(Angelo Paratico) Gli antichi Celti in Italia, conosciuti come Galli Cisalpini (Gallia Cisalpina), erano un insieme di tribù che migrarono nell’Italia settentrionale intorno al V e IV secolo a.C. Provenivano dall’Europa centrale e attraversarono le Alpi raggiunsero la fertile Pianura Padana, dove si stabilirono e prosperarono. 

Gli Insubri si stabilirono intorno a Mediolanum, l’odierna Milano, mentre i Boii occuparono la regione che comprendeva Bononia (Bologna), Mutina (Modena) e Parma. I Cenomani vivevano nelle zone di Brixia (Brescia) e Verona e l’attuale Povegliano doveva essere uno dei loro centri maggiori, lo testimoniano la quantità e la qualità delle sepolture.

Erano stati stanziati dei notevoli fondi a livello ministeriale per trasformare Villa Balladoro a Povegliano in un museo dove potere conservare e studiare l’ingente quantità di reperti, celti e longobardi, rinvenuti su vari strati nel territorio di Povegliano e nonostante l’intervento bipartisan del on. Fontana, attuale presidente della Camera dei deputati e l’on. Diego Zardini, del PD, non erano riusciti a sbloccarli e renderli disponibili sul territorio.

I Celti di Povegliano. Un'occasione per il nostro territorio
Roberta Tedeschi

«Siamo orgogliosi di ospitare a Povegliano una ricerca di questo livello — ha dichiarato la Sindaca di Povegliano Veronese, Roberta Tedeschi — È un onore vedere riconosciuto a livello internazionale il valore del nostro patrimonio storico e archeologico. Villa Balladoro, grazie a queste collaborazioni, sta consolidando il proprio ruolo di centro di studio e di cultura archeologica di altissimo livello, aperto alla comunità e al mondo scientifico europeo».

Il loro nome (dal greco antico Keltoí o Galátai, latino Celtae o Galli) definisce un popolo che un tempo abitava gran parte dell’Europa occidentale, centrale e sud-orientale e dell’Asia Minore. Il nome significa “i coraggiosi”, “gli esaltati” o “gli alti”. Giunsero fino in Palestina e furono nemici degli Israeliti, menzionati nella Bibbia come “Galatici”. Tuttavia, i Celti non furono mai un popolo unificato con una leadership suprema, ma erano costituiti da molte tribù spesso rivali tra loro. Tra queste vi erano gli Allobrogi, gli Arverni, i Biturghi, i Boi, gli Elvezi, gli Hädui e i Sequani.

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I Celti in Italia

In Italia ci furono conflitti armati con gli Etruschi. I Celti occuparono l’attuale Lombardia e fondarono Milano. Anche le città di Parigi, Londra e Budapest possono essere ricondotte a fondazioni celtiche. Nel 387 a.C. sconfissero anche i Romani nella battaglia del Fiume Allia e saccheggiarono Roma. Dall’inizio del III secolo a.C., i Romani estendevano la loro sfera di controllo alle zone popolate dai Celti nell’Italia settentrionale. Le battaglie di Giulio Cesare (100-44 a.C.) in Gallia portarono alla completa sottomissione dei Celti e all’incorporazione del loro territorio nell’Impero Romano come “Gallia cisalpina”. Nel 16 a.C., i Romani iniziarono a conquistare le future province del Norico (Bassa Austria), della Pannonia (Pianura Ungherese) e della Rezia (Alpi e Germania sud-occidentale). Di conseguenza, le tribù celtiche rimanenti persero gradualmente la loro indipendenza. Molti Celti si arruolarono quindi nell’esercito romano come legionari.

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Artigianato e cultura celtica

I Celti furono grandi artigiani nella lavorazione del legno e dei metalli e possedevano una cultura altamente sviluppata in termini di arte, musica e letteratura. Per scrivere utilizzavano il cosiddetto alfabeto ogamico. Nelle loro corti regnanti, il consumo rituale di vino rivestiva un ruolo importante nei banchetti sontuosi, come attestano numerosi reperti archeologici rinvenuti nelle tombe celtiche del VI secolo a.C. In molti luoghi della Germania e della Francia sono stati ritrovati calderoni, brocche e crateri (per mescolare il vino con l’acqua) molto simili ai recipienti utilizzati dai Greci nei simposi. Il reperto più famoso è il celebre cratere di Vix. Bevevano vino non miscelato ad acqua, cosa che gli autori romani consideravano incivile. Lo storico Livio (59 a.C.-17 d.C.) sostiene che la passione dei Celti per il vino fu la ragione della loro invasione del Mediterraneo nel IV secolo a.C. Ad alcune tribù era proibito bere vino perché temevano per la loro virilità. I druidi erano generalmente critici nei confronti di questa bevanda. I Celti che vivevano in Gallia probabilmente impararono la viticoltura dai Greci (e più tardi dai Romani), che si stabilirono in Provenza, nel sud della Francia, intorno al 600 a.C. vicino a Massalia (in latino Massilia = Marsiglia). 

Botti di legno e anfore

I Celti sono considerati gli inventori delle botti di legno. Queste venivano utilizzate per trasportare vino e altri liquidi almeno già nel 600 a.C. In seguito, sostituirono le anfore, fino ad allora molto diffuse, che venivano prodotte in grandi quantità dai Greci nei dintorni di Massalia. I Celti dell’odierna regione di Cahors erano particolarmente abili bottai. I Greci e successivamente i Romani adottarono quest’arte dai Celti.

Reperti archeologici

Gli storici discutono se i Celti praticassero la viticoltura indipendente prima dei Greci, e non è improbabile. Lo studioso romano Plinio il Vecchio (23-79) scrisse nella sua opera “Naturalis Historia” che i Galli avevano imparato l’arte dell’innesto della vite. La cultura vinicola celtica è attestata anche da numerosi reperti archeologici in molti paesi europei, soprattutto in Francia. Reperti molto antichi sono stati trovati anche nelle comunità austriache di Stillfried (Bassa Austria) e Zagersdorf (Burgenland).

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Operazioni militari fuori dal territorio italiano

Questi popoli celtici, noti come galli e galati, in qualche modo riuscirono a coalizzarsi in una specie di nazione e inviarono ambasciatori ad Alessandro Magno nel 335 a.C.. Tornarono poi indietro descrivendo ai propri concittadini le meravigliose terre traversate e fu così inevitabile l’invio di formazioni armate per tastare il terreno. Nel 298 a.C. tentarono una vera e propria invasione della Macedonia e della Tracia, che non andò come speravano. Nel 280 a.C. ci riprovarono, e inviarono un’armata forte di 280mila soldati, con al seguito le proprie famiglie. Dapprima le cose andarono bene: riuscirono a sconfiggere il re macedone Tolomeo Keraunos che, preso alla sprovvista, fu catturato e decapitato. Dopo la vittoria marciarono su Delphi, ma la loro tecnica bellica non era avanzata come quella greca, con le falangi e con l’uso della flotta. I galati furono sconfitti da Antigono II Gonatas nella battaglia di Lysimachia. S’arresero e gli fu concesso di stabilirsi in Asia Minore dove formarono dei nuovi, labili, regni, fin quando concentratisi nel centro della attuale Turchia – Ankara era la loro capitale – furono sconfitti dal generale romano Cneo Manlio Vulso nel 189 a.C. e da allora divennero fedeli alleati di Roma, mantenendo inalterati i propri costumi e il proprio linguaggio. San Girolamo (347 – 420) notò che nel V secolo dopo Cristo i galati di Ancyra parlavano la stessa lingua dei galli di Treviri sul Reno!

Proprio in questi giorni Villa Balladoro a Povegliano si conferma fulcro di attività culturali e scientifiche di altissimo profilo, ospitando il prof. Wolf-Rüdiger Teegen, docente di archeologia preistorica e protostorica presso la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco, tra i massimi esperti europei di studi antropologici su resti umani di età antica. Il professore è impegnato nell’approfondita analisi antropologica e paleopatologica dei resti provenienti dalla necropoli tardo celtica di Povegliano Veronese, località Ortaia, uno dei contesti archeologici più rilevanti dell’Italia settentrionale per l’epoca preromana. Le ricerche hanno riguardato oltre cento inumazioni, permettendo di ricostruire dati essenziali sulla demografia, le condizioni di vita, le malattie e le cause di morte degli antichi abitanti del territorio.

A partire dagli anni Ottanta, le ricerche della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto nel territorio di Povegliano hanno permesso di incrementare in quantità e qualità veramente notevoli il corpus di evidenze archeologiche relative alle fasi tardo-gallica e della prima romanizzazione. Le numerose pubblicazioni, le mostre e i convegni realizzati nel corso degli anni sottolineano l’importanza di tali scoperte.  Nella pianura a sud di Verona, tra il Mincio, il Tartaro e l’Adige sono state constatate due aree  relativamente compatte di evidenze funerarie di tipo  tardo-lateniano: la prima, ai piedi dell’anfiteatro morenico del  Garda, incentrata sulle necropoli di Povegliano Veronese, che si collegano a quelle di Valeggio sul Mincio e si spingono fino al territorio bresciano, con le vecchie scoperte di Remedello di Sotto e Ca’ di Marco di Fiesse;  la seconda concentrazione, più orientale e addossata  al corso dell’Adige, vede le necropoli di Casalandri di  Isola Rizza e i diversi nuclei di Santa Maria di Zevio e oltre Adige, in direzione di Este.