Stefano Valdegamberi, consigliere regionale veronese risponde, dati alla mano, alle associazioni ambientaliste, come Legambiente, che invocano ulteriori restrizioni alla mobilità dei cittadini come soluzione all’inquinamento da polveri sottili.

“Occorre riportare il dibattito su un piano serio, basato su evidenze scientifiche e non su approcci ideologici o strumentali -dichiara Valdegamberi- .Durante il lockdown, tra marzo e maggio 2020 l’Italia ha vissuto un’esperienza unica e irripetibile: mobilità azzerata, attività produttive sospese, città svuotate.
L’occasione ideale per verificare concretamente le reali fonti dell’inquinamento atmosferico. Ebbene, i dati registrati dalle centraline ARPAV durante quel periodo hanno evidenziato, in alcune giornate, picchi di PM10 mai raggiunti prima, come i 185 μg/m³ rilevati a San Bonifacio. Nonostante il blocco totale del traffico e delle attività, le concentrazioni di polveri sottili non sono diminuite, anzi in certi momenti sono aumentate”.

PM10 altissimi senza traffico e attività azzerate. Che cosa c’entra l’uomo?
“La stessa ARPAV ha riconosciuto che quei valori erano attribuibili a polveri naturali trasportate dai venti, in particolare da aree desertiche come il Karakorum. Questi dati – commenta Valdegamberi – dovrebbero indurre una riflessione seria sulla natura composita e complessa dell’inquinamento atmosferico. Limitare la discussione alla sola componente antropica – e in particolare al traffico veicolare – rischia di portare a scelte sbagliate, economicamente dannose e socialmente penalizzanti, senza reali benefici per l’ambiente”.
“Va inoltre ricordato – aggiunge Valdegamberi – che dietro molte politiche ambientali si muovono forti interessi economici. Le direttive europee, spesso, sono il frutto del lavoro di lobbisti che rispondono a logiche industriali e finanziarie, non sempre trasparenti. Siamo di fronte a una trasformazione del settore automobilistico ed energetico che sta generando enormi profitti per pochi soggetti globali, spesso gli stessi che oggi operano anche nel settore della difesa. È dovere della politica distinguere tra tutela dell’ambiente e speculazioni ideologiche. Non possiamo accettare che, in nome di un ambientalismo dogmatico, si impongano sacrifici ai cittadini, si colpiscano le piccole imprese e si danneggi il tessuto produttivo locale, senza un reale beneficio per la qualità dell’aria. Chiedo quindi che le istituzioni regionali e nazionali si basino su dati oggettivi e indipendenti per costruire politiche ambientali efficaci, equilibrate e socialmente sostenibili. La tutela dell’ambiente è una priorità, ma deve essere affrontata con serietà, trasparenza e rigore scientifico”.