(Angelo Paratico) A Verona gli è stata dedicata una piazza, ma la sensazione è che non si apprezzi a fondo la sua grandezza, come giornalista e scrittore. Renato Simoni mosse i suoi primi passi come giornalista all’Adige di Verona, per poi spostarsi a Milano, e prestare la sua penna al Corriere della Sera. Per ricordare il suo nome la Gingko Edizioni di Verona ha ripubblicato una straordinaria raccolta di suoi articoli, intitolata: “In cerca di Turandot. In Cina e in Giappone” che fu il frutto di un suo viaggio in Oriente per conto del Corriere della Sera, compiuto nel 1912, per seguire i funerali dell’imperatore del Giappone, il nonno di Hirohito.
La modernità e la freschezza della prosa di Renato Simoni sono sorprendenti e hanno resistito, come fossero oro, all’acido della storia.
Prima di tutto un ricordo leggero, lasciatoci dal roveretano Lionello Fiumi, che racconta perché la scelta di mandare Simoni cadde proprio su di lui: “Nel 1912, avendo preso il bel Renato una cotta per una dama lombarda, Luigi Albertini, direttore del Corriere della Sera, non aveva tollerato un attimo la tresca del suo troppo sentimentale redattore. Decise così di spedirlo in Cina e Giappone. Ed eretto a paladino dell’offuscata morale, inflessibile come un San Domenico, aveva impugnato la fèrula e spedito seduta stante quel cuore caldo in Estremo Oriente, per servizio e buttasse pinte d’acqua di Oceano sull’illecito fuoco! “. Come notò il suo amico Berto Barbarani, era un uomo costantemente innamorato di questa o quella donna, per questo non volle mai sposarsi.

Questo libro raccoglie gli articoli che egli scrisse per il Corriere della Sera e che furono poi messi nel suo libro, intitolato “In Cina e Giappone”, uscito nel 1942. Simoni poi vi aggiunse due capitoli: uno sul teatro Nô, Joruri e Kabuki e uno per onorare la memoria di due grandi italiani che erano vissuti in Estremo Oriente, e che lo avevano assistito: Alfonso Gasco (Firenze, 1867 – Kobe, 1936) e Guido Amedeo Vitale (Napoli, 1872 – Napoli, 1918).
Renato Francesco Carlo Coriolano Simoni nacque a Verona, in via Leoncino 11, il 5 settembre 1875, dall’avvocato Augusto e da Livia Capetti. Rimasto presto orfano di padre, per aiutare la madre e le due sorelle, impartì lezioni di latino e d’italiano, senza mai riuscire a portare a termine gli studi universitari, dopo essersi brillantemente diplomato al Liceo Maffei. Tutta la sua vita fu caratterizzata da una frenetica operosità in più campi, fra scritti e palcoscenico.
Nel 1894 entrò a far parte della redazione del quotidiano veronese L’Adige (proprio questo che state leggendo nella sua nuova vita online). Nel 1899 si trasferì al Tempo di Milano. Il 14 giugno 1902, al teatro Verdi di Cremona, rappresentarono la sua commedia “La Vedova” che fu poi un successo in tutto il mondo. Passò poi al Corriere della Sera, come corrispondente estero e nel 1906, alla morte del suo collega Giuseppe Giacosa, vi assunse la direzione delle pagine di lettura. Dall’aprile del 1917, al marzo del 1919, organizzò Il Teatro del Soldato, su iniziativa di Sabatino Lopez e Marco Praga. Negli ultimi mesi della Grande Guerra fondò e diresse “La Tradotta”, giornale di trincea per la Terza Armata, in cui pubblicò la celebre Madonnina Blu, preghiera di un anziano prete contro i soldati tedeschi.

Il 26 aprile 1926, alla Scala, diretta da Arturo Toscanini, diedero la Turandot, l’opera incompiuta di Giacomo Puccini, con libretto da lui firmato, assieme a Giuseppe Adami. L’idea gli era venuta leggendo la Turandot scritta dal veneziano Carlo Gozzi, e che fu rappresentata per la prima volta nel 1762. L’opera musicata da Puccini possiede una enorme complessità e fu, per certi versi, rivoluzionaria, restando, ancor oggi, “fuori dal tempo”.
Il 14 aprile 1939, Simoni fu nominato Accademico d’Italia, prendendo il posto lasciato vacante da Pirandello. Il 28 aprile 1945, durante l’epurazione politica che seguì al crollo del Fascismo, nonostante l’assenza in Simoni di qualsiasi connivenza, gli venne tolta la Tribuna Teatrale, che fu affidata al suo vice, Eligio Possenti. Solo il 4 aprile 1946, sul Corriere d’Informazione riapparve la sua firma. Morì a Milano, nella sua casa di via Tamburini, il 5 luglio 1952.
Nel 1912 Renato Simoni compì il suo lungo viaggio in Oriente come corrispondente del Corriere della Sera. Quei suoi articoli, che Puccini avidamente leggeva, restano straordinari, perché illuminano la psiche orientale come pochi altri, invece che essere dei semplici acquerelli, come i pezzi del, pur grande, Luigi Barzini senior. Lo scrittore Francesco Palmieri giustamente nota che: “È difficile smentire un Renato Simoni, osservatore intelligente della vita: per imparare a leggere il cinese occorrono dieci anni di studio indefesso. In questi dieci anni si possono apprendere cinque o seimila caratteri e il modo di combinarli. Si dice che, contemporaneamente a tutta questa dottrina, penetrino nel cervello degli studiosi una dolce pazzia e una morbida irragionevolezza”.
Infatti, i suoi articoli s’avvicino a quelli del leggendario scrittore greco-irlandese-giapponese Lafcadio Hearn e sono il frutto di approfonditi studi e meditazioni. Quando partiva, Simoni, portava con sé varie valigie colme di libri, per potersi pienamente documentare. In Cina e in Giappone egli ebbe l’opportunità d’intervistare Sun Yatsen, Yuan Shikai, in Giappone l’ammiraglio Togo e poi assistere al funerale dell’imperatore Meiji, la cui morte era stata la vera ragione del suo viaggio. Così Lionello Fiumi ce lo descrive durante un incontro con lui, a Milano, nel suo ufficio, presso al Corriere della Sera: “Lavoro forsennato, lavoro da mulo, lavoro da nero, perché denaro gliene bisognava a staia (solo per i libri spendeva un patrimonio; e non per nulla, la sua biblioteca fu valutata mezzo miliardo di lire) e alla fin del mese arrivava senza un soldo, e gli pareva sempre che la terra gli mancasse sotto i piedi”.
Sarebbe una gran cosa se l’attuale amministrazione comunale di Verona promuovesse una edizione critica di tutte le sue opere e dei suoi articoli e istituisse una Premio Renato Simoni per giovani scrittori esordienti.
