(di Gianni Schicchi) Il Constellation Choir & Orchestra debutta martedì 16 a Verona per Il Settembre dell’Accademia con una serata interamente improntata alla musica di Felix Bartoldy Mendelssohn. Si tratta di un nuovo organismo musicale creato lo scorso anno da uno dei più grandi maestri della musica antica, sir John Eliot Gardiner, all’interno della Springhead Constellation. Il collettivo unisce musica, arte e sostenibilità per creare spettacoli accessibili a tutte le generazioni, con un focus su performance multidisciplinari e un impegno per la cura delle risorse naturali, ispirato dal luogo di nascita di Gardiner, Springhead.
Al Filarmonico Gardiner si presenta con un raffinato e colto programma dedicato al capolavoro di Mendelssohn, Sogno di una notte di mezza estate, tratto da Shakespeare, nella rara versione integrale delle musiche di scena con coro e solisti: una pagina romantica immersa in un affascinante clima fiabesco, ma anche grottesco e sentimentale. Sempre ispirato dalla più alta letteratura europea verrà eseguito nella seconda parte della serata, Walpurgisnacht: una popolare ballata di Goethe che Mendelssohn mise in musica con la benedizione del poeta stesso.
Gardiner – che per dissapori personali si è da poco separato dalla sua storica Mco, sigla che racchiude il Monteverdi Choir, gli English Baroque Soloists e l’Orchestre Révoluctionnaire et Romantique – è partito come molti direttori della sua generazione dalla musica antica eseguita secondo la prassi dell’epoca, ma è poi risalito verso il repertorio ottocentesco e oltre, dividendosi tra orchestre con strumenti originali e orchestre sinfoniche tradizionali. Ế con la London Symphony Orchestra che ha effettuato molte incisioni dedicate a Mendelssohn, il Sogno di mezza estate compreso, con letture assolutamente convincenti sul piano espressivo, poetico e di un’eleganza aristocratica.
Quest’ultima è una caratteristica costante nel suo approccio interpretativo, un baronetto frequentatore spesso dei reali inglesi (ha diretto per l’incoronazione di re Carlo III il 6 maggio 2014 su invito personale dello stesso monarca). Il maestro inglese è uno dei pochi tra i grandi direttori che mancavano alla lista delle eccellenze ospitate al Settembre dell’Accademia.
Siamo nell’estate del 1826 quando il diciassettenne Mendelssohn sta per cogliere i primi frutti del suo precoce talento e per raggiungere la celebrità con l’incantevole brano ispirato alla commedia di Shakespeare. Inizialmente si era limitato a scrivere solo l’Ouverture, ma in un secondo tempo, diciassette anni dopo, nel 1843, completò le musiche di scena.
L’opera appartiene ad un genere del tutto particolare della musica romantica, quello delle musiche di scena scritte per il teatro drammatico. Impegnando due soliste di canto, coro femminile e orchestra, Mendelssohn si riaggancia dunque alla pagina sinfonica giovanile, trovando una ammirevole coerenza stilistica. Il gioco sottile svolto su diversi piani prospettici, reale e fittizio, del “teatro nel teatro”, gli interventi soprannaturali di personaggi della mitologia celtica (Oberon, Titania e il genietto spiritoso e perverso di Puck) danno luogo a interscambi tra sogno e realtà, sentimenti autentici e illusori, con una rete di risonanza, echi, richiami, appelli, da cui Mendelssohn trae spunto per puntare le sue carte migliori sugli aspetti fiabeschi, grotteschi e sentimentali.
