(Angelo Paratico) Giovanni Crisostomo Martino nacque illegittimo a Sala Consilina, un piccolo paese in provincia di Salerno, e fu abbandonato dai genitori in un orfanotrofio, dove fu battezzato il 28 gennaio 1852. Il fatto che il suo secondo nome sia Crisostomo indica che probabilmente nacque il 17 dicembre 1851, giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la festa di San Crisostomo.
La sua vita cambiò quando vide, nella piazza principale di Sala Consilina, Giuseppe Garibaldi a cavallo su un destriero bianco. A quanto pare, il ragazzino gli gridò che voleva diventare un garibaldino con la camicia rossa, ma il generale gli rispose che era troppo piccolo, allora il ragazzo ribatté che voleva suonare la tromba, non sparare alla gente. Il generale, colpito, dal suo coraggio gli disse: «Va bene, quando sarai grande vieni a trovarmi».
Martino andò a trovare Garibaldi nel 1866, a 14 anni, e si unì a lui come volontario, seguendolo a Bezzecca, in Trentino, durante la terza guerra d’indipendenza italiana. Lì, il 21 luglio 1866, fu uno dei soldati che riuscirono, con cariche alla baionetta, a sconfiggere gli austriaci e fargli evacuare Trento. Martino era lì per incitare i soldati con il suono della sua tromba.

Seguì la smobilitazione e tornò alla dura realtà del suo paese natale, dove avrebbe dovuto guadagnarsi una certa posizione perché il padre biologico si era fatto vivo e c’era stata una sorta di riconciliazione tra loro. La riunificazione del Sud con il Nord era stata un disastro economico per il Sud e la gente di Sala Consilina moriva di fame.
Giovanni Martino decise di lasciare il suo paese natale e nel 1873, a Napoli, s’imbarcò su una nave diretta negli Stati Uniti. All’arrivo a Castle Clinton fu registrato come “Giovanni Martino, operaio di 21 anni di Sala”.
Inizialmente lavorò come bracciante, ma poi scoprì che l’esercito americano stava reclutando soldati per domare il “selvaggio West” e si arruolò, cambiando il suo nome in John Martin. Sapeva andare a cavallo e fu quindi assegnato a un’unità di cavalleria. La mattina del 25 giugno 1876 fu temporaneamente assegnato come trombettiere al 7° Reggimento di Cavalleria, guidato dal tenente colonnello George Armstrong Custer.
John Martin divenne famoso per sempre come protagonista della più famosa battaglia di tutte le guerre indiane: la battaglia di Little Big Horn. Quando Custer e quasi 210 soldati e scout iniziarono incautamente l’avvicinamento finale a un grosso villaggio indiano situato nella valle del fiume Little Big Horn. Ma prima di lanciare il suo attacco su più fronti, Custer mandò John Martin a cercare il capitano Frederick Benteen per dirgli di venire rapidamente in aiuto e portare le munizioni di riserva.
Prima della partenza di John Martin, Custer gli diede queste istruzioni: “Trombettiere, torna sui nostri passi e vedi se riesci a trovare Benteen e passagli questo messaggio. Se non vedi pericoli, torna da noi, ma se trovi dei pellerossa sulla tua strada, resta con Benteen e Reno, poi torna con lui e farai rapporto”.
Il tenente William W. Cooke, aiutante del generale Custer, era preoccupato per lo scarso inglese di Martin e scrisse rapidamente un biglietto contenente gli ordini del generale Custer per il capitano Benteen. Il biglietto è ancora conservato in un museo dedicato alla battaglia e recita:
Benteen,
Vieni. Grande villaggio. Sbrigati. Porta i pacchi.
W. W. Cooke
P.S. Porta i pacchi.
La ripetizione e la scrittura abbozzata mostrano tutta la tensione del momento, congelata nella storia. Martin infilò il messaggio nel guanto di pelle e partì lanciando il suo cavallo al galoppo.
I guerrieri pellerossa gli spararono contro ma Martin riuscì a non farsi prendere, anche se il suo cavallo fu colpito da un proiettile e morì dissanguato poco dopo aver raggiunto la destinazione. Dopo aver ricevuto gli ordini scritti del tenente Cooke, il capitano Benteen chiese informazioni sulla posizione del generale Custer e se fosse già impegnato in combattimento con gli indiani.
Il soldato Martin informò il capitano Benteen e Reno che il generale Custer si trovava a circa tre miglia di distanza e stava combattendo contro gli indiani. Di solito si riferisce che il soldato Martin disse, con un forte accento italiano, che i pellerossa stavano skedaddling (un termine in voga a quei tempi, che significava “partire in fretta”), ma nel 1906, durante un’intervista con Walter Camp, Martin negò di aver usato quella parola, che implicava che il nemico si stesse ritirando.
La parte del 7mo Cavalleria che non era con Custer rimase intrappolate su una collina vicina e respinsero ripetuti attacchi per 36 ore fino al loro salvataggio da parte di un’altra colonna dell’esercito statunitense.
Martin fu promosso sergente nel 1900 e si ritirò nel 1904, dopo quasi 30 anni di servizio. Oltre alle sue esperienze sul campo di battaglia, Martin testimoniò nel gennaio 1879 davanti alla Corte d’inchiesta dell’esercito americano sulle prestazioni del maggiore Marcus Reno a Little Big Horn. Divenne poi famoso come “sopravvissuto al massacro di Custer” e “l’ultimo uomo bianco ad aver visto Custer vivo”.
Gli italiani presenti a quella battaglia furono quattro, il conte Rudio di Belluno, Agostino Rodio, il nostro Martino e Giovanni Casella. Si salvarono tutti. Ma il solo Martin si salvò pur facendo parte del distaccamento avanzato che finì sterminato.
Nel 1879, mentre prestava servizio in una batteria di artiglieria a Fort Schuyler (New York), incontrò e sposò una ragazza di origini irlandesi, Julia Higgins, che avrebbe dato alla luce cinque figli.
Martin continuò a prestare servizio nell’esercito fino al 1904, quando i limiti di età lo costrinsero a ritirarsi. Combatté nel 1877 nella campagna di Nez Perce, ma la sua ultima azione in combattimento avvenne durante la guerra ispano-americana (1898-1900), dopodiché si stabilì con la famiglia a Baltimora, nel Maryland, dove la moglie e le figlie gestivano un negozio di dolciumi e caramelle.
Nel 1906, forse seguendo una delle figlie che si era sposata lì, si trasferì a Brooklyn, New York, e trovò lavoro come bigliettaio alla stazione della 103ª Strada della nascente metropolitana di New York.
Con l’avanzare dell’età, le lunghe ore necessarie per il suo lavoro di bigliettaio lo costrinsero a cambiare, nel 1915, diventando guardiano nel vicino Navy Yard. Nel 1922, mentre attraversava una strada a Brooklyn, fu investito da un camion e ricoverato in ospedale, dove morì per complicazioni il 24 dicembre 1922. John Martin fu sepolto tre giorni dopo nella sezione dei veterani del Cypress Hill Cemetery di Brooklyn, New York.