Alcuni giorni fa a Verona era arrivata Greta Thunberg, attivista svedese di 22 anni, invitata dall’attivista veronese Simone Zambin per raccontare la sua disavventura a Malta, nella notte dal 1 al 2 maggio, mentre navigavano verso la Palestina per portarvi viveri. Un attacco di droni israeliani li ha fatti desistere. La terribile realtà di questa guerra ibrida continua a sfuggire ai più.
(Emanuele Torreggiani) “From the river to the sea, Palestine will be free”, campeggiano i cartelli dalla Gran Central Station di Nuova York, alla Sapienza di Roma e di pressoché quasi tutte le università italiane, alla grande piazza di Istambul passando per Berlino, Parigi, Londra. Un unico coro declama la rima baciata, sono migliaia, centinaia di migliaia di studenti, milioni di tutto il mondo, dal 7 ottobre, il giorno in cui Hamas ha lanciato l’operazione. Si è trattata di un’operazione militare o terroristica? Molto difficile rispondere a questa domanda. Da tanti anni, forse dai tempi dell’assedio e conquista di Troia. E qui mi fermo per arrivare alla nostra cronaca.
La guerra senza limiti
Difficile rispondere dopo la pubblicazione del libro, curato da Fabio Mini, generale di corpo d’Armata dell’esercito italiano, già comandante della KFOR NATO, pubblicato da Libreria Editrice Goriziana anno 2004 e titolato “Guerra senza limiti. L’arte della guerra asimmetrica fra terrorismo e globalizzazione”, autori Liang Quiao e Xiangsui Wang, due colonelli generali dell’esercito cinese che lo scrissero nel 1999 analizzando lo scenario della Guerra del Golfo ed una delle figure allora principali di condottiero dell’era globale: Osama Bin Laden, il nuovo volto della guerra, il fondatore di Al-Qā-‘ida (la Base), sunnita poi assassinato nel compound di Abbottabag (località del Pakistan) da un plotone di 24 uomini della Delta Force il 2 maggio 2011.

Nelle pagine di “Guerra senza limiti” si prefigura lo scenario del 11 settembre 2001, una data che modifica il corso della Storia. Una data di profondità hegeliana. E, tra le pagine, lo sviluppo della guerra da militare ad asimmetrico: tutt’oggi evidente. Ma per farla breve, come di necessità, non sono un saggista né un analista geopolitico, a me interessa, nella mia minimissima passione di men che minuscolo lillipuziano scrittore di campagna, solo l’uomo.
E chiedevo chi mai fosse Bin Laden ad un conoscente pachistano, perfettamente a suo agio in un elegante Caraceni, l’uomo è un capace mercante, abituale a Milano come Parigi e Londra con incursioni a Berlino. Capendo bene il significato della lingua egli mi risponde dicendo che indubbiamente è un martire. Ha combattuto “da soldato con quello che aveva: la passione”.
Una risposta non banale e perfettamente contestuale con l’asimmetria della guerra del nostro nuovo millennio, e poiché ne parliamo, all’ora consueta del tramonto, mi chiede se beviamo insieme un daiquiri. In onore al vecchio Ernest Hemingway, volentieri. Sorride, il volto cristallizza in antica veste di compassione, tra i lineamenti trasfigurano gli avi che traversarono valichi, deserti, boscaglie, sino all’oceano. Glielo dico. Accenna un assenso.
Sono la mia guida nella vita risponde. Seguo l’indicazione di mio padre e di mio nonno, mi trattengo dalla politica. Conduco il commercio della mia famiglia. Da oltre cento anni procurano pietre preziose. Lui tratta lo zaffiro e il rubino. Pietre primordiali. Prima di noi. Forse anche prima di Dio. L’uomo che mi parla ha camminato tanto lungo i contrafforti afgani dell’Hindu Kush, quanto per il Hoge Raad di Anversa, il quartiere sefardita dei tagliatori di diamanti.
Sono davvero spinoziano, lo ammetto. Un musulmano, pago le sue tasse al mio governo e pratico la carità rituale, pure seguo come pensiero un ebreo a suo tempo messo al bando dagli ebrei e dai cristiani. Che vita, la sua. Vede, va così da secoli. Chiamiamo Dio costantemente nel mezzo delle nostre faccende. Buone e cattive. In questi giorni, orribili come quelli di tanti ieri dimenticati, mi conforta “La storia di Giobbe”. Emblematica. “Quando ponevo le fondamenta della terra dov’eri? Dimmelo se sei tanto intelligente”, così risponde Dio a Giobbe. Vede, sento ancora la voce di mio nonno che mi raccontava questa storia. Può sembrare una poesia, forse lo è anche, non importa.
C’è una verità lì dentro. Enorme. Dio non ragiona con il nostro metro. Dio non ragiona. Ma a noi piace dargli un’appartenenza. Secondo le nostre passioni. Crediamo di poterlo utilizzare. Si fa politica con la religione, no? com’era il paradigma, sì, instrumentum regni. Ecco lì la chiave per entrare nella passione. Lui, non voglio ripetere il suo nome, per rispetto a come è morto, ha fatto leva su questo sentimento. Ha imbastito il suo esercito muovendo la passione. L’odio e il disprezzo sono sentimenti. Noi uomini ne siamo ingrovigliati. È stato capace di indirizzare la passione fin dentro la morte. L’arma si identifica con il soggetto. Asimmetria abissale, gli dico. Già.
E dovremo farci i conti per i prossimi decenni. Non più eserciti ma singoli piccoli insignificanti uomini che si dimostrano letali, atomizzanti. Io commercio pietre preziose, ne ricavo un compenso che mi consente di vivere nell’agiatezza. Io e la mia famiglia tutta, beninteso. Anche lui era ricco, lui era davvero ricco. Ma nutriva la passione della politica. Ha condotto la sua passione al suo destino. Per voi era un terrorista, per noi, lo dico in senso lato, un martire. E non mi dica che ha ucciso innocenti. Lo sono anche i soldati che si fronteggiano schierati in campo. Solo che i soldati sono considerati macchine. Come si vede Dio è davvero lontano. Non ragiona. Quindi?
Non lo so. Posso dire che può darsi che non possa più venire qui, attento ai miei commerci, e bere un daiquiri insieme. Fumiamo una sigaretta. Si ammazzeranno a più non posso. Mi creda, gli piace. Hanno bisogno del sangue. Tutti. Credono così di fare sacro il suolo. La terra. Ma Dio non ragiona. No. Dio non ragiona. Ed i nostri studenti che alzano la bandiera palestinese, perché lo fanno? Perché non sono più cristiani.
Negli anni Venti i cristiani palestinesi erano il dieci per cento della popolazione. Ora sono una cifra che non arriva al due per cento. I cristiani mediano tra Dio e lo Stato. I musulmani e gli ebrei non ancora. Certo, i giusti li trovi ovunque, ma ovunque non contano mai, se non per sé stessi, davanti ai loro cari, davanti al Signore. C’è un impasto di sangue e di terra che solo Dio potrebbe pacificare, ma Dio non ragiona. E i nostri giovani, qui a Milano come a Islamabad, ho visto i filmati, si sono schierati con quello che credono sia il debole. E lo è. Nella simmetria delle forze in campo lo è. Ma si batte, asimmetricamente.
È il Davide che tira la pietra a Golia. Istintivamente stai col debole, anche se crudele. Il forte è imperdonabile. Poi sappiamo bene che la giustizia non è mai né pura né semplice, ma voi occidentali l’avete dimenticato. Voi occidentali l’avete dimenticato. Siete arrivati all’apice della vostra civiltà. E avete perduto il popolo. Il popolo si nutre di passione. Il sangue, la terra. La guerra. Una storia antica. Dio non ragiona con i nostri schemi.