(Angelo Paratico). Nel 2007 il presidente russo e il suo amico Sergei Shoigu, ora capo del Consiglio di sicurezza nazionale russo, fecero un viaggio in Mongolia e incontrarono uno sciamano a Tuva, una remota zona della Siberia al confine con la Mongolia. Tuva è nota come “luogo di potere” ed è la patria di Shoigu, originario della Siberia asiatica, che nel suo precedente ruolo di ministro della Difesa ha svolto un ruolo cruciale nella brutale invasione dell’Ucraina.

Shoigu è cresciuto circondato da mistici che credono nella capacità di interagire con il mondo spirituale attraverso stati di coscienza alterati simili al trance. Dall’invasione di tre anni fa, gli sciamani russi hanno rivolto la loro attenzione al sostegno allo sforzo bellico della Russia. Il cosiddetto capo sciamano Kara-ool Dopchun-ool ha celebrato rituali e dato la sua benedizione alla guerra, chiedendo, secondo quanto riferito, “al sole, alle stelle e alla luna” di proteggere le truppe del Cremlino e denunciando il presidente Zelensky come “un nemico”.
Pochi mesi fa Putin è tornato in Mongolia e in Siberia, dove, secondo quanto riferito, avrebbe consultato questi sciamani sullo stato della guerra. Putin è ossessionato per la propria longevità e soprattutto per la propria reincarnazione. E la sua partecipazione a tali rituali può fornire una visione alternativa alle sue motivazioni per la guerra in Ucraina. Ha certamente letto uno dei libri più cari anche per la destra italiana, Bestie, uomini e Dei di Ferdinand Ossendowski che fu un grande successo editoriale prima della Seconda guerra mondiale

Putin diffida della cultura occidentale, della scienza, della tecnologia. È fortemente influenzato da Alexander Dugin, che un tempo pubblicò le opere del mago britannico Alastair Crowley che aprì una scuola in Sicilia. Conosciuto come il “Rasputin di Putin”, Dugin ritiene che l’Occidente sia in uno stato di declino terminale e che la Russia dovrebbe abbracciare l’“Eurasia”, in sostanza per far rivivere il suo impero.
Si dice che le radici del fascino di Putin per il mondo soprannaturale risalgono al periodo in cui lavorava per il KGB negli anni ’80, e quando laboratori segreti supervisionavano ricerche sulla lettura del pensiero, come faceva anche la CIA.
Putin frequenta il monastero dei mistici ortodossi
Il fascino di Putin per gli sciamani è anche coerente con le sue credenze religiose ortodosse. Ciò è dimostrato dal fatto che il presidente russo trascorre molto tempo con gli “anziani” del monastero di Valaam, venerati dai mistici ortodossi. Questi anziani imitano i costumi degli eremiti del passato, in particolare l’abitudine di incrociare le labbra quando si nomina il diavolo. Putin ha imparato questa abitudine: durante un discorso nel 2009 ha cercato di fare una battuta, ha accidentalmente menzionato il diavolo e ha istintivamente incrociato le labbra…
Conosco il mondo degli sciamani mongoli avendo fatto delle ricerche per un mio libro, uscito prima in inglese negli Stati Uniti e poi in italiano. S’intitola Una Feroce Compassione ed è pubblicato dalla Gingko Edizioni di Verona. Vi si accenna al genocidio dei mongoli, avvenuto dopo l’occupazione bolscevica, con decine di migliaia d’innocenti trucidati. Un fatto ignorato dalla nostra storiografia e che avvenne a partire dalla morte della massima autorità del Paese, il Bogd Khan, conosciuto come il Budda Vivente, avvenuta il 17 aprile 1924. Tali tragedie accaddero con l’intervento del Barone Pazzo, l’austriaco Roman von Ungern-Sternberg (1886-1921) che il 4 febbraio 1921 occupò Urga, la capitale della Mongolia.
Per eliminarlo, alcune unità dell’esercito sovietico invasero la Mongolia e conquistarono Urga, il 6 luglio 1921. Il Barone Pazzo tentò di ritirarsi in Tibet, ma fu catturato e fucilato il 15 settembre 1921. Fu in quell’occasione che il vessillo spirituale di Gengis Khan, noto come Khara Sulde – un tridente d’acciaio, con degli anelli d’argento che portavano intrecciata la criniera nera del suo cavallo da guerra – scomparve per sempre dal di Shankh a Ovorkhangai Aimag, nella Mongolia occidentale.
Gli antichi mongoli, infatti, prima di abbracciare il buddismo, erano animisti e credevano che in quel tridente risiedesse l’anima di Gengis Khan e pensavano anche che il suo possesso garantisse la conquista del mondo intero. Anche Heinrich Himmler cercò di entrarne in possesso, seguendo le indicazioni ricevute da Sven Hedin, il famoso esploratore svedese e ammiratore di Hitler e i giapponesi inviarono un’armata in Mongolia alla ricerca di questo relitto e della tomba di Gengis Khan. Questa è una leggenda che ricorda molto da vicino la storia della lancia di Longino, conservata a Vienna e che fu effettivamente sottratta da Hitler durante l’Anschluss dell’Austria del 1938.
Dunque, la fascinazione di Putin per questi argomenti sciamanici non è cosa nuova e fu condivisa da molti dittatori, mistici e ricercatori durante il secolo scorso.