(Giorgio Massignan) Nella nostra città sta per essere definito il nuovo PAT (Piano Assetto del Territorio), che dovrebbe delineare le scelte strategiche di assetto e di sviluppo del territorio comunale.
A tale riguardo, ritengo che nella stesura del nuovo piano urbanistico sarebbe stato necessario attenersi a tre principi fondamentali: l’utilizzo del metodo della vera pianificazione partecipata, il blocco del consumo di suolo e la rigenerazione delle aree e degli edifici inutilizzati.
Valutando l’eccessivo numero di aree industriali e di immobili dismessi, oltre alle migliaia di appartamenti sfitti, sarebbe necessario bloccare ogni nuova costruzione ed espansione edilizia che, oltre al consumo di suolo, occupa le poche aree verdi rimaste e sfrangia disordinatamente il tessuto urbano della città, con conseguenze negative sia per la mobilità che per i servizi.
È necessario intervenire sulla riqualificazione del patrimonio edilizio inutilizzato, che andrebbe schedato attraverso una mappatura sulla tipologia, la proprietà, lo stato di fatto e la rigenerazione fisica e funzionale, per poi definirne le destinazioni d’uso in un quadro complessivo e organico del territorio.
Il recupero degli immobili e delle aree dismesse potrebbe offrire le risposte idonee ai problemi della casa, dei canoni di locazione convenzionati, degli alloggi per studenti e del ritorno degli abitanti in centro storico, favorendo le giovani coppie.
La riqualificazione delle aree industriali dismesse permetterebbe l’inserimento di attività produttive e di ricerca innovativa, evitando altro consumo di suolo.
Con una oggettiva pianificazione partecipata, le destinazioni d’uso non sarebero definite solo sulla base delle manifestazioni di interesse degli operatori economici privati, ma dalle oggettive necessità ed esigenze del territorio e dei suoi abitanti.
In questo modo si evirebbe il rischio di approvare un numero eccessivo e non necessario di centri commerciali, direzionali, ricettivi e logistici.
La struttura urbana è un organismo con precisi equilibri funzionali che non andrebbero scompensati con scelte d’uso dettate soprattutto dalla redditività immobiliare.
L’organismo città è formato da sistemi interdipendenti, che dovrebbero essere calibrati sulle necessità economiche, sociali e culturali del territorio, sulla residenzialità, sul commercio, l’industria, la cultura, la scuola, la sanità, il verde, i servizi e la mobilità.
La città dovrebbe trasformarsi da monocentrica con poli monofunzionali periferici, a policentrica, assegnando pari dignità a tutte le zone urbane.
Il sistema della mobilità, supportato da un efficiente trasporto pubblico e di mobilità “dolce”, assumerebbe lo stesso ruolo dei sistemi venosi e arteriosi nel corpo umano, per trasportare gli utenti nei diversi luoghi cittadini.
Il sistema del verde funzionerebbe da spina dorsale dell’intero sistema-città, riunendo le varie parti urbane con percorsi verdi di collegamento ai parchi distribuiti sull’intero territorio.
Non si tratta di un sogno o di un’utopia, ma di una ipotesi di città a misura umana.
Ma, per poterla realizzare è indispensabile interrompere il rapporto tra la politica e l’economia che sinora ha prodotto l’attuale metodo di pianificare il territorio, con le troppo dannose conseguenze.
