Italia che attaccava l’Etiopia.
Avendo capito come stavano le cose e avendo inteso che aveva ricevuto luce verde per la conquista dell’Etiopia, che venne lanciata il 3 ottobre 1935, Benito Mussolini, il 25 maggio 1935, fece un discorso alla Camera, nel quale, oltre a parlare con molta cautela dell’Africa, disse:
“Con tali accordi, che possono, nel loro insieme, considerarsi soddisfacenti, sì è chiusa una pagina dei rapporti del dopoguerra fra Italia e Francia, e create le premesse per una efficace collaborazione fra i due Paesi, così come viene espressamente indicato nella dichiarazione generale. Qualcuno si è domandato perché tali accordi siano stati conclusi soltanto 17 anni dopo la fine della guerra.
Rispondo che ciò si deve alla complessità degli interessi in gioco; alle nuove situazioni determinatesi in Europa ed anche al fatto delle pietose illusioni, non meno pietosamente coltivate da taluni circoli francesi circa la stabilità del Regime fascista…Così come desidero sottolineare che l’atmosfera fra i due Popoli è da qualche tempo fortemente migliorata, e ci auguriamo che nessun fatto possa nuovamente offuscarla. Gli ottimisti erano portati a prevedere un normale sviluppo della situazione europea, quando, il 16 marzo successivo, tale normale sviluppo veniva improvvisamente spezzato con la denunzia unilaterale, da parte della Germania, della parte quinta del trattato di Versaglia riguardante il disarmo. Il mondo veniva posto dinanzi ad un fatto compiuto, che fu postillato da tre diplomatiche proteste. Ognuno fu subito convinto che tale fatto non era revocabile. Le acque erano ancora molto agitate così come lo spirito dei popoli, quando fu convocata la conferenza dell’aprile a Stresa.
Senza esagerarne la portata intrinseca, tale conferenza fu abbastanza conclusiva, in quanto determinò, di fronte a taluni urgenti problemi, una posizione solidale delle tre potenze occidentali. È positivo che, con tale solidarietà effettiva, costante, onnipresente, è possibile un’azione politica di grande stile, tendente ad eliminare i principali ostacoli che si oppongono ad una pacifica convivenza delle genti europee, esigenza sempre più necessaria per l’esistenza e l’avvenire del nostro Continente. A Stresa fu decisa la convocazione di un’altra conferenza per affrontare i problemi del bacino danubiano. Tale conferenza non si può tenere ai primi di giugno come fu annunziato; aggiungo che non sarà convocata se non sarà stata molto, ma molto diligentemente preparata. Per quanto concerne i rapporti italo-germanici, è vero che un solo problema li compromette, quello dell’Austria, ma è di basilare importanza. Anche a tale proposito, bisognerà dire una volta per tutte e nella maniera più esplicita che il problema dell’indipendenza austriaca, è un problema austriaco ed europeo, e, in quanto europeo, anche particolarmente italiano, ma non esclusivamente «italiano».
In altri termini l’Italia fascista non intende circoscrivere la sua missione storica a un solo problema politico (approvazioni), a un solo settore militare quale è quello della difesa di una frontiera, anche se importantissima, come quella del Brennero, poiché tutte le frontiere, e le metropolitane e le coloniali, sono indistintamente sacre, devono essere vigilate e difese contro qualsiasi, anche soltanto potenziale minaccia”.
Come poi ebbe a dire il sottosegretario permanente al Foreign Office, Vansittart, circa il rifiuto degli accordi di Stresa: “Con questo fiasco perdemmo l’Abissinia, perdemmo l’Austria, creammo l’Asse e rendemmo inevitabile la guerra contro alla Germania”.
La Gran Bretagna mantenne un comportamento assai ambiguo in quegli anni, credendo di poter addomesticare Hitler, la cui natura e i cui fini Mussolini, invece, conosceva benissimo e, subito dopo Stresa, i britannici cedettero alle lusinghe naziste firmando, il 18 giugno 1935, un accordo navale, senza informare Francia e Italia, secondo il quale posero in proporzione diretta Germania e Gran Bretagna per numero e tonnellaggio di navi da guerra, di fatto rinnegando sia gli accordi di Stresa che quelli di Versailles.
Benito Mussolini s’infuriò ma, purtroppo per lui e per l’Italia, si convinse che Adolf Hitler non poteva più essere fermato e che, pertanto, la tigre andava cavalcata.