Coltivare la memoria è un atto di giustizia e di cittadinanza

“Erano le 16:58 del 19 luglio 1992 quando un’autobomba esplose sotto casa della madre del giudice Borsellino, in Via D’Amelio, a Palermo. Morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio. A distanza di 33 anni, il ricordo di quella strage è ancora una ferita aperta, ma è anche una responsabilità viva”.

Sono le parole del consigliere regionale Tomas Piccinini (Veneta Autonomia) che aggiunge: “Borsellino fu ucciso 57 giorni dopo l’attentato di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta. Due nomi, Falcone e Borsellino, che hanno incarnato la lotta alla mafia non solo con le sentenze, ma con l’esempio, la sobrietà e il coraggio quotidiano”.

“Queste due stragi hanno risvegliato l’Italia dal torpore e dall’indifferenza – prosegue Piccinini – ma oggi il rischio è che, passati gli anni, tutto venga relegato a una pagina chiusa di storia. In particolare, per i più giovani che non hanno vissuto direttamente quei giorni e che vivono lontani dai luoghi in cui tutto è accaduto.

tomas piccinini
Tomas Piccinini

Ma la mafia non è mai solo un fenomeno geografico. È cultura dell’arroganza, della violenza, dell’illegalità. E per questo va contrastata ovunque, anche con la forza della memoria civile. Sono da sempre vicino ai temi della legalità e della formazione civica e rinnovo l’impegno a promuovere percorsi educativi e momenti di riflessione che tengano viva la memoria: Paolo Borsellino diceva che la mafia sarà sconfitta da un esercito di maestri elementari. Aveva ragione. Perché solo l’educazione alla legalità può generare cittadini consapevoli, capaci di scegliere la giustizia anche quando è scomoda”.

“È nostro compito custodire questa eredità – conclude Piccinini – ma soprattutto trasmetterla, non con la retorica della commemorazione, ma con l’azione quotidiana: nella scuola, nelle istituzioni, nei comportamenti. Perché la memoria è viva solo se diventa responsabilità. E la legalità è tale solo se diventa scelta personale, prima che dovere pubblico”.