(Angelo Paratico) Verona fu una delle zone più sviluppate del mondo in epoca neolitica. Sono state trovate tracce di sepolture di Neanderthal nella zona di Avesa e la celebre Venere di Willendorf, una statuetta di forme femminili alta 11 centimetri, trovata nel 1908 in un sito paleolitico vicino a Willendorf, un villaggio della Bassa Austria, possiede un’età stimata di 30.000 anni. Fu realizzata nei pressi di Quinzano o di Avesa. Questa è la più antica rappresentazione di un corpo femminile mai ritrovata.

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Venere di Willendorf

In uno studio pubblicato dall’Università di Vienna, in collaborazione con il Museo di Storia Naturale di Vienna, i ricercatori hanno applicato la tomografia ad alta risoluzione, rilevando che la pietra usata per la Venere, la pietra Galina, usata anche per la statua equestre di Cangrande della Scala, verrebbe proprio da qui. L’antropologo Gerhard Weber dell’Università di Vienna ha utilizzato la tomografia a microcomputer per analizzare la Venere, fino a una risoluzione altissima e analizzando i microscopici frammenti di conchiglie contenute.

La civiltà dei Veneti si diffuse dall’Europa centrale intorno al 1300 a.C. con gli Urnenfelder (che significa “portatori di urne”), un movimento culturale, artistico, tecnologico. Era nata una nuova civiltà il cui centro era la Lusazia, una terra tra la Germania e la Polonia. Il culto delle forze della natura si evolse gradualmente verso alcune forme di monoteismo e generò la fede nell’aldilà e un profondo rispetto per i morti. I Veneti (dal gallico venetoi che significa “i parenti” o “gli amici”, a sua volta derivato dal celtico *weni– (“famiglia, clan, stirpe) furono una tribù che si staccò in epoca preistorica dalla Lusazia e si stabilì, sulla Vistola, poi nell’attuale Veneto e in Bretagna.

Una malattia genetica comune tra i Veneti

Uno studio condotto in Francia ha dimostrato che esiste una notevole correlazione tra la distribuzione geografica di una malattia genetica (la displasia aritmogena del ventricolo destro, ARVD) e i diversi siti di insediamento dei Veneti: il bacino della Vistola, il Golfo dell’Adriatico e il Massiccio bretone in particolare.

La displasia o cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARVD/C) è una patologia del muscolo cardiaco (prevalentemente a carico del ventricolo destro, ma può anche essere biventricolare o interessare prevalentemente il ventricolo sinistro) caratterizzata da anomalie funzionali e strutturali dovute alla sostituzione del miocardio (il normale tessuto muscolare cardiaco) con tessuto adiposo o fibro-adiposo. Ciò evidenzia il flusso migratorio di questo popolo nel corso dei secoli dal loro sito di insediamento iniziale vicino al Mar Nero.

L’inumazione (sepoltura dei morti) fu sostituita dal rituale della cremazione, grazie alla convinzione che lo spirito fosse immortale. Dopo che la nuova “ideologia” dei Veneti si diffuse a sud verso le catene montuose delle Alpi, creò una forte omogeneità etnica tra i popoli che vivevano nelle terre dell’attuale Austria, Baviera, Slovenia, Svizzera, Württemberg e ancora più a sud attraverso tutta la pianura del fiume Po. Un insediamento veneto risalente ai tempi più antichi è stato rintracciato in Asia Minore. A ovest, gli antichi abitanti della penisola bretone, noto ai Romani come Armorica, sono stati identificati in molte fonti letterarie, da prove archeologiche e da alcuni elementi della toponomastica locale, come di origine veneta.

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Situla di Este

Una parte del popolo veneto si stabilì in Bretagna e furono l’unica potenza marittima che i Romani incontrarono, sino all’abbandono della Britannia romana nel IV secolo. Come popolo marittimo, i Veneti vivevano di commercio e di pirateria. Per circa 300 anni dominarono le rotte commerciali atlantiche tra la Britannia e il Mediterraneo, finché Giulio Cesare, unito alle avversità del tempo, distrusse la loro flotta, le loro basi terrestri e il loro commercio con la Britannia.  La città di Vannes, in Bretagna apparve intorno al 400 d.C. come civitas Venetum (‘civitas dei Veneti) e oggi conta circa 50.000 abitanti, prevalente in loro è il sangue veneto.

Sappiamo che l’antica struttura sociale dei Veneti era basata sulla comunità del villaggio e che la posizione della donna era pari a quella dell’uomo, a differenza del tipico patriarcato degli altri popoli indoeuropei. Come spesso accade, le testimonianze più significative di una civiltà ci sono state lasciate dai resti delle sepolture, e lo stesso vale per i Veneti. Ma qui sorge un grosso problema, purtroppo i Veneti cremavano i propri morti.

Molto di ciò che sappiamo, lo deduciamo dalle decorazioni a sbalzo delle situle (secchi). Un’arte che raggiunse il suo massimo sviluppo nel VI secolo a.C. La maggior parte delle situle e degli altri oggetti decorati in questo stile particolare sono stati rinvenuti nei territori dell’attuale Slovenia e in Istria. Le situle venete presentano caratteristiche particolari, si tratta della produzione di recipienti in bronzo con bellissime decorazioni.

Il loro principale insediamento fu ad Este, che era anche il centro di culto della loro importante divinità Reitia, forse una dea della fertilità.   I Veneti furono sempre amici di Roma e li aiutarono quando i Galli occuparono Roma. Le vittorie di Giulio Cesare nelle guerre galliche, completate nel 51 a.C., estendevano il territorio di Roma fino al Canale della Manica e al Reno. 

Le navi dei Veneti erano grandi e avevano bordi più alti rispetto alle galee a remi della flotta di Cesare. Erano costruite con legno di quercia e calafatate, secondo quanto riferisce Strabone, con alghe marine. Avevano il fondo largo, con un albero e vele di cuoio. Sembra che fossero alte da 3 a 4 metri sopra al pelo dell’acqua, con uno scafo lungo dai 15 ai 25 metri.

Se le raffigurazioni sulle monete sono attendibili, erano decorate con grandi teste di animali scolpite nel legno: aquile o grifoni. Le chiglie erano praticamente diritte con la prua e i montanti inclinati; una moneta mostra la chiglia che si estende sotto la prua, forse un rostro e almeno una moneta mostra una nave con remi a babordo e a tribordo. Sebbene non siano rimasti esempi di navi venete, esistono imbarcazioni successive che sembrano essere state costruite secondo gli stessi principii.